martedì 9 giugno 2015

Schopenhauer e Darwin in Svevo


Schopenhauer e Darwin in Svevo
 
Renato BARILLI, La linea Svevo-Pirandello
Mursia, 1972
 
Partendo dalla constatazione che autori letti (e prediletti) da Svevo sono Schopenhauer e Darwin, si arriva a vederne l'influenza (più o meno pretestuosa).
L'inetto è colui che ha preso coscienza dell’esistenza, al di sotto della "rappresentazione" (della realtà fenomenica), della cieca "volontà", di cui si rifuta di essere esecutore: sarebbe quindi una sorta di eroe della noluntas (o comunque un rivelatore dei limiti del vitalismo non mediato dalla riflessione) , un "contemplatore", antitetico ai "lottatori" (esecutori della voluntas ).
Più acuto il rilievo dell'influsso di Darwin (del resto sancito da due saggi dello stesso Svevo, scritti fra il 1907 e il 1909: L'uomo e la teoria darwiniana e La corruzione dell'anima ). L'uomo, dice Svevo, in quanto il più debole fra gli animali, è il vincitore dello "struggle for life"; gli animali adeguano necessariamente i propri organi alle necessità ambientali, l'uomo invece, in quanto colpito dalla malattia dell'anima (che è la riflessione, l'ipertrofia della coscienza) è per eccellenza "malcontento", e quindi sempre insoddisfatto (sempre allo stato di "abbozzo"), mai adattato (alla lettera, "inetto" è colui che non si adatta), e quindi in grado di sopravvivere a tutti i cambiamenti di ambiente (adattarsi è cristallizzarsi; la "corruzione" dell’anima è proprio quella per cui l’anima perde il proprio "malcontento", la propria inquietudine vitale, inseguendo, e raggiungendo, il successo, "grande seduttore"). Paradossalmente l'inettitudine è sì tormento, insoddisfazione (sconosciuti agli animali), ma anche garanzia di sopravvivenza: è rovesciato l'assunto di Darwin.
E' questo un modo per leggere in positivo l'inetto sveviano. Ma è fondato? Il discorso sul gabbiano, cosiccome il finale della Coscienza di Zeno sembrano celebrare la naturalità assoluta (il vero progresso è quello della rondine, che adatta il muscolo al volo migratorio...) e non invece la capacità di sopravvivenza dell' "occhialuto uomo".

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