Stilnovismo e cor gentile
M. I., vol. III,
pp. 707-710.
In Guinizzelli è posto il nesso tra amore
e cor gentile: l’amore alberga spontaneamente e necessariamente nel “cor
gentile”. La novità, sottolineata, è che la gentilezza non consiste nella (non
dipende dalla) nobiltà ereditaria, ma in (da) qualità morali (1).
Non si tratta però di una concezione “democratica”,
perché è la natura che rende “asletto, pur, gentile ” il cuore (e poi la
donna lo innamora), così come il sole purifica la pietra preziosa (e poi la
stella le infonde la virtù).
Insomma, se la gentilezza perde i suoi connotati di
stato sociale, mantiene, tramite il concetto di natura, il suo carattere
elitario: di una elite tale non per nobiltà di sangue, ma per
finezza di sentimenti, di cultura.
In Dante (Vita Nova, XXI) il concetto di
gentilezza è allargato, perché si ammette che Amore ingentilisce ogni cuore,
anche quello non predisposto dalla natura. (p. 733)
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1) D’A. S. Avalle fa un’analisi
strutturale del rapporto amore-cor gentile nella canzone di Guinizzelli (pp.
708-9): si tratta di un ragionamento rigorosamente logico, condotto attraverso
paragoni, il cui succo è il seguente: “natura” agisce sul “cuore”, rendendolo
“gentile” (come il sole agisce sulla pietra preziosa, togliendole ogni
impurità), e quindi disposto a ricevere “amore” (e quindi rendendo la pietra
atta ad accogliere la “vertute”); è la “donna” che rende attuale questa
potenzialità (per la pietra preziosa, è la stella), favorendo l’avvento di
“amore” nel “cuore” dell’uomo “gentile”.
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