martedì 9 giugno 2015

L'arte nel Rinascimento


L’arte nel Rinascimento

E. H. GOMBRICH, La storia dell’arte raccontata da Gombrich,
Einaudi 1966 (1974), pp. 214-55; 278-92.

La "rinascita" è della grandezza classica, per cui si spiega l’atteggiamento sprezzante nei confronti dell’età di mezzo e della sua arte (gotica, ossia barbarica).

Il nuovo è già in Giotto (1266-1337), ma solo più tardi assurge a livello di coscienza critica e di programma. Ciò succede con F. Brunelleschi (1377-1446), che va a Roma a studiare le rovine (così come farà Donatello): la cappella dei Pazzi



non ha più niente a che spartire con le forme gotiche (alte finestre, arco a sesto acuto); pur non riproducendo un tempio classico, colonne, trabeazioni ed archi sono tipicamente classici (cosiccome il frontone triangolare sulla porta); stessa cosa può dirsi per l’interno. Probabilmente è lui il primo ad interessarsi di prospettiva, ma la prima opera realizzata con l’aiuto di norme matematiche è la pittura murale di Masaccio (1401-28) rappresentante la Trinità, la Vergine, san Giovanni e donatori (in S. Maria Novella):
 non più la grazia delicata e i graziosi particolari del gotico, ma figure massicce e pesanti, architettura austera e maestosa.

Osservazioni simili possono farsi per il San Giorgio di Donatello (1386-1466)
 e per i rilievi in bronzo da lui eseguiti per il fonte battesimale di Siena; in particolare, nella formella rappresentante il convito di Erode
(la scena in cui Salomè ottiene da Erode la testa di Giovanni Battista), vediamo una fuga prospettica di stanze e scale sullo sfondo; anche qui la grazia del gotico lascia il posto ad un effetto di caos improvviso, a figure dure ed angolose nei movimenti.

Nei Paesi Bassi, Jan Van Eyck (1390-1441)
arriva ugualmente alla "conquista della realtà": non studiando le leggi della prospettiva e della anatomia come gli italiani, ma sommando pazientemente un particolare all’altro (per questo "ha bisogno" di inventare la pittura ad olio: perché per lavorare di fino, anche come sfumature di colori, necessitava di colori che non si seccassero subito come quelli impastati con l’uovo).

L. B. Alberti (1404-72), nella facciata di Sant’Andrea a Mantova
riproduce il motivo romano dell’arco trionfale; nel palazzo Rucellai (a Firenze),
il motivo dei tre ordini presente nel Colosseo.

Nella tecnica della prospettiva esercita la sua abilità P. Uccello (1397-1475), la cui opera resta però piuttosto astratta e geometrica;



 non avendo imparato a valersi degli effetti di chiaroscuro per ammorbidire i contorni, non raggiunge i risultati di A. Mantegna (1431-1506),



 né di Piero della Francesca (1416-92).


Ora che l’arte ha scoperto la realtà, il problema che si pone è quello di recuperare l’armonia che la realtà non ha (e quindi non può avere una riproduzione realistica) e che invece i pittori medievali realizzavano con il fondo d’oro e la disposizione simmetrica delle figure.

A. Pollaiolo (1432-98) nel Martirio di san Sebastiano
 fallisce perchè la simmetria è visibilmente artificiosa. S. Botticelli (1446-1510) raggiunge lo scopo nella Nascita di Venere,
Nascita di Venere
 ma a scapito della solidità realistica e della precisione anatomica delle figure (1).

L’armonia è mirabilmente realizzata da Leonardo (1452-1519) nell’Ultima cena.
 Ma è nella Gioconda
che l’abilità dell’artista si manifesta appieno. Il segreto della bellezza della Gioconda sta nella sua vitalità. Nessuno poteva essere più paziente di Van Eyck nella imitazione della natura, nessuno più esperto di Mantegna nella prospettiva: eppure le loro figure somigliano più a statue che ad esseri viventi. Come si fa a dare la vita? Botticelli ci aveva provato accentuando il moto ondoso dei capelli e il movimento delle vesti. La soluzione di Leonardo è lo sfumato, ovvero l’arte di non definire seccamente i contorni; adottando tale tecnica agli angoli della bocca e degli occhi di un volto, si ha il fascino indescrivibile di monna Lisa.

Nuova, nel Rinascimento, è anche la condizione dell’artista. L’emulazione fra città e città, fra signore e signore, nel tentativo di acquisire prestigio attraverso l’arte, favorisce una ascesa della condizione dell’artista. Da modesto artigiano, cui tutti possono chiedere prestazioni (conformemente alla mentalità medievale, che colloca pittura, scultura, architettura fra le arti meccaniche, o manuali, e non fra le arti liberali (2), cui appartengono, invece, musica e poesia) diventa un artista, la cui formazione non è più solo tecnica, ma anche, e soprattutto, umanistica, e la cui arte è un’attività intellettuale di tipo scientifico (ci vuole cultura classica per leggere il De Architectura di Vitruvio; e ci vuole cultura geometrico-matematica per studiare proporzioni e misure) (3).

NOTE


2) Sono quelle del trivium (grammatica, retorica, dialettica) e del quadrivium (aritmetica, geometria, astronomia, musica).

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