Inferno
Spiegate e collocate questi versi:
"E io a lui: "Da me stesso non vegno: / colui ch’attende là, per qui
mi mena / forse cui Guido vostro ebbe a disdegno"" (canto X, vv.
61-63).
Sono le parole con cui Dante risponde a Cavalcante de’ Cavalcanti, il
quale, credendo che Dante compisse quel viaggio per "altezza
d’ingegno", gli aveva chiesto come mai non ci fosse con lui anche il
proprio figlio Guido. Significano: non vengo da solo (e cioè, non vengo grazie
alle sole forze dell’ingegno); colui che mi aspetta là (e indica Virgilio) mi
conduce verso colei (e si riferisce a Beatrice, allegoria della fede o della
grazia divina) che Guido, probabilmente, disprezzò (e intende dire che Guido non
ha avuto la fede né, quindi, il necessario sostegno della grazia).
Quali sono i peccati di
"malizia", dove vengono puniti e perché sono i più gravi?
I peccati di malizia sono quelli che implicano particolarmente l’uso
dell’intelletto per compiere il male, e si distinguono in due grandi categorie:
la malizia verso chi non si fida (o frode), che viene punita in Malebolge, e la
malizia verso chi si fida (o tradimento), che viene punita nel lago ghiacciato
di Cocito (o pozzo dei giganti). Sono i più gravi appunto perché, ai fini del
peccato, viene usata l’intelligenza, ovvero la dote più propria e più alta
dell’uomo.
In che cosa consiste la baratteria e
qual è la pena per coloro che hanno commesso tale peccato?
La baratteria è il peccato di frode commesso da quei politici che, invece
di operare disinteressatamente, traggono vantaggi personali dalla carica che
ricoprono. La pena per i barattieri consiste nello stare immersi nella pece
bollente, da cui non possono uscire (se lo fanno, rischiano di essere uncinati
e torturati dai diavoli che stanno a guardia della bolgia).
Che cos’è la Tolomea e qual è la
caratteristica, unica nell’inferno, che riguarda i peccatori ivi puniti?
La Tolomea è la terza zona del lago Cocito, dove sono puniti i traditori
degli ospiti. La caratteristica unica che li riguarda è che la loro anima
precipita immediatamente nell’inferno, appena commesso il peccato. E dunque,
mentre loro sono già all’inferno, il loro corpo, di cui si è impadronito un
diavolo, continua a vivere sulla terra.
Collocate e spiegate i seguenti
versi: "E non pur io qui piango bolognese; / anzi n’è questo luogo tanto
pieno, / che tante lingue non sono ora apprese / a dicer 'sipa' tra Savena e
Reno" (canto XVIII, vv. 58-61)
Chi parla è Venedico Caccianemico, un ruffiano bolognese incontrato da
Dante nella bolgia dei seduttori. Dice che lui non è il solo bolognese ad
essere dannato come ruffiano, anzi, in quella bolgia ci sono più bolognesi di
quanti ce ne sono, viventi, nel territorio di Bologna (precisamente: di quanti
pronunciano "sia" in dialetto, ovviamente bolognese, fra il Savena e
il Reno, che sono appunto i fiumi che delimitano il territorio di Bologna).
Chi, secondo Dante, era stato degno
di vedere l’oltretomba e perché?
Ne erano stati degni Enea e S. Paolo. Il primo perché avrebbe dovuto
conoscere il grande destino futuro della sua stirpe: dai suoi discendenti
sarebbe stata fondata Roma (non da Enea,
da Romolo: l'ha detto anche Berlusconi, in un discorso in occasione
dell'ingresso della Russia nella NATO), sede predestinata dell’Impero e del
Papato. Il secondo perché avrebbe visto la verità di quella fede (cristiana)
che avrebbe poi dovuto divulgare fra gli uomini.
In che cosa consiste il contrappasso
per i suicidi e quale sarà la loro condizione dopo il giudizio universale?
Poiché in vita disprezzarono il proprio corpo umano e fecero ad esso
violenza, i suicidi sono ora condannati ad assumere un corpo di natura
inferiore (vegetale: sono tramutati in piante) e a subire violenza da parte
delle Arpie (che nidificano su quelle piante e si cibano delle loro foglie) e
delle cagne (che lacerano e spezzano i rami, mentre inseguono e dilaniano gli
scialacquatori). Dopo il giudizio universale, a differenza di tutti gli altri
dannati, non potranno rivestire il proprio corpo umano, ma lo appenderanno a un
ramo del proprio corpo arboreo.
"Galeotto fu il libro e chi lo
scrisse": chi pronuncia queste parole e che cosa significano?
Queste parole le pronuncia Francesca, quando racconta a Dante l’occasione
in cui lei e Paolo caddero nel peccato di lussuria. Dice che accadde mentre
stavano leggendo il romanzo in cui si raccontavano le vicende amorose di
Ginevra e Lancillotto. Dunque quel libro e il suo autore furono
"intermediari" del loro amore, così come, nel romanzo stesso,
Galehaut era stato intermediario dell’amore fra Ginevra e Lancillotto.
Purgatorio
1) Per quali ragioni ci dovremmo
meravigliare che Catone sia posto a guardia del Purgatorio?
Ci dovremmo meravigliare perché Catone era un pagano
(e, come tale, dovrebbe stare nel Limbo), un suicida (e, come tale, dovrebbe
stare nel girone infernale in cui sono puniti i violenti contro se stessi), un
anticesariano (e Cesare, per Dante, era il fondatore dell'Impero, voluto da
Dio; quindi, opporglisi equivale ad opporsi alla volontà di Dio).
2) Nel VI canto, in occasione
dell’incontro fra Sordello e Virgilio, Dante lancia una serie di invettive
politiche. Dite brevemente contro chi e perché.
Le invettive sono contro le città italiane (dilaniate
da guerre, sia fra di loro, sia, al loro interno, fra fazioni opposte), contro
gli uomini di Chiesa (che tralasciano il proprio compito religioso e pretendono
di gestire il potere politico), contro l'imperatore (che, rimanendo in
Germania, viene meno al suo dovere di far valere l'autorità imperiale anche in
Italia), infine contro Firenze (descritta ironicamente come il contrario di ciò
che è, ovvero come una città di uomini disinteressati e capace di legiferare
con grande saggezza).
3) A quale gruppo di anime
appartiene Buonconte da Montefeltro e perché si presenta dicendo: "Io fui
di Montefeltro, io son Bonconte"?
Buonconte appartiene alla schiera dei morti di morte
violenta, e si presenta in quel modo per sottolineare che nell'aldilà si è
soltanto se stessi, con la propria individualità (segnata dal nome personale:
Bonconte); i titoli nobiliari, la potenza del casato (Montefeltro) non contano
più, appartengono al passato (fui) della vita terrena.
4) Dite brevemente per quali ragioni
Stazio è oltremodo riconoscente a Virgilio.
Le ragioni sono tre: Stazio, poeta epico, riconosce in
Virgilio, autore dell'Eneide, il proprio maestro e modello; poi gli è grato
perché, grazie ad alcuni versi dell'Eneide, si è ravveduto dal peccato di
prodigalità e quindi si è salvato dalla dannazione; infine gli è anche grato
perché, con l'ecloga IV, l'ha indotto alla conversione, facendogli capire la
verità della religione cristiana.
5) "State contenti, umana
gente, al quia; / ché se potuto aveste veder tutto, / mestier non era parturir
Maria; " (III, 37-39). Collocate e spiegate questi versi.
Virgilio sta spiegando a Dante che ci sono cose che
l'intelligenza umana non può capire (nel caso specifico, il fatto che le anime,
pur essendo ombre inconsistenti, possano sentire il dolore come se avessero il
corpo). Dice quindi che gli uomini devono accettare che sia così, perché, se
avessero potuto conoscere tutta la verità con la sola forza del proprio
intelletto, non sarebbe stata necessaria la nascita di Cristo (cioè, non ci
sarebbe stato bisogno della vera fede, che invece è indispensabile).
6) Chi, in quale cornice e perché
viene chiamato da Guinizzelli "il miglior fabbro del parlar materno"?
Arnaut Daniel, nella cornice dei lussuriosi, viene
chiamato così per sottolineare che è stato il più bravo a forgiare (come fa un
fabbro) la lingua che si impara dalla madre (cioè, il volgare), in altre parole
è stato il migliore fra coloro che hanno scritto in volgare.
7) Da che cosa prende origine la
trasformazione in mostro del carro nell’Eden e quale è (in generale, senza
entrare nei dettagli) il significato allegorico di tale trasformazione?
La trasformazione prende origine da alcune penne
lasciate cadere dall'aquila sul carro. Siccome l'aquila rappresenta l'impero, e
il carro la Chiesa, le penne lasciate cadere significano la donazione di
Costantino, quindi l'inizio del potere temporale della Chiesa. Il carro si
trasforma in mostro perché il potere temporale ha determinato la degenerazione
della Chiesa, col passare del tempo sempre più interessata ai beni terreni e
sempre meno ai valori cristiani.
8) "Né creator né creatura mai
/ - cominciò el - figliuol, fu sanza amore, / o naturale o d’animo; e tu 'l
sai. / Lo naturale è sempre sanza errore, / ma l’altro puote errar per malo
obietto / o per troppo o per poco di vigore." Così Virgilio a Dante nel
canto XVII. Spiegate la differenza fra amore naturale e d’animo e, in
particolare, gli ultimi due versi.
L'amore naturale è quello innato (proprio anche delle
piante e degli animali), l'amore d'animo è quello che implica una scelta,
determinata da ragione e volontà (quindi è proprio solo dell'uomo). Solo tale
amore può dare origine al peccato, e ciò succede quando si indirizza verso un
cattivo obiettivo (verso il male del prossimo, e si concretizza nei peccati di
superbia, invidia, ira), oppure quando, pur indirizzato verso un buon
obiettivo, si esercita con poco vigore (verso Dio: ed è il peccato di accidia)
o con troppo vigore (verso i beni terreni: e si hanno i peccati di avarizia,
gola e lussuria).
Paradiso
1) "Trasumanar significar per verba / non si porìa; però l’essemplo
basti / a cui esperienza grazia serba" (I, vv. 70-73). Spiegate la terzina
e dite qual è l’ "essemplo" di cui si parla.
"Non si potrebbe spiegare a parole il senso dell'oltrepassare la
condizione umana; perciò l'esempio che ho fatto basti a coloro a cui la grazia
divina concederà l'esperienza di tale condizione (cioè, a coloro che otterranno
la salvezza, e quindi sperimenteranno di persona il 'transumanare')".
L'esempio di cui si parla è quello di Glauco, mitico pescatore della Beozia,
che, avendo assaggiato un'erba miracolosa, si trasformò in una divinità marina.
2) Dite brevemente quale questione dottrinale Dante pone a Piccarda e qual
è la risposta di costei.
Dante chiede a Piccarda se, essendo loro beati nel cielo più basso, non
desiderino essere più vicini a Dio (cioè, avere un grado di beatitudine
maggiore). Piccarda risponde che questo non può essere, perché in Paradiso vige
la legge della carità, secondo cui chi ama vuole la stessa cosa voluta dalla
persona amata; se dunque Dio vuole che quella sia la loro collocazione, loro,
che amano Dio, non possono che volere la stessa cosa.
3) Spiegate e collocate questa terzina: "Qual si partio Ippolito
d’Atene / per la spietata e perfida noverca / tal di Fiorenza partir ti
convene." (XVII, 46-48)
Chi parla è Cacciaguida, il quale spiega a Dante il senso delle oscure
profezie che più volte gli sono state fatte durante il viaggio nell'oltretomba.
Dice che, così come Ippolito dovette andarsene da Atene, pur innocente, a causa
delle calunnie della perfida matrigna (Fedra, moglie di Teseo e matrigna di
Ippolito, aveva falsamente accusato il figliastro di aver tentato di sedurla, e
quindi Teseo lo aveva condannato all'esilio), tu, altrettanto innocente ed
altrettanto ingiustamente accusato, dovrai andartene esule da Firenze.
4) "Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro / dietro allo sposo, sì la
sposa piace" (XI, vv. 83-84). Collocate e spiegate questi versi.
Chi parla è Tommaso, che si riferisce ai primi seguaci di Francesco. Dice
che Egidio e Silvestro "si scalzano" (cioè, si privano di ogni bene
materiale; ma anche, letteralmente, si privano dei calzari e vanno a piedi
nudi, in segno di umiltà) e seguono Francesco (precedentemente indicato come
"lo sposo" della povertà), per amore della povertà ("la
sposa" di Francesco, che a loro piace così tanto).
5) Che cosa dice Bonaventura sulla condizione presente del proprio ordine
religioso?
Bonaventura dice che sono rimasti pochi i francescani che seguono
fedelmente la regola di povertà del fondatore. In gran parte la tradiscono,
interpretandola o in maniera troppo rigida (e sono gli
"spirituali", seguaci di Ubertino da Casale) o in maniera troppo
permissiva (e sono i "conventuali", seguaci di Matteo d'Acquasparta).
6) In che modo Dante vede la doppia natura di Cristo e di quale paragone si
serve per esprimere la difficoltà di comprenderla?
Nel secondo dei tre cerchi di tre colori diversi e di una stessa dimensione
(i tre cerchi rappresentano Dio uno e trino, e il secondo rappresenta il
Figlio), Dante vede una figura umana, dello stesso colore del cerchio. Ciò che
non riesce a capire è come sia possibile che una figura umana si adatti al
cerchio, cioè assuma una forma circolare. Questa difficoltà di comprensione è
simile a quella del geometra che cerca di risolvere il problema della
quadratura del cerchio (ovvero, cerca di definire in maniera matematicamente
precisa il rapporto fra diametro e circonferenza).
7) Con quali argomenti Cacciaguida esorta Dante a raccontare tutta la
verità della sua visione dell’oltretomba?
Cacciaguida dice che, se anche la verità raccontata da Dante sarà
sgradevole al primo "gusto", in seguito, quando sarà digerita, darà
nutrimento vitale, cioè servirà a distogliere l'umanità dal peccato e ad
indirizzarla sulla strada della salvezza. Del resto, che Dante debba raccontare
ciò che ha visto, si capisce anche da questo: non a caso gli sono state
mostrate anime di personaggi famosi, perché con l'esempio di questi (e non di
sconosciuti) si attrae l'attenzione di chi legge o ascolta.
8) Spiegate e collocate questa terzina: "L’uno al pubblico segno i
gigli gialli / oppone, e l’altro appropria quello a parte, / sì ch’è forte
veder chi più si falli." (VI, 100-102)
Giustiniano conclude la sua rievocazione della missione dell'aquila
(simbolo dell'impero romano), polemizzando contro i guelfi e i ghibellini: è
difficile ("forte") vedere quale dei due partiti sbagli di più,
perchè il primo oppone all'aquila i gigli gialli della casa di Francia (allude
al fatto che i guelfi nella loro politica antiimperiale si appoggiavano agli
Angioini, che erano appunto francesi), l'altro si appropria di un'insegna
universale, quale l'aquila, per i propri interessi di parte (i
ghibellini, cioè, non appoggiano l'impero perché vogliono il bene dell'umanità,
ma per trarne dei vantaggi personali).
9) Spiegate e collocate questi versi: "La provedenza, che cotanto
assetta, / del suo lume fa ’l ciel sempre quieto / nel qual si volge quel c’ha
maggior fretta; / ed ora lì, come a sito decreto, / cen porta la virtù di
quella corda / che ciò che scocca drizza in segno lieto." (I, 121-126)
Beatrice sta spiegando a Dante la ragione per cui stanno ascendendo al
cielo. Dice: la provvidenza divina, che dispone con tanto ordine l'universo
(l'ordine universale, per cui tutto tende a Dio), appaga della sua luce quel
cielo (l'Empireo) al di sotto del quale ruota il cielo che si muove più veloce
(il nono cielo, o Primo Mobile); e ora la forza di quell'arco che quando scocca
coglie sempre il bersaglio (si intende la volontà di Dio, che realizza immancabilmente
il suo obiettivo; ma si può anche intendere la forza di quell'istinto naturale
che ci indirizza immancabilmente verso Dio) ci sta conducendo lì, nell'Empireo,
che è la sede stabilita ("sito decreto") per l'uomo.
10) Qual è la prima reazione di Dante alla vista dei beati del cielo della
luna?
Essendo evanescente l'aspetto di questi beati, Dante crede che si tratti di
immagini riflesse e quindi si volta pensando che le figure reali siano alle sue
spalle. Commette l'errore contrario a quello di Narciso, il quale invece vide
un'immagine riflessa (la sua) e pensò che fosse reale.
11) Che cosa dice Tommaso sulla condizione attuale del proprio ordine
religioso?
Tommaso dice che i domenicani sono come pecore che si allontanano dal
pastore per andare in cerca di nuovi pascoli; ma così facendo tornano all'ovile
"di latte vote". Fuor di metafora, molti frati non seguono più quella
che era la volontà del fondatore: invece di mettere la loro sapienza al
servizio della Chiesa, sono attratti da cose vane (il desiderio di gloria) e
quindi non traggono alcun beneficio spirituale dalla loro appartenenza
all'ordine (non "s'impinguano", non si ingrassano spiritualmente).
12) "Saria tenuta allor tal maraviglia / una Cianghella, un Lapo
Salterello, / qual or saria Cincinnato o Corniglia." (XV, vv. 127-129).
Collocate e spiegate questi versi.
Cacciaguida contrappone la Firenze onesta e costumata dei suoi tempi a
quella corrotta dei tempi di Dante. Dice che ai suoi tempi avrebbero destato
tanta meraviglia una Cianghella o un Lapo Salterello (due personaggi simbolo di
immoralità: una donna dai facili costumi la prima, un politico corrotto il
secondo), quanta ne desterebbero ora una Cornelia (la madre dei Gracchi,
simbolo dell'onestà femminile) o un Cincinnato (dittatore romano che aveva
abbandonato spontaneamente il potere, e quindi simbolo di un politico
assolutamente disinteressato).
13) Francesco e Domenico operarono entrambi per risollevare le sorti della
Chiesa, anche se in maniera diversa. In che cosa consiste questa diversità?
Francesco è stato scelto da Dio per combattere contro i nemici interni
della Chiesa, cioè contro quell'amore per il lusso e la ricchezza troppo
diffuso all'interno della comunità cristiana (e lo farà praticando una vita di
estrema povertà). Domenico invece è stato scelto per combattere contro i nemici
esterni alla Chiesa, cioè contro quelle dottrine sbagliate che mettono in
dubbio l'insegnamento della Chiesa (e lo farà, usando la sapienza per lottare
contro le eresie).
14) "Ma ciò che il segno che parlar mi face / fatto avea prima e poi
era fatturo / per lo regno mortal ch’a lui soggiace, / diventa in apparenza
poco e scuro, / se in mano al terzo Cesare si mira / con occhio chiaro e con
affetto puro" (VI, vv. 82-87). Collocate e spiegate questi versi.
Giustiniano indica nella crocifissione di Cristo l'atto più importante
compiuto dall'aquila (dall'impero romano) nella sua storia. Letteralmente: ma
ciò che l'aquila (quell'insegna di cui sto parlando) aveva fatto
precedentemente e avrebbe fatto successivamente nel mondo terreno (che è
sottomesso a lei), diventa cosa minima e insignificante se si guarda, con
sguardo limpido e privo di pregiudizi sentimentali, a quello che fece in mano
al terzo Cesare (Tiberio, sotto il cui governo si ebbe la crocifissione).
15) Per l’incontro con Cacciaguida, Dante ha avuto
come modello un episodio dell’Eneide. Dite di quale episodio si tratta e quali
sono gli elementi di somiglianza.
L'episodio è quello dell'incontro fra Enea e il proprio padre Anchise, nel
VI dell'Eneide. Oltre al fatto che le due anime incontrate hanno un rapporto di
parentela diretta con i due protagonisti (Anchise è il genitore di Enea,
Cacciaguida è il progenitore di Dante), in ambedue i poemi i due episodi sono
centrali, sia materialmente (il canto VI sui dodici dell'Eneide, i canti
XV-XVII sui trentatre del Paradiso) sia idealmente (in ambedue i casi
l'incontro serve per chiarire pienamente, ad Enea e a Dante, il senso della
loro missione: Anchise spiega ad Enea che da lui dovrà discendere l'impero di
Roma, Cacciaguida spiega a Dante che da lui dovrà derivare il bene per
l'umanità, in quanto racconterà per iscritto, senza nascondere niente, tutta la
sua visione).
16) Quale fu l’“ultimo sigillo” che Francesco
ricevette da Cristo? E perché “ultimo”?
L'"ultimo sigillo" sono le stimmate, che Francesco riceve sul
monte della Verna. E' l'ultimo perché sembra essere la definitiva approvazione,
da parte di Cristo stesso, dell'ordine francescano, già approvato oralmente da
papa Innocenzo III (il primo sigillo), poi ufficialmente da papa Onorio III (il
secondo sigillo).
17) Spiegate e collocate questa terzina: “Nel ventre
tuo si raccese l’amore, / per lo cui caldo ne l’etterna pace / così è germinato
questo fiore.” (XXXIII, 7-9)
E' la prima parte della preghiera di S. Bernardo, laddove il santo esalta
la Vergine come la più alta di tutte le creature. Precisamente in questa
terzina dice che nel ventre della Madonna (che ha concepito Cristo) si è acceso
nuovamente l'amore di Dio per gli uomini (quell'amore che era venuto meno a
seguito del peccato originale); e grazie al calore (all'intensità) di questo
amore, nell'eterna pace (dell'empireo) è potuto germogliare il fiore del
paradiso, cioè la "candida rosa" (in altre parole, si è aperta per
l'umanità la possibilità della salvezza, che non poteva esserci prima di
Cristo).
18) Per quali aspetti si può dire che i canti XI e XII
sono strutturati in maniera simmetrica?
I due canti sono costruiti in maniera simmetrica in quanto nell’XI un
domenicano, S. Tommaso, fa l’elogio di S. Francesco, nel XII un francescano, S.
Bonaventura, fa l’elogio di S. Domenico. Quindi entrambi, concluso l’elogio del
fondatore dell’ordine opposto, denunciano le deviazioni attuali del proprio
ordine. Si può notare un altro elemento di simmetria nel fatto che i due elogi
sono introdotti da due ampie perifrasi per indicare il luogo di nascita dei due
santi fondatori.
19) Collocate e spiegate questi versi: “Vergine madre,
figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso
d’etterno consiglio.”
E’ S. Bernardo che in questo modo implora l’intercessione della
Madonna perché Dante possa avere l’ultima visione. Le si rivolge con questi
appellativi fortemente antitetici: “vergine” (secondo il dogma) eppure “madre”
(di Cristo), “figlia del tuo figlio” (è madre di Cristo, ma anche sua figlia,
in quanto figlia di Dio), la più umile eppure la più alta di tutte le creature,
punto d’arrivo predestinato nella storia (“termine fisso”), eppure da sempre
presente nella mente di Dio (nell’”etterno consiglio”).
Nessun commento:
Posta un commento