Presentazione ed inizio del laboratorio
1)
Io intendo mostrare in concreto alcuni percorsi
didattici (che poi sono quelli che pratico nel mio insegnamento)
2)
Il principio è quello di evitare il tradizionale
itinerario cronologico, che ha un difetto, sempre più vistoso: lascia
“scoperti” da sempre gli “autori di fine anno” (in III, Poliziano, Boiardo,
Pulci; in IV, Goldoni, Parini, Alfieri; in V, gran parte del Novecento)
3) Destino curioso per certi
autori: sono conosciuti o sconosciuti nella cultura diffusa, valutati o
svalutati (accettati nel canone), non perché corrispondono o contraddicono i
gusti dell’epoca (la nostra), ma, incredibilmente, perché nei programmi
scolastici figurano all’inizio o alla fine dell’anno
4) Dunque ci vuole una
programmazione diversa: per moduli o unità didattiche, chiamatele come volete,
io parlo di percorsi didattici: percorsi tematici (si esamina un certo tema in
diversi autori, della stessa epoca e/o di epoche diverse), percorsi
pluridisciplinari (cioè, che illuminano un autore, un’opera, un testo dal punto
di vista di più discipline)
5) I miei percorsi: l’amore e
l’oltretomba da Andrea Cappellano a Boccaccio (percorso tematico), il poema
cavalleresco fra Ariosto e Tasso (percorso per genere, ma anche
pluridisciplinare), Leopardi (modulo autore)
6) Quella con cui intendo
iniziare, però, è una unità didattica che prediligo (precisamente è un modulo
opera) perché mi consente di affrontare, in maniera divertente e rigorosa, un
momento difficile per i ragazzi (e quindi anche per noi), ovvero quello
dell’impatto con lo studio della letteratura all’inizio del III anno
7) Nel biennio i ragazzi hanno
avuto a che fare, come è giusto, con testi poetici e narrativi del 900. Non è
facile quindi affrontare un tipo di letteratura, quella delle origini, linguisticamente
e tematicamente così lontana dai loro gusti
8) Allora mi pare allettante
proporre loro un testo come il Contrasto
di Cielo d’Alcamo, affiancandolo alla interpretazione che ne dà Dario Fo nel Mistero buffo (si tratta di un’opera
teatrale in cui Fo legge a modo suo, con grandi effetti comici, alcuni testi
della letteratura popolare dei primi secoli; fra questi, appunto, il Contrasto)
9) Ovviamente, prima di
affrontare il testo, ho impiegato delle lezioni per spiegare loro come e quando
nasce la letteratura in volgare, che cos’è il cosiddetto “amor cortese”, che
cos’è la cosiddetta “scuola siciliana”: sono prerequisiti necessari per
comprendere certe problematiche che si pongono
10)
A me piace anche dare un’idea “materiale” della letteratura antica;
tutte le volte che mi è possibile, porto i ragazzi all’archivio di Stato a
vedere i Memoriali bolognesi, così si
rendono conto concretamente di che cos’è un manoscritto, di come ci è stato
tramandato quel certo testo che è stampato nei loro manuali
11)
I Memoriali sono dei registri
notarili degli ultimi decenni del Duecento, dove venivano trascritti dei
contratti privati. La cosa che interessa noi però non sono i contratti, ma dei
componimenti poetici (di natura colta e popolare) che i notai trascrivevano,
sembra, per riempire gli spazi bianchi (come si usa ancora oggi, seppure in
altro modo: si tratta di impedire che qualcuno possa usare gli spazi bianchi
per fare delle aggiunte al contratto)
12)
Tornando al Contrasto, è un
testo che si presta didatticamente molto bene, sia perché è divertente (è tutto
costruito con immagini concrete, la tematica amorosa, proprio per la maniera
concreta in cui è trattata, risulta molto più comprensibile e più coinvolgente per
i ragazzi di quanto non lo siano le rarefatte idealizzazioni dei poeti
stilnovisti), sia perché offre l’occasione di proporre un metodo rigoroso di
lettura ed interpretazione
13)
Basterà leggere le prime strofe (si tratta di strofe di cinque versi,
di cui i primi tre alessandrini, monorimi, e con il primo settenario sempre sdrucciolo;
gli ultimi due endecasillabi, monorimi; viene usata la tecnica della coblas capfinidas, per ripresa di parola
o di concetto) quelle che tradizionalmente si ritrovano nelle antologie
scolastiche e quindi leggere quelle pagine del Mistero buffo in cui Dario Fo contesta, come censorie e
moralistiche, le interpretazioni della critica tradizionale (e quindi dei
manuali scolastici), soprattutto a proposito di tre questioni: la questione del
nome, la questione del verso 2, la questione della defensa
14)
La questione del nome si risolve mostrando come essa nasca da un
equivoco, un fraintendimento di lettura della grafia di Angelo Colocci, che è
colui che ci ha tramandato quel nome; basterà far notare (mostrando la
fotografia del manoscritto, che si ritrova, ad esempio, nella Treccani) che la
lettera, fraintesa da alcuni lettori inesperti come una “u”, è
inequivocabilmente una “e” (dunque Cielo e non Ciulo)
15)
Sulla questione della interpretazione del verso 2, si può convenire con
Fo sul fatto che esista una interpretazione rimossa. Spiego ai ragazzi che
attualmente l’interpretazione più diffusa è quella (proposta da D’Ovidio) che
sostiene l’esistenza di una oscillazione fra significato metaforico e
significato letterale della rosa; per cui, se è vero che l’amante si rivolge
alla ragazza chiamandola “rosa”, nel secondo verso pensa al fiore, di cui è
naturale dire che è desiderato da tutte le donne; poi al terzo verso ne
riprende il significato metaforico, riferendosi alla donna. Tutto ciò, perché
sembra inaccettabile l’idea che si possa dire che è la donna oggetto del
desiderio di altre donne. Un’idea talmente inaccettabile che è circolata a
lungo anche l’interpretazione (proposta da Cesareo) che voleva che quel
femminile (le donne pulzelle e maritate) fosse il residuo di un dialettismo
(napoletano) che indicava originariamente il maschile (li donni).
16)
Il primo a dare voce all’interpretazione rimossa è stato Contini, il
quale (Poeti del Duecento, 1960) così
annotava: le donne: naturalmente
femminile; chi ha proposto altra interpretazione non ha tenuto conto dell’eco
scritturale che qui ricorre (Cant. Cant., I, 2: adulescentulae dilexerunt te).
Così Contini recuperava il significato coerentemente metaforico
dell’espressione (oggetto del desiderio è la ragazza, non la rosa), ma
trascurava il fatto che nel testo biblico chi parla è la sposa che si riferisce
allo sposo, e dunque sorvolava sul grosso problema, che il nostro testo
propone, di un desiderio amoroso da parte di donne per un’altra donna
17)
Si tratta di capire se l’espressione, che intende esaltare la bellezza
della ragazza, per quanto sorprendente e inaspettata, possa appartenere al
contesto culturale in cui opera Cielo. A questo fine, più che il riferimento
biblico, sarà utile mostrare i vv. 25-27 di una ballata di Bonagiunta
Orbicciani (Donna, vostre bellezze): Maritate e pulzelle / di voi so’ innamorate,
/ pur guardandovi ‘n mente). Dunque l’interpretazione rimossa ha una sua
legittimità, le osservazioni critiche di Fo hanno, in questo caso, un loro
fondamento
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