L’avventura o l’idealizzazione
dell’ethos cavalleresco in Chretien
E. AUERBACH, Mimesis, vol.
I,
Einaudi 1956, 1975, pp. 136-156
Il testo preso in esame è l’Yvain di Chretien,
romanzo cortese della 2ª metà del sec. XII.
Calogrenant narra una sua
avventura: ospite gradito presso un castello che incontra sulla strada di
“destra” (la diritta via), intrattenuto cortesemente dalla castellana, e poi
sconfitto nella battaglia alla fontana.
Auerbach nota lo sviluppo notevole dell’ipotassi, rispetto
alla Chanson de Roland, nonché l’ambiente favoloso, assolutamente non
identificabile, e assolutamente adatto perché si esplichi l’ideale cavalleresco
dell’avanture . I dettagli sono realisticamente determinati, ma nei
limiti di un ambiente sociale privilegiato (quello feudale-cavalleresco) e di
un’atmosfera fiabesca che prescinde da ogni base politico-economico-sociale.
Mentre nella Chanson de Roland i cavalieri
hanno ancora un compito politico decifrabile (difendere l’impero di Carlo
contro gli infedeli), Calogrenant non ha nessun compito, vuole soltanto
realizzarsi attraverso l’avventura. La parola chiave non è più “vassallaggio”,
ma “cortesia”. La realtà del tempo (la dimensione storicamente reale del
ceto cavalleresco) è dimenticata: l’ethos cavalleresco è assolutizzato
(ed è quell’ethos che si mantiene fino a Don Chisciotte: il quale parte
per l’avventura come Calogrenant, ma invece del castello incontra l’osteria -
il quotidiano, il reale). Si deve supporre che tale idealizzazione sia il
frutto della crisi della funzione della cavalleria?
Quanto all’amore come componente fondamentale di
questo stato cavalleresco, va detto che si tratta di schemi differenziati, non
ancora omogeneizzati dal modello della galanteria provenzale (“lo schema
platonizzante della donna irraggiungibile, corteggiata invano, che venne dalla
lirica provenzale e si perfezionò nel dolce stil novo, non predomina
dapprincipio nell’epica cortese”). Si direbbe che qui sostituisca la
mancanza di una motivazione pratica (politica) dell’agire.
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