La formazione della cavalleria
A. HAUSER, Storia sociale dell’arte,
Einaudi 1955, vol. I, pp. 228-233.
Il sistema feudale fa perno sulla cavalleria: il feudo
non è altro che la ricompensa per il servizio prestato a cavallo (1). A un
certo punto (fra il X e il XIII sec., per le maggiori esigenze delle guerre)
questa categoria (la cavalleria) viene invasa dai ministeriales (o sergenti:
di origine servile, amministratori di terre, al seguito del feudatario) i
quali, perdurando l’economia naturale, sono compensati con terre; quindi
conquistano l’ereditarietà del feudo, nonché del servizio.
E’ a questo punto (perché gli ultimi arrivati sono i
più intransigenti) che la cavalleria diventa un ceto chiuso e si foggia
l’ideale cavalleresco: ovvero, tutto un sistema etico (fatto di generosità
verso i vinti, protezione del debole, culto della donna), in cui si esprime
una vera e propria coscienza di classe, che si contrappone (con i suoi
valori: prodigalità, gusto per la cerimonia, disprezzo del lavoro manuale)
allo spirito borghese del guadagno.
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1) Tale servizio diventa importante (e costoso) in
seguito all'invenzione sia della ferratura a chiodi (che consente
al cavallo una maggiore aderenza sui terreni più diversi, ed evita lesioni ed
usura degli zoccoli), sia, soprattutto, della staffa (che,
consentendo una maggiore agilità e saldezza in sella - impossibile con la sola
pressione delle ginocchia - trasforma la cavalleria in una forza d'urto
micidiale).
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