sabato 27 giugno 2015

Un'interpretazione del Cantico delle creature


Il Cantico delle creature  contro il catarismo

 

G. DUBY, L’arte e la società medievale,
Ed. CDE, 1984, p. 179 e segg.

 

Nel XII sec. il catarismo (in questo erede del manicheismo) aveva affermato il dualismo irriducibile fra principio spirituale e principio materiale, fra bene (Dio e la parte divina dell’uomo, l’anima, che però è imprigionata nel corpo) e male (Satana e tutto ciò che è materiale). Siamo nell’eresia, perché la materia è contrapposta a Dio, mentre la teologia ortodossa ritiene che tutto il creato risplenda della luce divina (si veda il trattato De coelesti hyerarchia  dello pseudo-Dionigi).

Complementare all’eresia sul piano dogmatico è il movimento pauperistico (in Italia abbiamo i patarini lombardi e i flagellanti - o disciplinati - umbri). A tale movimento (che, evidentemente, oltre a denunciare il tradimento del vangelo da parte della Chiesa, si fa portatore di radicali rivendicazioni sociali) appartiene anche il francescanesimo. La istituzionalizzazione dell’ordine (cosiccome di quello domenicano) rivela la volontà riformatrice della Chiesa, ma anche l’intenzione di battere l’eresia assumendone le istanze non eretiche sul piano dogmatico.

Il Cantico delle creature (o di frate Sole) rivela appunto un atteggiamento nei confronti della natura decisamente anti-cataro: certo, il mondo (inteso come beni materiali) è disprezzato (vedi anche in Jacopone), ma la natura è esaltata come partecipe della luce divina, non negata come partecipe del male.

 

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