Il Cantico delle creature contro il
catarismo
G. DUBY, L’arte e la società medievale,
Ed. CDE, 1984, p. 179 e segg.
Nel XII sec. il catarismo (in questo erede del
manicheismo) aveva affermato il dualismo irriducibile fra principio
spirituale e principio materiale, fra bene (Dio e la parte divina dell’uomo,
l’anima, che però è imprigionata nel corpo) e male (Satana e tutto ciò che è
materiale). Siamo nell’eresia, perché la materia è contrapposta a Dio, mentre
la teologia ortodossa ritiene che tutto il creato risplenda della luce divina
(si veda il trattato De coelesti hyerarchia dello pseudo-Dionigi).
Complementare all’eresia sul piano dogmatico è il movimento
pauperistico (in Italia abbiamo i patarini lombardi e i flagellanti
- o disciplinati - umbri). A tale movimento (che, evidentemente, oltre a
denunciare il tradimento del vangelo da parte della Chiesa, si fa portatore di
radicali rivendicazioni sociali) appartiene anche il francescanesimo. La
istituzionalizzazione dell’ordine (cosiccome di quello domenicano) rivela la
volontà riformatrice della Chiesa, ma anche l’intenzione di battere l’eresia
assumendone le istanze non eretiche sul piano dogmatico.
Il Cantico delle creature (o di
frate Sole) rivela appunto un atteggiamento nei confronti della natura
decisamente anti-cataro: certo, il mondo (inteso come beni materiali) è
disprezzato (vedi anche in Jacopone), ma la natura è esaltata
come partecipe della luce divina, non negata come partecipe del male.
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