L’amor cortese
C. S. LEWIS, L’allegoria d’amore,
Einaudi 1969, pp. 3-43.
1) Eccezionale la novità dell’“amor cortese”, fatto di
Umiltà, Cortesia, Adulterio e Religione d’Amore. Il
servizio d’amore (o Frauendienst) è ricalcato su quello del
vassallaggio, tanto è vero che l’appellativo della dama è “midons“ (mio
signore). E il nemico non è il marito, ma il “rivale”.
2) Nella letteratura antica l’amore è una gioiosa
sensualità, o una tragica follia (una malattia che può portare al
delitto: vedi Medea, Fedra, Didone); all’altro estremo,
troviamo riconosciuta la comodità e l’utilità di una buona moglie (Odisseo
ama Penelope alla stregua del resto dei suoi possedimenti). Certo, l’Arte
d’amare di Ovidio raccomanda il “servizio” per raggiungere lo scopo
(la conquista). Ma il tono è ironico, e allora per il Medioevo si tratterebbe
di un Ovidio frainteso.
3) Nemmeno fu il cristianesimo a portare ad una
idealizzazione della concezione dell’amore: è più probabile che il culto della
Vergine sia un effetto che una causa dell’amor cortese. Da scartare è anche
la derivazione germanica: è vero che Tacito, nella Germania,
rileva il particolare rispetto di quelle popolazioni per le donne; ma questo,
caso mai, avrebbe portato ad una concezione paritaria, non alla sottomissione
maschile. Più interessante è il rilievo del rapporto d’amore esistente fra
vassallo e signore (di Rolando per Carlo, ad esempio): ma
questo spiega perché l’amor cortese, quando compare, si travesta da rapporto di
vassallaggio. E, certo, tale “travestimento” ci fa capire il connotato dell’Umiltà.
Quanto alla Cortesia, si spiega con l’ambiente: nella corte provenzale
l’elemento femminile funge da mitigatore della rozzezza maschile.
4) Circa l’Adulterio, va detto che in una
società dove il matrimonio ha scopi utilitari, ogni idealizzazione dell’amore
deve cominciare con l’idealizzare l’adulterio. Del resto, secondo la teologia
medievale, per la passione d’amore non c’è posto nemmeno all’interno del
matrimonio: il matrimonio è per la procreazione, non è certo il luogo
dell’amore, del desiderio (che allora si affermeranno al di fuori del
matrimonio) (1).
5) Come il vassallaggio si riversa nel nuovo tipo
d’amore, così le forme del sentimento religioso si insinuano nella poesia
amorosa: ecco spiegata la devozione al dio d’Amore. Tutt’altro che
derivarne, questa religione si pone come rivale o parodia di quella vera (come
dimostra il Concilio di monache di Remiremont) (2). Solo più tardi (con Dante)
si avrà la fusione fra esperienza amorosa e religiosa.
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1) Sul contrasto fra amor cortese e matrimonio
insistono sia Lewis (pp. 36-37, ove interpreta il De amore di A.
Capellano) che D. de Rougemont (in L’amore e l’occidente
- vedi scheda - analizza il romanzo di Tristano e trova che il vero amore,
cortese, pone un dovere di fedeltà sconosciuto al matrimonio legale: pp.
76-79). G. Duby invece (Il cavaliere, la donna e il prete, CDE
1984, pp. 187-200: anche lui interpreta il trattato di Capellano, in
particolare la ritrattazione del III libro) vede nell’amore adulerino soltanto
una tappa, propria dell’età giovanile, del percorso che conduce alla maturità,
segnata dal rito del matrimonio, cui i cavalieri tendono come alla meta ideale.
2) Un testo del XII sec. descrive un concilio di
monache (a Remiremont) dove al posto dei vangeli si leggono le opere di Ovidio
e la questione all'ordine del giorno concerne le teorie e le pratiche in
materia d'amore.
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