Significato e
limiti cronologici del Rinascimento
L. RUSSO, I classici italiani, vol. II
Sansoni 1960, pp. V-XIX.
Il Rinascimento
è inteso, originariamente, come rinascita delle arti: la
parola è infatti del Vasari (1511-1574) che nelle sue Vite
dichiara di voler fare la storia delle arti dalla loro "rinascita" in
poi, e parla di una età della perfezione (antichità), della decadenza
(medio-evo) e della restaurazione o "rinascita" segnata
dalla opera di Cimabue (1245-1302) e di Giotto
(1266-1337); ne consegue che all’idea di rinascita è immediatamente associata
quella di "imitazione dell’antico" (e questo, come dice
Machiavelli nella introduzione ai Discorsi, non solo nelle arti
figurative, ma anche in diritto e medicina; e quindi,
aggiunge, lo si faccia anche in politica), anche se poi nelle otri
vecchie si metteva vino nuovo (lo stesso Machiavelli è cosciente della
propria originalità: "è più conveniente andar drieto alla verità
effettuale della cosa, che alla immaginazione di essa").
Con la storiografia
romantica (Michelet, Burckhardt, Voigt)
matura una coscienza critica del Rinascimento come "scoperta del mondo
esteriore e scoperta dell’uomo" (è il titolo di un capitolo del
fondamentale La civiltà del Rinascimento in Italia di Burckhardt).
Il Rinascimento
si caratterizza per l’elaborazione di una concezione tutta tecnica della
vita: al di là di preoccupazioni moralistiche, l’uomo virtuoso è l’uomo
perito, capace di fare bene il proprio mestiere (esemplare ciò che racconta l’Aretino
a proposito di Giovanni dalle Bande nere, sanguinario capitano di
ventura: in punto di morte dice al confessore di non avere peccati di cui
pentirsi, perchè si è limitato a fare bene il suo mestiere).
Da De
Sanctis e Burckhardt deriva quella concezione antinomica
(fra splendore dell’arte da una parte e corruttela morale e politica
dall’altra) che ha fatto scuola, ma che è riduttiva e pertanto deve essere
superata.
I limiti
cronologici sono stabiliti, come sempre, dalla coscienza dei contemporanei:
quando Paolo Diacono (VIII sec., storico longobardo) nella Historia
romana propone di contare gli anni dalla incarnazione di Cristo, ha
coscienza della frattura che c’è fra la Roma pagana e quella cristiana; quando
nel XV sec. si comincia a parlare di media tempora (o media tempestas)
contrapposti ai nostra tempora, si ha coscienza di una nuova epoca che
si caratterizza per gli studia humanitatis (è l’età dell’Umanesimo); abbiamo Rinascimento quando decade il
mito del filologo e trionfa quello del letterato, artista, poeta (1ª metà del
XVI sec.); abbiamo l’età della Controriforma
(2ª metà del XVI sec.) quando il puro, a-problematico, dispiegarsi artistico
diviene tormentato da ripiegamenti (e scrupoli) filosofici e religiosi (quando
da Ariosto si passa a Tasso).
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