Da Ortis a Didimo
ovvero la
regressione di Foscolo
G. LUTI, Introduzione a Scritti didimei,
Longanesi 1974, pp. 7-29.
Già nella formula
di De Robertis (“Ortis è autore dei Sonetti, Foscolo dei Sepolcri,
Didimo de Le Grazie”) è presente l’idea che ci siano tre momenti nell’opera
foscoliana, di cui solo uno (quello centrale, dei Sepolcri),
perfettamente riuscito, equilibrato, maturo; gli altri due peccherebbero per
esuberanza “romantica” (il 1°) e per scadimento in un neo-classicismo di
maniera (il 2°).
Luti va oltre:
l’altro travestimento di Foscolo dopo Ortis (Didimo Chierico)
rappresenta l’evoluzione (o regressione) conclusiva della sua ideologia
cosiccome della sua poetica: da un punto di vista politico, il
Foscolo “disingannato”, con la scelta dell’esilio, fa in realtà una scelta di
rinuncia, di non battaglia (3) (e del resto, dice Caretti, al fondo de Le Grazie c’è
il pessimismo di chi non crede che il mondo storico sia recuperabile alla
bellezza e alla magnanimità); da un punto di vista poetico,
ugualmente si recede a posizioni settecentesche, eludendo le problematiche che
contemporaneamente si vengono sviluppando dalla Germania all’Italia (su una
nuova concezione della poesia, per forma e contenuti).
Analizzando
l’evoluzione, diremo allora che il contrasto tra i due aspetti (classico e
romantico), aperto dall’Ortis, viene accettato (trova un equilibrio, ancorché
precario) nella grande produzione (dai Sonetti, alle Odi, ai Sepolcri),
dove, in definitiva, gli impulsi romantici non riescono a vincere (e ad
esprimere la novità, sia stilisticamente che tematicamente) (4): vincerà invece l’aspetto classico (e Le Grazie saranno
testimonianza di questa resa alle origini settecentesche della sua idea di
poesia).
Didimo è appunto
colui che ha imparato il segreto per sopportare la vita: non l’aperta passione
e l’engagement, ma la sublimazione nella sfera dell’arte. E del resto
l’ironia sterniana (all’incontro con la quale bisogna fare riferimento)
deriva dalla tradizione saggistica (Montaigne) ed è quindi
fondata su una razionalità che “utilizza ed imbriglia le più oscure radici
sentimentali”.
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3) Come Ortis, nemmeno Didimo riesce a dare una
dimensione concreta al libertarismo alfieriano.
4) Tale novità era invece presente nell’Ortis, la cui
lingua fuoriusciva dal tradizionale classicismo per sperimentare (con le sue
disarmonie, spezzettature, esclamazioni) altre strade.
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