giovedì 25 giugno 2015

La regressione di Foscolo


Da Ortis a Didimo
ovvero la regressione di Foscolo

G. LUTI, Introduzione a Scritti didimei,
Longanesi 1974, pp. 7-29.

 
Già nella formula di De Robertis (“Ortis è autore dei Sonetti, Foscolo dei Sepolcri, Didimo de Le Grazie”) è presente l’idea che ci siano tre momenti nell’opera foscoliana, di cui solo uno (quello centrale, dei Sepolcri), perfettamente riuscito, equilibrato, maturo; gli altri due peccherebbero per esuberanza “romantica” (il 1°) e per scadimento in un neo-classicismo di maniera (il 2°).

Luti va oltre: l’altro travestimento di Foscolo dopo Ortis (Didimo Chierico) rappresenta l’evoluzione (o regressione) conclusiva della sua ideologia cosiccome della sua poetica: da un punto di vista politico, il Foscolo “disingannato”, con la scelta dell’esilio, fa in realtà una scelta di rinuncia, di non battaglia (3) (e del resto, dice Caretti, al fondo de Le Grazie c’è il pessimismo di chi non crede che il mondo storico sia recuperabile alla bellezza e alla magnanimità); da un punto di vista poetico, ugualmente si recede a posizioni settecentesche, eludendo le problematiche che contemporaneamente si vengono sviluppando dalla Germania all’Italia (su una nuova concezione della poesia, per forma e contenuti).

Analizzando l’evoluzione, diremo allora che il contrasto tra i due aspetti (classico e romantico), aperto dall’Ortis, viene accettato (trova un equilibrio, ancorché precario) nella grande produzione (dai Sonetti, alle Odi, ai Sepolcri), dove, in definitiva, gli impulsi romantici non riescono a vincere (e ad esprimere la novità, sia stilisticamente che tematicamente) (4): vincerà invece l’aspetto classico (e Le Grazie saranno testimonianza di questa resa alle origini settecentesche della sua idea di poesia).

Didimo è appunto colui che ha imparato il segreto per sopportare la vita: non l’aperta passione e l’engagement, ma la sublimazione nella sfera dell’arte. E del resto l’ironia sterniana (all’incontro con la quale bisogna fare riferimento) deriva dalla tradizione saggistica (Montaigne) ed è quindi fondata su una razionalità che “utilizza ed imbriglia le più oscure radici sentimentali”.

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3) Come Ortis, nemmeno Didimo riesce a dare una dimensione concreta al libertarismo alfieriano.

4) Tale novità era invece presente nell’Ortis, la cui lingua fuoriusciva dal tradizionale classicismo per sperimentare (con le sue disarmonie, spezzettature, esclamazioni) altre strade.

 
 

 

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