La questione de Le
Grazie
1803 - In appendice al commento alla traduzione della Chioma di Berenice
(da Catullo) fa pubblicare quattro frammenti di un antico inno alle
Grazie, scherzosamente attribuiti all’immaginario poeta alessandrino Fanocle.
1812-13 - Riprende il progetto nella villa di Bellosguardo, presso Firenze,
ispirato dal Canova, che stava lavorando al gruppo delle tre Grazie.
1822 - A Londra pubblica una Dissertazione di un antico inno alle
Grazie (sul Velo delle Grazie).
Foscolo muore
lasciandoci dei sommari, cioè dei progetti di ordinamento; ma solo
recentemente se ne è fatta l’edizione critica (a cura di M. Scotti, nel 1985).
Il poema è
dedicato a Canova. Concepito inizialmente come un solo inno,
infine si articola in tre, rispettivamente intitolati a Venere
(natura generatrice), a Vesta (dea dell’ingegno, o del focolare),
a Pallade (dea delle arti e della sapienza). Sono celebrate le
tre Grazie (Eufrosine, Aglaia, Talia),
“divinità intermedie fra il cielo e la terra”, “abitatrici invisibili fra gli
uomini”, di cui favoriscono l’umanizzazione e l’incivilimento (lo stesso tema
ispira la Musogonia del Monti e Urania del
Manzoni).
Le Grazie nascono
dal mare Jonio, ed alimentano la civiltà greca; quindi, a seguito della
caduta di Costantinopoli, si rifugiano in Italia, ove al loro culto si
dedicano, sulla collina di Bellosguardo, tre “sacerdotesse” che simboleggiano
varie attività artistiche: Eleonora Nencini (musica), Cornelia Rossi Martinetti
(poesia), Maddalena Bignami (danza). Nel III° inno, Pallade le trasporta
nell’isola di Atlantide, per proteggerle dalle passioni umane; per
questo, fa tessere da alcune divinità minori (è Erato, la musa del bel
canto, che detta a Flora i colori da usare e i ricami da fare) un velo
sul quale sono raffigurate delle scene che rappresentano dei valori di civiltà,
di spiritualizzazione: la giovinezza, l’amor coniugale,
la pietà filiale (e per i vinti), l’ospitalità,
la tenerezza materna. Ricoperte di tale velo potranno ritornare
fra gli uomini, consolatrici e civilizzatrici.
Quello riportato è il progetto di Foscolo; ma si tratta, appunto, di un
progetto, non sempre facilmente rintracciabile nella frammentarietà della
composizione. Del resto tale frammentarietà, invece che essere un limite, svela
la più autentica ispirazione foscoliana (e cioè lirica; come nei Sepolcri,
“transvolat in medio posita”).
Non c’è più l’alta eloquenza (e l’impegno civile) dei Sepolcri: delle
passioni resta “un calore di fiamma lontana”. La delusione storica si risolve
in evasione in un mondo di pura bellezza ed alti valori (fra i quali, però, non
ci sono più quelli di tipo “guerriero”: l’eroismo e il sacrificio per la
patria). Ma si può riconoscere una “politicità trascendentale” del poema: il
mondo presente s’intravvede in trasparenza, come la negazione che dev’essere
negata. Le figurazioni neoclassiche non sono decorative, ma esprimono il
bisogno, autenticamente sentito, di un mondo armonico e felice.
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