giovedì 25 giugno 2015

Foscolo: Le Grazie


La questione de Le Grazie



1803 - In appendice al commento alla traduzione della Chioma di Berenice (da Catullo) fa pubblicare quattro frammenti di un antico inno alle Grazie, scherzosamente attribuiti all’immaginario poeta alessandrino Fanocle.

1812-13 - Riprende il progetto nella villa di Bellosguardo, presso Firenze, ispirato dal Canova, che stava lavorando al gruppo delle tre Grazie.

1822 - A Londra pubblica una Dissertazione di un antico inno alle Grazie  (sul Velo delle Grazie).

Foscolo muore lasciandoci dei sommari, cioè dei progetti di ordinamento; ma solo recentemente se ne è fatta l’edizione critica (a cura di M. Scotti, nel 1985).

Il poema è dedicato a Canova. Concepito inizialmente come un solo inno, infine si articola in tre, rispettivamente intitolati a Venere (natura generatrice), a Vesta (dea dell’ingegno, o del focolare), a Pallade (dea delle arti e della sapienza). Sono celebrate le tre Grazie (Eufrosine, Aglaia, Talia), “divinità intermedie fra il cielo e la terra”, “abitatrici invisibili fra gli uomini”, di cui favoriscono l’umanizzazione e l’incivilimento (lo stesso tema ispira la Musogonia del Monti e Urania del Manzoni).

Le Grazie nascono dal mare Jonio, ed alimentano la civiltà greca; quindi, a seguito della caduta di Costantinopoli, si rifugiano in Italia, ove al loro culto si dedicano, sulla collina di Bellosguardo, tre “sacerdotesse” che simboleggiano varie attività artistiche: Eleonora Nencini (musica), Cornelia Rossi Martinetti (poesia), Maddalena Bignami (danza). Nel III° inno, Pallade le trasporta nell’isola di Atlantide, per proteggerle dalle passioni umane; per questo, fa tessere da alcune divinità minori (è Erato, la musa del bel canto, che detta a Flora i colori da usare e i ricami da fare) un velo sul quale sono raffigurate delle scene che rappresentano dei valori di civiltà, di spiritualizzazione: la giovinezza, l’amor coniugale, la pietà filiale (e per i vinti), l’ospitalità, la tenerezza materna. Ricoperte di tale velo potranno ritornare fra gli uomini, consolatrici e civilizzatrici.

 

Quello riportato è il progetto di Foscolo; ma si tratta, appunto, di un progetto, non sempre facilmente rintracciabile nella frammentarietà della composizione. Del resto tale frammentarietà, invece che essere un limite, svela la più autentica ispirazione foscoliana (e cioè lirica; come nei Sepolcri, “transvolat in medio posita”).

Non c’è più l’alta eloquenza (e l’impegno civile) dei Sepolcri: delle passioni resta “un calore di fiamma lontana”. La delusione storica si risolve in evasione in un mondo di pura bellezza ed alti valori (fra i quali, però, non ci sono più quelli di tipo “guerriero”: l’eroismo e il sacrificio per la patria). Ma si può riconoscere una “politicità trascendentale” del poema: il mondo presente s’intravvede in trasparenza, come la negazione che dev’essere negata. Le figurazioni neoclassiche non sono decorative, ma esprimono il bisogno, autenticamente sentito, di un mondo armonico e felice.

 

 

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