Strutture espressive dei grandi sonetti
A. MARCHESE, Le strutture della critica letteraria,
I grandi sonetti
sembrano essere un dialogo tra il poeta e una realtà sentimentale evocata: la Musa
("aonia diva"), la patria ("Zacinto mia"),
il fratello Giovanni ("o fratel mio"), la quiete
notturna ("o Sera!"). Si può parlare di una struttura
evocativa-invocativa: il fantasma poetico (la realtà sentimentale evocata)
sembra sorgere, quasi all'improvviso, da una profonda meditazione
interiore.
Ciò spiega le
aperture (gli attacchi), che si presentano come una sorta di ripresa conclusiva
di un'intensa riflessione: "Pur tu copia versavi...", "Né
più mai...", "Un dì, s'io non andrò...", "Forse
perché...".
La dialettica
spirituale si esprime come dialettica temporale, a sua volta resa
sia attraverso i diversi tempi verbali (in A Zacinto: toccherò,
giacque, specchi, ecc.) sia tramite avverbi e congiunzioni di tempo
(più mai, un tempo, un dì, intanto, or, sempre, oggi, allora, ecc.). E'
una dialettica che si articola fra tempi passati (che in A Zacinto
sono evocazione di una mitica serenità perduta), presenti (amarezza
dell'esilio), e futuri (disperata desolazione).
Mi pare una generalizzazione forzata: il discorso
funziona in A Zacinto come alternanza fra passati e futuri (c'è un solo
presente, "specchi", non significativo); in In morte del fratello
Giovanni come alternanza fra presenti e futuri; in Alla sera domina
il presente (ma Marchese dice che nel "nulla eterno" c'è la
proiezione, nuovamente intrisa di dolore, nel futuro...).
Nessun commento:
Posta un commento