giovedì 25 giugno 2015

Foscolo: i grandi sonetti


Strutture espressive dei grandi sonetti

A. MARCHESE, Le strutture della critica letteraria,

 
I grandi sonetti sembrano essere un dialogo tra il poeta e una realtà sentimentale evocata: la Musa ("aonia diva"), la patria ("Zacinto mia"), il fratello Giovanni ("o fratel mio"), la quiete notturna ("o Sera!"). Si può parlare di una struttura evocativa-invocativa: il fantasma poetico (la realtà sentimentale evocata) sembra sorgere, quasi all'improvviso, da una profonda meditazione interiore.

Ciò spiega le aperture (gli attacchi), che si presentano come una sorta di ripresa conclusiva di un'intensa riflessione: "Pur tu copia versavi...", "Né più mai...", "Un dì, s'io non andrò...", "Forse perché...".

La dialettica spirituale si esprime come dialettica temporale, a sua volta resa sia attraverso i diversi tempi verbali (in A Zacinto: toccherò, giacque, specchi, ecc.) sia tramite avverbi e congiunzioni di tempo (più mai, un tempo, un dì, intanto, or, sempre, oggi, allora, ecc.). E' una dialettica che si articola fra tempi passati (che in A Zacinto sono evocazione di una mitica serenità perduta), presenti (amarezza dell'esilio), e futuri (disperata desolazione).

 

Mi pare una generalizzazione forzata: il discorso funziona in A Zacinto come alternanza fra passati e futuri (c'è un solo presente, "specchi", non significativo); in In morte del fratello Giovanni come alternanza fra presenti e futuri; in Alla sera domina il presente (ma Marchese dice che nel "nulla eterno" c'è la proiezione, nuovamente intrisa di dolore, nel futuro...).

 

 

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