Machiavelli “induttivo” o “deduttivo”?
CESARANI-DE FEDERICIS, Il materiale e l’immaginario, vol. 4
Loescher 1979, pp. 511-13.
Secondo Chabod (ed è l’interpretazione
tradizionale), Machiavelli sale con “un colpo d’ala” dall’esperienza concreta
alla regola, ovvero dall’osservazione particolare (e sarà dei fatti sia di
storia antica, sia di storia contemporanea) “induce” le norme generali.
Ma l’interpretazione moderna (da Pincin
a Martelli) vede invece un procedimento contrario: prima ci
sarebbero le regole (che Machiavelli ha già concepito) e quindi la loro
conferma nell’esperienza; i fatti, che hanno il compito di “inverare” la
regola, sono dedotti dalla regola (ovvero, gli esempi sono selezionati
in quanto servono a dimostrare la verità della tesi sostenuta, che è
preesistente; e non a caso c’è una predilezione per gli esempi tratti dalla
storia antica, perché offrono la possibilità di studiare i fenomeni “in vitro”,
astraendoli dal loro spazio concreto).
Quindi il procedimento è dall’universale al
particolare, secondo il tratto tipico di ogni platonismo: e non si può
non notare che il neo-platonismo di Marsilio Ficino aveva dominato la
vita culturale fiorentina negli anni della formazione di Machiavelli (1).
Una simile questione non può non far pensare al
contrasto fra Popper e Fayerabend a proposito del metodo
scientifico: secondo il primo, i fatti costituiscono la verifica (o la
falsifica) delle teorie (in tal caso, la teoria deve indicare i fatti che la
confermano, ma anche, contemporaneamente, quelli che la smentirebbero); per il
secondo, il fatto in sé non esiste, ma esistono teorie che interpretano i fatti
(le teorie “caricano” di significato i fatti: ad esempio, il “fatto” del
sorgere del sole può essere interpretato diversamente, a seconda che a
constatarlo sia un tolemaico o un copernicano).
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1)“Così come nel gracile sistema ficiniano il
mondo nient’altro è che l’espressione e la manifestazione corporea, nel tempo e
nello spazio, di Dio (sicché nella filosofia del Ficino non c’è margine per il
male e per il peccato, che finisce per identificarsi col non-essere); allo
stesso modo, nella concezione politica e filosofica del Machiavelli, gli
avvenimenti politici, i fatti terreni, non sono che l’attuarsi di
immutabili leggi (sicché l’imprevisto, l’anomalo viene da lui escluso, relegato
in una zona d’ombra imperscrutabile, identificato anche da lui col non-essere.” (M. Martelli, Introduzione a Machiavelli, Tutte le opere,
Sansoni l971, p. XXIX)
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