martedì 30 giugno 2015

Machiavelli: un metodo scientifico?


Machiavelli “induttivo” o “deduttivo”?

 

CESARANI-DE FEDERICIS, Il materiale e l’immaginario, vol. 4
Loescher 1979, pp. 511-13.

 

Secondo Chabod (ed è l’interpretazione tradizionale), Machiavelli sale con “un colpo d’ala” dall’esperienza concreta alla regola, ovvero dall’osservazione particolare (e sarà dei fatti sia di storia antica, sia di storia contemporanea) “induce” le norme generali.

Ma l’interpretazione moderna (da Pincin a Martelli) vede invece un procedimento contrario: prima ci sarebbero le regole (che Machiavelli ha già concepito) e quindi la loro conferma nell’esperienza; i fatti, che hanno il compito di “inverare” la regola, sono dedotti dalla regola (ovvero, gli esempi sono selezionati in quanto servono a dimostrare la verità della tesi sostenuta, che è preesistente; e non a caso c’è una predilezione per gli esempi tratti dalla storia antica, perché offrono la possibilità di studiare i fenomeni “in vitro”, astraendoli dal loro spazio concreto).

Quindi il procedimento è dall’universale al particolare, secondo il tratto tipico di ogni platonismo: e non si può non notare che il neo-platonismo di Marsilio Ficino aveva dominato la vita culturale fiorentina negli anni della formazione di Machiavelli (1).

Una simile questione non può non far pensare al contrasto fra Popper e Fayerabend a proposito del metodo scientifico: secondo il primo, i fatti costituiscono la verifica (o la falsifica) delle teorie (in tal caso, la teoria deve indicare i fatti che la confermano, ma anche, contemporaneamente, quelli che la smentirebbero); per il secondo, il fatto in sé non esiste, ma esistono teorie che interpretano i fatti (le teorie “caricano” di significato i fatti: ad esempio, il “fatto” del sorgere del sole può essere interpretato diversamente, a seconda che a constatarlo sia un tolemaico o un copernicano).
 
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1)“Così come nel gracile sistema ficiniano il mondo nient’altro è che l’espressione e la manifestazione corporea, nel tempo e nello spazio, di Dio (sicché nella filosofia del Ficino non c’è margine per il male e per il peccato, che finisce per identificarsi col non-essere); allo stesso modo, nella concezione politica e filosofica del Machiavelli, gli avvenimenti politici, i fatti terreni, non  sono che l’attuarsi di immutabili leggi (sicché l’imprevisto, l’anomalo viene da lui escluso, relegato in una zona d’ombra imperscrutabile, identificato anche da lui col non-essere.” (M. Martelli, Introduzione  a Machiavelli, Tutte le opere, Sansoni l971, p. XXIX)
 
 

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