domenica 28 giugno 2015

Eloisa ed Abelardo


Eloisa ed Abelardo (1940)

                                                                                                                                                                        
E. GILSON
Einaudi 1950

 

Gilson si imbatte nei due amanti analizzando le origini medievali dell’umanesimo; la sua tesi, verificata dall’incontro di due simili personalità, è che le formulette tipo ‘Rinascimento = individualità = capacità di analisi psicologica’ sono appunto formulette, contraddette, ad esempio, dalla presenza nel XII sec. di un simile carteggio, da cui si vede che non tutte le personalità sono appiattite nel “sistema” cristiano (non Dante con la Vita Nova o Petrarca hanno iniziato l’auto-analisi; non Erasmo la critica alle regole).

Ma più che Abelardo (la cui grandezza e smania di gloria erano già note), sconvolge la personalità di Eloisa, indimenticabile figura di innamorata che, fino all’ultimo, non riesce ad accettare pienamente la sua condizione di religiosa; pospone sempre l’amore per Dio a quello per Abelardo.

Mentre i termini della vicenda di Abelardo sono, in un certo senso, scontati (propone il matrimonio segreto “riparatorio”; una volta evirato, si dedica totalmente alla vita religiosa e lo stesso pretende da Eloisa; sconfitte le sue posizioni teologiche al concilio, muore da penitente a Cluny), sorprendenti sono i caratteri che emergono della figura di Eloisa: è contro il matrimonio (sarebbe di ostacolo alla carriera di Abelardo, e poi non è questo il segno, l’istituzione, dell’amore); denuncia la contraddizione di aver preso il velo materialmente, ma non col cuore (se ciò che conta è l’intenzione, non le opere, il suo cuore è di Abelardo, non di Dio); mette in discussione le regole della vita monacale (non ha senso che esistano particolari regole per particolari persone: esiste per tutti il Vangelo, che non impone la castità).

 

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