ATTUALITA' VARIA

                   Il caso Del Mastro e un giudice a Berlino

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro è stato recentemente condannato a otto mesi di carcere e a un anno di interdizione dai pubblici uffici, in quanto riconosciuto colpevole del reato di rivelazione di segreti d’ufficio. Aveva infatti passato al collega di partito Donzelli documenti riservati relativi al caso dell’anarchico Alfredo Cospito, il quale, in sciopero della fame per protesta  contro il regime del 41 bis, aveva ricevuto in carcere la visita di una delegazione del Partito Democratico. Di tali documenti Donzelli aveva fatto uso in parlamento per attaccare violentemente i componenti della suddetta delegazione, accusandoli di supportare non solo l’anarchico Cospito ma anche i mafiosi condannati al 41 bis. Appena sentita la sentenza di condanna, Delmastro, convinto di essere stato vittima di una giustizia politicizzata, ha esclamato: “Ci sarà pure un giudice a Berlino!”.

La frase da alcuni è attribuita a Brecht, ma nella sua opera non se ne ha riscontro. Proviene invece da un’opera di Emilio Broglio (Vita di Federico il Grande, 1874), il quale racconta di un mugnaio il quale subisce un evidente sopruso da un potente, un barone che aveva fatto deviare a proprio vantaggio un corso d’acqua che alimentava il mulino, riducendo sul lastrico il povero mugnaio. Costui, sebbene alcuni giudici, compiacenti o corrotti, diano ragione al barone, non si perde d’animo e confida talmente nella giustizia che esclama: “Ci sarà pure un giudice a Berlino!”. E infatti un giudice ci fu, la ragione del mugnaio fu riconosciuta e il barone dovette recedere dalla sua intenzione.

Ma dunque la vicenda di Delmastro può paragonarsi a quella del mugnaio? Direi proprio di no, visto anzitutto in questo caso il potente è lui che, in qualità di sottosegretario alla Giustizia, si è fatto mandare dalla direzione penitenziaria quei documenti riservati; ed è lui che ha commesso un abuso, passando quei documenti riservati al collega (ed anche coinquilino) Donzelli perché ne facesse l’uso politico che abbiamo visto.

A me pare in conclusione che il Delmastro il giudice a Berlino l’abbia trovato. Ed è esattamente quello che l’ha condannato. 

              Aspirazione alla pace e realtà delle guerre

 Diceva Moravia che l’uomo dovrebbe introiettare il tabù della guerra così come ha introiettato il tabù dell’incesto. Come non essere d’accordo, soprattutto oggi che una guerra combattuta con le armi nucleari provocherebbe l’autodistruzione dell’intera umanità? Eppure per millenni le guerre si sono combattute e tuttora si combattono, per millenni i popoli si sono armati e tuttora si armano, incapaci di introiettare il tabù della guerra, anche se consapevoli che la guerra porta morte e distruzione.

La ragione di ciò, a mio parere, è piuttosto semplice. Al mondo ci sono uomini miti e uomini violentiuomini pacifici e uomini prepotentiuomini rispettosi delle regole del vivere civile e uomini che non si fanno scrupolo di violare tali regole. Per quale ragione se non per questa le comunità si sono sempre dotate di forze dell’ordineSe non ci fossero le forze dell’ordine i miti e pacifici sarebbero sopraffatti dai violenti e prepotenti, non varrebbe la ragione contro il torto, varrebbe la ragione del più forte. Le forze dell’ordine garantiscono, per quanto possibile, che questo non accada, la loro presenza distoglie, per quanto possibile, i violenti e prepotenti dalla loro intenzione di imporsi sui miti e pacifici.

Questo discorso si può estendere al rapporto fra gli Stati. Io non credo che esistano popoli aggressivi e popoli pacifici per natura, credo anzi che tutti i popoli, nella grande maggioranza, siano amanti della pace. Credo però che negli Stati, particolarmente (ma non solo) in quelli in cui non vigono le regole della democrazia, si possano imporre gruppi dirigenti, governi, avidi di conquista, teorici della supremazia e dunque minacciosi nei confronti di altri Stati. Questa è la ragione per cui anche gli Stati che ripudiano la guerra si devono dotare di forze armate in funzione difensivaLe forze armate fungono da deterrenza nei confronti di Stati che hanno intenzioni aggressive, così come, all’interno di uno Stato, le forze dell’ordine fungono da deterrenza nei confronti di individui violenti e prepotenti.

Naturalmente mantenere le forze armate, così come mantenere le forze dell’ordine, ha un costo e tutti noi vorremmo che i soldi, invece di spenderli per le armi, si spendessero per la sanità e l’istruzione. Pace e disarmo sono una nobile e sacrosanta aspirazione, purtroppo però, dopo millenni di storia mi pare che non esistano ancora le condizioni per realizzarla. Io spero che tutti i popoli, tutti, a mio avviso, in maggioranza ostili alla guerra, facciano valere il loro desiderio di pace e che, progressivamente, si possano ridurre le spese per la difesa e impiegare le risorse economiche e le energie intellettuali non per armarsi sempre più e sempre meglio, ma per bonificare i deserti, combattere la fame nel mondo, contrastare i terremoti, diffondere l’istruzione, curare le malattie mortali.

Aggiungo un piccolo corollario. Ho sentito dire, da Travaglio e da Orsini, che se hai le armi finirai per usarle. A me questa pare una sciocchezza. E’ vero che Cechov affermò che se nel primo atto di una dramma teatrale si vede un fucile appeso al muro, è sicuro che al terzo atto sarà usato. Ma una cosa è la tecnica narrativa teatrale, altra cosa è il susseguirsi degli eventi nella vita reale. Certo, le armi possono e devono essere usate se ci si deve difendere da un’aggressione. Ma al di fuori di questa possibilità – quando le armi hanno solo la funzione di deterrenza e il fine della difesa – non c’è alcuna logica per cui esse finirebbero comunque per essere usate.

Considerazioni occasionali

Dalla democrazia alla oclocrazia

Quando ho sentito il ministro dell’interno (Salvini) contestare ai magistrati il diritto di incriminarlo, in quanto non eletti, e poi il portavoce del premier (Conte) promettere una “megavendetta” alla ragioneria dello Stato, credevo di averle sentite tutte. L’arroganza, mi dicevo, si fonde e confonde con l’ignoranza della struttura dello Stato, del funzionamento delle istituzioni, della divisione e del bilanciamento dei poteri. Ma mi mancava l’ultima chicca: sentire i due vice-premier (Salvini e Di Maio) che invitavano sarcasticamente a candidarsi alle elezioni politiche uomini della Banca d’Italia e dell’Inps, colpevoli di mettere in guardia il governo sui costi insostenibili di riforme prospettate nel DEF. Allora mi è venuta in mente la teoria classica dell’anakiklosis, ovvero la teoria della ciclicità delle tre forme di governo (monarchia, aristocrazia, democrazia), secondo cui ogni forma è destinata a degenerare e quindi ad essere sostituita dalla forma successiva. E dunque, visto che la nostra attuale forma di governo è la democrazia, non dovremmo meravigliarci di assistere alla sua degenerazione in oclocrazia, ovvero nel governo della massa ignorante, della plebaglia (oclos); è la fase in cui trionfa la demagogia, cioè (leggo dalla Treccani) ”la pratica politica tendente a ottenere il consenso delle masse lusingando le loro aspirazioni, specialmente economiche, con promesse difficilmente realizzabili”. Non pare che sia esattamente il nostro caso? E, se è così, ci si deve aspettare il passaggio successivo, ovvero il ritorno della monarchia, cioè del governo di uno solo, che oggi si chiama dittatura. Non ci resta che sperare che la teoria dell’anakiklosis sia infondata…

Su Trump

Ai tanti motivi di preoccupazione suscitati dalla presidenza Trump io vorrei aggiungerne un altro. Siamo sicuri che un tale uomo, che si ritiene chiamato da Dio per fare di nuovo l’America grande, allo scadere del suo secondo mandato si rassegnerà a tornare un privato cittadino? Io temo  che farà di tutto per aggirare o abrogare il XXII° emendamento della Costituzione che vieta ulteriori mandati, certamente supportato dalle violente manifestazioni dei suoi seguaci, di cui abbiamo già avuto prova nell’indimenticabile assalto a Capitol Hill.

Sul ministro Valditara

Il ministro Valditara nella lettera a Repubblica del 19/12/2024, a difesa del suo famoso tweet “dileggiato da Lagioia” in quanto sgrammaticato, scrive che  “tre illustri linguisti, fra cui il presidente onorario della Crusca, lo hanno considerato rispettoso delle regole grammaticali e dunque affatto sgrammaticato”. Dubito che gli illustri linguisti di cui sopra ritengano corretta l’espressione “affatto sgrammaticato” nel senso di “per niente sgrammaticato”, visto che quell’espressione significa esattamente il contrario, ovvero “del tutto sgrammaticato”.

Sul diritto internazionale

Non c’è motivo di preoccuparsi, la pace mondiale a me pare molto vicina. Putin si prende l’Ucraina, Trump si prende la Groenlandia, Xi Jinping si prende Taiwan e siamo tutti a posto. O no?

Sui contributi di banche e assicurazioni

Ogni volta che sento parlare di contributi richiesti a banche e assicurazioni, metto mano al portafoglio. Sono infatti convinto che gli enti suddetti non intendano perdere nemmeno un centesimo dei loro profitti, quindi si rifarebbero su noi correntisti e assicurati, aumentando tariffe, commissioni e spese varie. Pertanto, onde evitare un’altra tassa occulta a carico del cittadino, suggerirei al governo di lasciar perdere…

 


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