mercoledì 29 aprile 2015

Traduzione da Livio (Ab urbe condita, XXXIV, 1)

Una rivolta delle donne
 
Inter bellorum magnorum aut vixdum finitorum aut imminentium curas intercessit res parva dictu sed quae in magnum certamen excesserit (1). M. Fundanius et L. Valerius tribuni plebis ad plebem tulerunt (2) de Oppia lege abroganda. Tulerat eam C. Oppius tribunus plebis in medio ardore Punici belli, ne qua mulier plus semiunciam auri haberet neu vestimento versicolori uteretur neu iuncto vehiculo (3) in urbe, nisi sacrorum publicorum causa, veheretur. M. et P. Iunii Bruti (4) tribuni plebis legem Oppiam tuebantur nec eam abrogari se passuros aiebant; Capitolium (5) turba hominum faventium adversantiumque legi complebatur. Matronae nulla nec auctoritate nec verecundia nec imperio virorum contineri poterant, omnes vias urbis aditusque in forum obsidebant, viros descendentes ad forum orantes ut, florente re publica, crescente in dies privata omnium fortuna, matronis quoque pristinum ornatum reddi paterentur.
 
Livio, Ab urbe condita (XXXIV, 1)
 
NOTE
 
1)   Congiuntivo caratterizzante (o consecutivo).
2) Il verbo fero (qui, come subito dopo) ha il significato tecnico di “proporre una legge”.
3)  Il vehiculum iunctum è un segno di lusso, come gli altri due appena elencati.
4)   Sono due tribuni della plebe (imparentati tra di loro, visto che si chiamano tutti e due “Giunio Bruto”, uno Marco e l’altro Publio) che evidentemente, da quel che si dice qui,  non sono d’accordo con gli altri due tribuni della plebe citati sopra.
5) Qui evidentemente si teneva l’assemblea nella quale si discuteva della questione.
 
Traduzione
 
Fra le preoccupazioni di grandi guerre o appena terminate o imminenti venne ad inserirsi una questione di poco conto (lett.: piccola a dirsi; dictu è un supino passivo), ma che sfociò in un grande contrasto. I tribuni della plebe Marco Fundanio e Lucio Valerio proposero al popolo l’abrogazione della legge Oppia (lett.: proposero una legge riguardo all’abrogare la legge Oppia). L’aveva promulgata il tribuno della plebe Caio Oppio, in mezzo all’ardore (al divampare) della guerra punica, affinché nessuna donna (lett.: affinché alcuna donna non…; qua è un aggettivo indefinito, equivale ad aliqua) possedesse più di mezza oncia d’oro, indossasse vesti variopinte, girasse in città (lett.: fosse trasportata) su un cocchio (lett.: carro aggiogato), se non per pubbliche cerimonie religiose. I tribuni della plebe Marco e Publio Giunio Bruto difendevano la legge Oppia e dicevano che non avrebbero permesso che fosse abrogata;  il Campidoglio era affollato da una massa di cittadini favorevoli e contrari (lett.: favorenti e avversanti) alla legge. Le matrone non potevano essere trattenute da nessuna autorità, né dal pudore né dal comando dei mariti, assediavano tutte le vie della città e gli accessi al foro, pregando gli uomini che vi (al foro) si dirigevano di consentire che anche alle matrone fosse restituito l’antico decoro, visto che lo Stato era fiorente e che la fortuna privata (il patrimonio) di tutti cresceva di giorno in giorno (sono due ablativi assoluti, che si rendono bene con valore causale).

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