martedì 28 aprile 2015

Traduzione da Livio (Ab urbe condita, I, 57)


L’onestà di Lucrezia e la bassezza di Sesto Tarquinio
Forte potantibus his (1) apud Sex. Tarquinium, ubi et Collatinus Tarquinius (2) cenabat, incidit de uxoribus mentio. Suam quisque laudare (3) miris modis; inde, certamine accenso, Collatinus negat verbis opus esse; paucis id quidem horis posse sciri (4) quantum ceteris praestet Lucretia sua. "Quin (5), si vigor iuventae inest, conscendimus equos invisimusque praesentes nostrarum ingenia?" Incaluerant vino; citatis equis avolant Romam. Quo cum pervenissent, pergunt Collatiam (6), ubi Lucretiam haudquaquam ut regis nurus, quas in convivio luxuque cum aequalibus viderant tempus terentes, sed nocte sera deditam lanae inter lucubrantes ancillas sedentem inveniunt. Muliebris certaminis laus penes (7) Lucretiam fuit. Adveniens vir Tarquiniique excepti (8) benigne; victor maritus comiter invitat regios iuvenes. Ibi Sex. Tarquinium mala libido Lucretiae per vim stuprandae capit: cum forma tum spectata castitas incitat.
Livio, Ab urbe condita (I, 57)
NOTE
1) Sono i giovani nobili romani all’assedio di Ardea, durante la guerra mossa dal re Tarquinio il Superbo (padre di Sesto Tarquinio).
2) Si tratta di Tarquinio Collatino, che sarà poi, proprio a seguito della vicenda qui raccontata, il promotore della rivolta popolare che porterà alla cacciata del re e all’inizio della repubblica.
3) Laudare è un infinito storico.
4) L’infinitiva è retta da un verbo sottinteso, del tipo "dicit".
5) Quin = perché non…?
6) E’ la città d’origine di Tarquinio, detto appunto "Collatino".
7) Penes = apud.
8) Sottinteso "sunt".
 
Traduzione
Trovandosi questi a bere (potantibus his, ablativo assoluto = bevendo questi) presso Sesto Tarquinio, dove cenava anche (et = etiam) Tarquinio Collatino, il discorso cadde per caso (forte = per caso) sulle mogli. Ciascuno lodava (non "lodò": l'infinito storico o descrittivo corrisponde in italiano ad un imperfetto, non ad un passato remoto) la propria in modo straordinario (lett.: plurale); quindi, infiammatasi la contesa, Collatino dice che non c’è bisogno di parole; in poche ore si può sapere questo, (cioè) di quanto la sua Lucrezia superi le altre. "Se è vero che siamo giovani e forti (lett.: se c’è vigore nella giovinezza), perché non montiamo a cavallo e andiamo a verificare di persona i comportamenti delle nostre (mogli)?" Si erano scaldati per il vino; spronati i cavalli, volano a Roma. Una volta giunti là, si dirigono a Collazia, dove trovano Lucrezia niente affatto come le nuore del re, che avevano visto passare il tempo nel banchetto e nel lusso con le loro amiche (lett.: le loro "pari", o "coetanee"; ma va bene anche il maschile), ma a tarda notte dedita a lavorare la lana (lett.: alla lana), seduta (lett.: sedente, che sedeva) fra le ancelle che vegliavano. La vittoria (lett.: la lode) della gara delle mogli (lett.: femminile) fu di Lucrezia. Il marito che giungeva e i Tarquini furono accolti benevolmente; il marito vincitore invita gentilmente i giovani reali (non "re"; sono i Tarquini, figli e i nipoti del re). Allora una malsana bramosia di stuprare Lucrezia con la forza invade Sesto Tarquinio: lo eccitano sia la bellezza sia (cum… tum = sia… sia) la provata castità.
 

Nessun commento:

Posta un commento