15) L’autore certamente aderisce al codice
cristiano, ma non può non sentire il fascino, il richiamo nostalgico del codice
pagano; di qui, sempre avvertite dai lettori,
·
quella freddezza dei personaggi positivi (Goffredo, Pier
l'eremita, Sofronia: ma Caretti lo contesta, sostenendo che essi non
costituiscono una finzione retorica, bensì rappresentano un momento
insopprimibile dell’ispirazione tassiana)
· e
quella simpatia per gli sconfitti (da Satana-Plutone, che,
nel famoso discorso ai diavoli in IV, 9-17, esalta il proprio valore di ribelle
contro, si badi bene, non il principio assoluto del bene, ma un altro modello
che non tollera il pluralismo e la dialettica; ad Argante e Solimano
che, in XIX, 8-10 e XX, 73, 104-107, affrontano impavidi la morte dimostrandosi
capaci di profonde riflessioni sull’insensatezza della vita, e perciò superiori
ai loro stessi vincitori; ai “compagni erranti”, tipo Rinaldo e Tancredi,
che si lasciano sedurre dall' "avventura" invece di corrispondere al
"servizio").
16) Insomma i cristiani sono il modello di
comportamento della Controriforma, che combatte contro il modello di
comportamento dell'età precedente, fatto di libertà, laicismo, ecc., ovvero
contro il mondo del Furioso (sorprendentemente, qui, rappresentato
dai pagani). Ed anche: la lotta del “capitano” contro i “compagni
erranti”, per ricondurli al giusto comportamento, rappresenta la lotta che
l’ortodossia cattolica deve combattere contro l’eresia.
17) Il confronto fra i proemi dei
due poemi consente di mettere a fuoco le differenze fin qui accennate:
· La proposizione
dell’argomento indica l’unicità dell’azione nella Liberata,
a fronte dei tre filoni prospettati nel Furioso;
·
Nella Liberata l’invocazione alla musa cristiana è solenne e
consapevole dell’alto valore morale dell’opera cui ci si accinge, a
fronte, nel Furioso, di una sorridente e leggera invocazione alla
propria donna perché lasci all’autore quel po’ di senno necessario per
compiere l’opera (che non vuole essere, dunque, di alto valore, se non
abbisogna di tutto il senno);
·
Nella Liberata c’è una dichiarazione di poetica che occupa
un’intera ottava, in cui si afferma il limite entro cui è legittimata
l’invenzione, ovvero il tradimento della verità storica; niente di
tutto questo si trova nel Furioso, a testimonianza di una disponibilità
assoluta alla narrazione, senza alcun vincolo (morale o regolistico),
se non il proprio senso della giusta misura;
·
Nella Liberata la dedica esprime con sincerità la riconoscenza
al signore che ha offerto un “porto” al “peregrino errante” (utilizzando,
appunto, espressioni – metafore che richiamano il mare in tempesta e il rischio
del naufragio – che ben riflettono la verità autobiografica dell’autore),
laddove nel Furioso la dedica sembra carica di ironia, sia
per la falsa modestia dell’autore quando si riferisce alla propria opera, sia,
al contrario, per l’eccessiva esaltazione del Cardinale, che certo non
corrisponde (lo sappiamo dalla Satire) al sincero pensiero dell’autore.
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