sabato 18 aprile 2015

Introduzione alla Gerusalemme liberata (III parte)


15)  L’autore certamente aderisce al codice cristiano, ma non può non sentire il fascino, il richiamo nostalgico del codice pagano; di qui, sempre avvertite dai lettori,

·         quella freddezza dei personaggi positivi (Goffredo, Pier l'eremita, Sofronia: ma Caretti lo contesta, sostenendo che essi non costituiscono una finzione retorica, bensì rappresentano un momento insopprimibile dell’ispirazione tassiana)

·         e quella simpatia per gli sconfitti (da Satana-Plutone, che, nel famoso discorso ai diavoli in IV, 9-17, esalta il proprio valore di ribelle contro, si badi bene, non il principio assoluto del bene, ma un altro modello che non tollera il pluralismo e la dialettica; ad Argante e Solimano che, in XIX, 8-10 e XX, 73, 104-107, affrontano impavidi la morte dimostrandosi capaci di profonde riflessioni sull’insensatezza della vita, e perciò superiori ai loro stessi vincitori; ai “compagni erranti”, tipo Rinaldo e Tancredi, che si lasciano sedurre dall' "avventura" invece di corrispondere al "servizio").

16)  Insomma i cristiani sono il modello di comportamento della Controriforma, che combatte contro il modello di comportamento dell'età precedente, fatto di libertà, laicismo, ecc., ovvero contro il mondo del Furioso  (sorprendentemente, qui, rappresentato dai pagani). Ed anche: la lotta del “capitano” contro i “compagni erranti”, per ricondurli al giusto comportamento, rappresenta la lotta che l’ortodossia cattolica deve combattere contro l’eresia.

17)  Il confronto fra i proemi dei due poemi consente di mettere a fuoco le differenze fin qui accennate:

·         La proposizione dell’argomento indica l’unicità dell’azione nella Liberata, a fronte dei tre filoni prospettati nel Furioso;

·         Nella Liberata l’invocazione alla musa cristiana è solenne e consapevole dell’alto valore morale dell’opera cui ci si accinge, a fronte, nel Furioso, di una sorridente e leggera invocazione alla propria donna perché lasci all’autore quel po’ di senno necessario per compiere l’opera (che non vuole essere, dunque, di alto valore, se non abbisogna di tutto il senno);

·         Nella Liberata c’è una dichiarazione di poetica che occupa un’intera ottava, in cui si afferma il limite entro cui è legittimata l’invenzione, ovvero il tradimento della verità storica; niente di tutto questo si trova nel Furioso, a testimonianza di una disponibilità assoluta alla narrazione, senza alcun vincolo (morale o regolistico), se non il proprio senso della giusta misura;

·         Nella Liberata la dedica esprime con sincerità la riconoscenza al signore che ha offerto un “porto” al “peregrino errante” (utilizzando, appunto, espressioni – metafore che richiamano il mare in tempesta e il rischio del naufragio – che ben riflettono la verità autobiografica dell’autore), laddove nel Furioso la dedica sembra carica di ironia, sia per la falsa modestia dell’autore quando si riferisce alla propria opera, sia, al contrario, per l’eccessiva esaltazione del Cardinale, che certo non corrisponde (lo sappiamo dalla Satire) al sincero pensiero dell’autore. 

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