Titolo XVI – Sulla imposizione della defensa e su chi
possa imporla
L’autorità del diritto delle
genti richiede, e la ragione naturale non aborre, che si permetta a chiunque la
difesa della propria persona. Poiché tuttavia spesso accade che la potenza dell’aggressore
sia talmente sovrastante che un oppresso, anche se ha il diritto di difendersi,
tuttavia, di fatto, non può farlo, con l’autorità della presente legge
concediamo a chiunque la facoltà di difendersi da un aggressore tramite
l’invocazione del nostro nome e di proibire allo stesso (aggressore), da parte
dell’imperatore, di proseguire nell’offesa. E ciò stabiliamo che valga non solo
nel suddetto caso, quando colui che impone la defensa teme per la propria
persona, ma anche quando qualcuno teme che gli sia fatta violenza nelle cose
che possiede, mobili o immobili, o sé-moventi e non materiali.
Titolo XVII – Sulla defensa imposta da (pubblici)
ufficiali
… e tuttavia di queste defense
imposte da magistrati camerarii, baiuli (giudici incaricati) e giudici
suddetti, o anche da privati, non giudichino loro stessi, ma il maestro
giustiziere e i nostri giudici.
Titolo XVIII – Della defensa imposta e violata e della
pena corrispondente
Se in futuro si proverà – con non
meno di tre testimoni degni di fede e al di sopra di ogni sospetto e con altre
legittime prove – che qualcuno, in disprezzo dell’invocazione del nostro nome
fatta a seguito della defensa impostagli da pubblici ufficiali o da privati
cittadini, sotto qualunque quantità (o forma), abbia commesso violenza nei
confronti delle cose o offesa nei confronti delle persone dalle quali (o a
favore delle quali) gli era stata imposta la proibizione (di persistere); anche
se nessuna cifra era stata indicata, qualora abbia agito con armi, sia punito
con la multa di un terzo dei suoi beni, cioè da parte nostra si imponga una
defensa semplice; se invece avrà agito senza armi, stabiliamo che il reo debba
essere condannato ad una multa pari ad un quarto dei suoi beni (….) Anche a
Giudei e Saraceni, e per loro ai nostri pubblici ufficiali, concediamo nei casi
suddetti la facoltà di imporre la defensa; perché non vogliamo che costoro, per
il fatto che sono Giudei o Saraceni, subiscano violenza pur essendo innocenti.
Titolo XXI – Della violenza fatta a meretrici
Quelle miserevoli donne, che per
il turpe mercato sono definite prostitute, godano del nostro beneficio,
acciocché nessuno le costringa controvoglia a soddisfare il proprio piacere.
Coloro che agiscono contro questo editto, rei confessi e condannati, saranno da
punire con la pena capitale (….)
Se alcuni accusati di tali
violenze, per le loro confessioni (che per rimorso di coscienza facciano
pubblicamente) o grazie a testimoni, che abbiano scoperto gli accusati
nell’atto stesso di commettere violenza sessuale (cosa che tuttavia raramente
può capitare), saranno stati giudicati colpevoli, siano sottoposti alla pena
capitale (per direttissima), anche senza consultarci.
Titolo XXIII – Se qualcuno non abbia prestato aiuto ad
una donna che grida perché subisce violenza
Vogliamo che chiunque abbia udito
gridare una donna, a cui sia fatta violenza, sia veloce a correre e a
soccorrerla. Se non lo farà, il nostro tribunale gli imporrà una multa di
quattro augustali, come pena per la sua dannosa inerzia. E nessuno per evitare
la pena potrà fingere di non avere udito le grida, nessuno che si sia trovato
sotto lo stesso tetto o in luogo da cui abbia potuto udire la voce, a meno che
non si dimostri che è sordo o, senza inganno, zoppo o altrimenti deficiente o
che dormiva nello stesso momento delle grida.
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