sabato 18 aprile 2015

Introduzione alla Gerusalemme liberata (I parte)


1)      Se si passa alla Liberata e si intende mostrarne le differenze rispetto al Furioso, non si può prescindere da una introduzione sulle mutate condizioni storiche e culturali che caratterizzano il 2° Cinquecento.

2)      Si parla non a caso di “età della controriforma” o “del manierismo”, facendo riferimento, come dicono le parole stesse, nel primo caso ad un evento quanto mai significativo della storia religiosa, e quindi culturale (la cosiddetta controriforma o riforma cattolica); nel secondo caso, ad un tipo di arte (detta appunto manieristica), che si differenzia dall’arte classica del Rinascimento e prelude all’arte barocca.

3)      Spiego di che si tratta. In particolare, per quanto riguarda la controriforma, faccio capire che questo implica un ritorno forte del motivo religioso,

·         sia all’interno delle coscienze, come autentica ansia morale, sincero tormento per il peccato,

·         sia all’esterno, come presenza costante, e minacciosa, della Chiesa che controlla comportamenti e pensieri in odore di eresia; e particolarmente controllati sono gli intellettuali, i produttori di cultura, i quali dunque non operano più  in piena libertà (o con il solo vincolo di dare lustro al signore e alla corte che li ospita), ma con la paura di essere inquisiti e condannati per eresia. Significativamente, il secolo si chiude con la condanna al rogo di Giordano Bruno (17 febbraio del 1600).

4)      Quanto al manierismo, sollecito la collaborazione della collega di Storia dell’arte. Per conto mio, cerco di fare capire, mostrando opere come la Deposizione di Volterra di Rosso Fiorentino (1521) e la Madonna dal collo lungo del Parmigianino (1535), come, dietro quella definizione spregiativa, si manifesti una sensibilità nuova, insoddisfatta del classicismo rinascimentale, tesa alla ricerca di nuove forme, nuovi modi, nuovi effetti. Si tratta di autori che conoscono a menadito le regole della composizione classica, ma accentuano (forzano) quelle regole, ne fanno un uso virtuosistico, giungendo alla rottura dell’idea rinascimentale di armonia

·         ottenuta nella Deposizione tramite

1 rosso fiorentino deposizione dalla croce

a)      l’audace accostamento di colori vivi e stridenti, ben diverso dall’armonioso accordo caro al classicismo;

b)      forzando fino all’inverosimile le pose dei personaggi (le figure sono tutte in torsione e in posizione precaria; il corpo del Cristo tende a non avere né peso né sostanza);

c)      dissolvendo la struttura rinascimentale dello spazio, ovvero quell’armonia realizzata attraverso una equilibrata connessione delle parti (la scena si svolge in uno spazio astratto, geometrico, spezzato in angolature taglienti e “cubiste”; il corpo del Cristo non è al centro della composizione e tutti i personaggi, tranne uno, guardano in altre direzioni);

·         nella Madonna dal collo lungo



a)      tramite la particolare costruzione e disposizione del corpo della Vergine (è innaturalmente allungato);

b)      una squilibrata collocazione delle figure nello spazio (si affollano su un lato, si riducono ad un’unica figura sull’altro lato);

c)      l’utilizzo di un esagerato effetto prospettico (la figura del profeta è così ridotta da non raggiungere nemmeno le ginocchia della Vergine).

5)      Se solo seguiamo la tormentata biografia di Tasso, vediamo come i suddetti elementi incidano in maniera significativa. L’atmosfera della controriforma è particolarmente pesante a Ferrara, dove fino a poco tempo prima oggetto di esami e processi da parte del tribunale del’Inquisizione era stato il cosiddetto circolo di Renata di Francia (la madre del duca Alfonso II), entro cui circolavano idee protestanti, e quindi da perseguirsi come eretiche. Non c’è dubbio che questa atmosfera si riversi come un’ossessione su Tasso, il quale per tutta la vita è tormentato da dubbi morali, chiede lui stesso di essere esaminato dall’Inquisizione, rivede e corregge il poema, toglie e aggiunge, al fine di produrre un’opera che non contenga ambiguità dottrinali, che sia riconosciuta come perfettamente ortodossa.

6)      Ma l’ossessione dell’ortodossia lo perseguita non solo sul piano delle regole religiose, ma anche su quello delle regole artistiche. Come c’è un’ortodossia religiosa, c’è un’ortodossia poetica da seguire, ed è quella indicata dalla Poetica di Aristotele per il poema epico (la pubblicazione della nuova traduzione del padovano Francesco Robortello, aveva acceso le discussioni su quel testo). A differenza di Ariosto, che compone liberamente, seguendo la propria fantasia e il proprio senso interiore della giusta misura (dell’armonia), Tasso vuole comporre un poema che non deroghi dalle regole aristoteliche, relative alle unità di tempo, di luogo, di azione, di protagonista.

7)      I lunghi e dettagliati Discorsi dell'Arte poetica  (laddove non abbiamo documenti di poetica ariostesca) testimoniano di una personalità (quella di Tasso) sottoposta a impulsi contrastanti: per cui, la ricerca di unità non è l'ossequio ad una astratta regola aristotelica, ma il bisogno autentico di chi tale unità vuole trovare prima di tutto nella propria coscienza (lacerata fra anelito religioso e oblio sensuale, verità storica e invenzione, ecc.). Unità (etica ed estetica) che invece, come bene osserva Caretti, esisteva a priori in Dante (teocentrica, verticale) o in Ariosto (antropocentrica, orizzontale, aperta).

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