1) Se si passa alla Liberata
e si intende mostrarne le differenze rispetto al Furioso, non si può
prescindere da una introduzione sulle mutate condizioni storiche e culturali
che caratterizzano il 2° Cinquecento.
2) Si parla non a caso
di “età della controriforma” o “del manierismo”,
facendo riferimento, come dicono le parole stesse, nel primo caso ad un evento
quanto mai significativo della storia religiosa, e quindi culturale (la
cosiddetta controriforma o riforma cattolica); nel secondo caso, ad un tipo di
arte (detta appunto manieristica), che si differenzia dall’arte classica del
Rinascimento e prelude all’arte barocca.
3) Spiego di che si
tratta. In particolare, per quanto riguarda la controriforma, faccio capire che
questo implica un ritorno forte del motivo religioso,
· sia
all’interno delle coscienze, come autentica ansia morale, sincero
tormento per il peccato,
· sia
all’esterno, come presenza costante, e minacciosa, della Chiesa che
controlla comportamenti e pensieri in odore di eresia; e
particolarmente controllati sono gli intellettuali, i produttori di cultura, i
quali dunque non operano più in piena libertà (o con il solo vincolo di
dare lustro al signore e alla corte che li ospita), ma con la paura di essere
inquisiti e condannati per eresia. Significativamente, il secolo si chiude con la
condanna al rogo di Giordano Bruno (17 febbraio del 1600).
4) Quanto al manierismo,
sollecito la collaborazione della collega di Storia dell’arte. Per conto mio,
cerco di fare capire, mostrando opere come la Deposizione di
Volterra di Rosso Fiorentino (1521) e la Madonna dal collo
lungo del Parmigianino (1535), come, dietro quella
definizione spregiativa, si manifesti una sensibilità nuova, insoddisfatta del
classicismo rinascimentale, tesa alla ricerca di nuove forme, nuovi modi, nuovi
effetti. Si tratta di autori che conoscono a menadito le regole della
composizione classica, ma accentuano (forzano) quelle regole, ne fanno un
uso virtuosistico, giungendo alla rottura dell’idea rinascimentale di armonia
·
ottenuta nella Deposizione tramite
a) l’audace accostamento
di colori vivi e stridenti, ben diverso dall’armonioso accordo caro al
classicismo;
b) forzando fino all’inverosimile
le pose dei personaggi (le figure sono tutte in torsione e in posizione
precaria; il corpo del Cristo tende a non avere né peso né sostanza);
c) dissolvendo la
struttura rinascimentale dello spazio, ovvero quell’armonia realizzata
attraverso una equilibrata connessione delle parti (la scena si svolge in uno
spazio astratto, geometrico, spezzato in angolature taglienti e “cubiste”; il
corpo del Cristo non è al centro della composizione e tutti i personaggi,
tranne uno, guardano in altre direzioni);
·
nella Madonna dal collo lungo
a) tramite la
particolare costruzione e disposizione del corpo della Vergine (è
innaturalmente allungato);
b) una squilibrata
collocazione delle figure nello spazio (si affollano su un lato, si
riducono ad un’unica figura sull’altro lato);
c) l’utilizzo di un esagerato
effetto prospettico (la figura del profeta è così ridotta da non
raggiungere nemmeno le ginocchia della Vergine).
5) Se solo seguiamo la
tormentata biografia di Tasso, vediamo come i suddetti elementi incidano in
maniera significativa. L’atmosfera della controriforma è particolarmente
pesante a Ferrara, dove fino a poco tempo prima oggetto di esami e processi da
parte del tribunale del’Inquisizione era stato il cosiddetto circolo di
Renata di Francia (la madre del duca Alfonso II), entro cui circolavano
idee protestanti, e quindi da perseguirsi come eretiche. Non c’è dubbio che
questa atmosfera si riversi come un’ossessione su Tasso, il quale per tutta la
vita è tormentato da dubbi morali, chiede lui stesso di essere esaminato
dall’Inquisizione, rivede e corregge il poema, toglie e aggiunge, al
fine di produrre un’opera che non contenga ambiguità dottrinali, che sia
riconosciuta come perfettamente ortodossa.
6) Ma l’ossessione
dell’ortodossia lo perseguita non solo sul piano delle regole religiose, ma
anche su quello delle regole artistiche. Come c’è un’ortodossia
religiosa, c’è un’ortodossia poetica da seguire, ed è quella indicata
dalla Poetica di Aristotele per il poema epico (la pubblicazione della nuova
traduzione del padovano Francesco Robortello, aveva acceso le discussioni
su quel testo). A differenza di Ariosto, che compone liberamente, seguendo la
propria fantasia e il proprio senso interiore della giusta misura
(dell’armonia), Tasso vuole comporre un poema che non deroghi dalle
regole aristoteliche, relative alle unità di tempo, di luogo, di azione, di
protagonista.
7) I lunghi e
dettagliati Discorsi dell'Arte poetica (laddove non abbiamo
documenti di poetica ariostesca) testimoniano di una personalità (quella di
Tasso) sottoposta a impulsi contrastanti: per cui, la ricerca di unità non è
l'ossequio ad una astratta regola aristotelica, ma il bisogno autentico di chi
tale unità vuole trovare prima di tutto nella propria coscienza (lacerata fra anelito
religioso e oblio sensuale, verità storica e invenzione, ecc.). Unità
(etica ed estetica) che invece, come bene osserva Caretti, esisteva a priori in
Dante (teocentrica, verticale) o in Ariosto (antropocentrica,
orizzontale, aperta).
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