8) Ed ecco la Liberata
· in 20
canti (poi in 24 nella Conquistata, che è la misura del modello
omerico) laddove erano 46 nel Furioso;
· con alla
base un evento storico (la prima crociata, 1096-1099, guidata da
Goffredo di Buglione), laddove le vicende del Furioso poco hanno a che
fare con la storia (è storico Carlo Magno, ma non sono storiche le vicende
attribuitegli, non esiste, ad esempio, una battaglia di Parigi);
· con unità
di tempo (gli ultimi mesi dell’assedio fino alla conquista) e di
luogo (Gerusalemme), laddove tempi e luoghi del Furioso sono
indefinibili (le vicende sono fuori del tempo e i luoghi variano, dal reale
all’immaginario, dalla terra alla Luna);
· con unità
di azione e unicità del protagonista (assedio e conquista di
Gerusalemme, sotto il comando di Goffredo; le digressioni, ovvero le avventure
di Rinaldo e Tancredi, sono devianze che si esauriscono con il rientro
nell’azione centrale), laddove nel Furioso le azioni sono molteplici (o
comunque riconducibili a tre grandi filoni) e non esiste, malgrado il titolo,
un solo protagonista (Rinaldo e Ruggero stanno alla pari con Orlando).
9) E dunque si tratta di
un’”opera chiusa” (ben delimitata nell’inizio – Dio, tramite
l’arcangelo Gabriele, affida a Goffredo il comando supremo perché porti a
termine l’impresa – e nella conclusione – Goffredo scioglie il voto
inginocchiandosi davanti al santo sepolcro) laddove il Furioso era un’”opera
aperta” (non c’è un vero inizio, visto che, agganciandosi all’Innamorato,
riprende una storia già iniziata; e non c’è una vera conclusione, visto che
l’ultimo episodio – il duello fra Ruggero e Rodomonte – è solo un episodio come
tanti, non ha valore risolutivo, si potrebbe continuare con altri canti e altri
episodi).
10) Ma diverso è anche, rispetto al Furioso,
il senso dell’essere cavalieri:
· in
Ariosto l’avventura era intesa come libera espressione della realizzazione
individuale, ed era fondata sui valori dell’onore e della virtù
(in questo comune codice si riconoscono Rinaldo e Ferraù nel I canto del Furioso,
così come Orlando ed Agricane nell’Innamorato: interrompono il
duello per la notte e, prima di addormentarsi l’uno accanto all’altro,
discutono appunto di onore e virtù; Orlando guarda il cielo stellato e riflette
sulla potenza del creatore, Agricane dice: io sono ignorante, ma sono guerriero
valoroso);
· in
Tasso invece l’avventura è devianza (deviante è l’individualismo,
e dunque “compagni erranti” sono Rinaldo e Tancredi), il cavaliere deve
compiere una missione religiosa (e collettiva), in nome della
quale deve rinunciare alla libera autodeterminazione ed assoggettare la
sua volontà a quella del capitano (che è poi la volontà di Dio).
11) E opposta a quella volontà, che
rappresenta il bene, non c’è una religione diversa, ma altrettanto degna: c’è
la volontà del male, con cui non ci può essere niente in comune. Che di
questo si tratti (cioè di una lotta fra il bene e il male, e non di una contesa
fra due diverse religioni) è dimostrato dal fatto che nella guerra parallela
che coinvolge la divinità, l’avversario di Dio non è Maometto, ma Satana
stesso.
12) Tutto ciò è sintetizzato nella prima
ottava, dove si contrappongono
·
Cielo e Inferno
· Le
“armi pietose” (unite sotto il comando del “capitano”) e il “popol misto”
(privo di unità, vario e multiforme, come si addice al male)
· Il
“capitano” e i “compagni erranti”
13) Dunque sono in campo due codici diversi,
e se è naturale che il codice cristiano corrisponda alla cultura della
controriforma, la scoperta sorprendente è che il codice pagano rimandi a valori
e ideali propri del Rinascimento:
· si
veda come la pagana Clorinda - in II, 51, quando chiede ad
Aladino la liberazione di Olindo e Sofronia – faccia appello alla virtù delle
armi come unica in cui si deve confidare (e non nelle magie di Ismeno),
·
mentre Goffredo – in I, 26, quando si rivolge all’esercito per
sollecitarlo all’ultima impresa – sostiene che le grandi imprese (le vittorie
che i cristiani hanno finora ottenuto) sono soprattutto “del Cielo dono”.
14) Si diceva di un Tasso che persegue l’unità
proprio perché la sua coscienza è autenticamente lacerata, sottoposta ad
impulsi contrastanti. Questa lacerazione è all’origine del cosiddetto “bifrontismo
spirituale” o “doppio codice” della Liberata. In altre parole,
la guerra fra cristiani e musulmani diventa metafora di un conflitto tutto
interiore alla coscienza dell’autore, ed è un conflitto fra due codici
ideologici di comportamento:
·
quello del male (di cui sono campioni i pagani) è riconducibile ad un umanesimo
laico, pluralista, libertario proprio del
Rinascimento;
·
mentre quello del bene (di cui sono campioni i cristiani) è riconducibile alla
cultura oppressiva della controriforma, dunque è intollerante,
universalista (imperialista), autoritario.
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