sabato 18 aprile 2015

Introduzione alla Gerusalemme liberata (II parte)


8)      Ed ecco la Liberata

·         in 20 canti (poi in 24 nella Conquistata, che è la misura del modello omerico) laddove erano 46 nel Furioso;

·         con alla base un evento storico (la prima crociata, 1096-1099, guidata da Goffredo di Buglione), laddove le vicende del Furioso poco hanno a che fare con la storia (è storico Carlo Magno, ma non sono storiche le vicende attribuitegli, non esiste, ad esempio, una battaglia di Parigi);

·         con unità di tempo (gli ultimi mesi dell’assedio fino alla conquista) e di luogo (Gerusalemme), laddove tempi e luoghi del Furioso sono indefinibili (le vicende sono fuori del tempo e i luoghi variano, dal reale all’immaginario, dalla terra alla Luna);

·         con unità di azione e unicità del protagonista (assedio e conquista di Gerusalemme, sotto il comando di Goffredo; le digressioni, ovvero le avventure di Rinaldo e Tancredi, sono devianze che si esauriscono con il rientro nell’azione centrale), laddove nel Furioso le azioni sono molteplici (o comunque riconducibili a tre grandi filoni) e non esiste, malgrado il titolo, un solo protagonista (Rinaldo e Ruggero stanno alla pari con Orlando).

9)      E dunque si tratta di un’”opera chiusa” (ben delimitata nell’inizio – Dio, tramite l’arcangelo Gabriele, affida a Goffredo il comando supremo perché porti a termine l’impresa – e nella conclusione – Goffredo scioglie il voto inginocchiandosi davanti al santo sepolcro) laddove il Furioso era un’”opera aperta” (non c’è un vero inizio, visto che, agganciandosi all’Innamorato, riprende una storia già iniziata; e non c’è una vera conclusione, visto che l’ultimo episodio – il duello fra Ruggero e Rodomonte – è solo un episodio come tanti, non ha valore risolutivo, si potrebbe continuare con altri canti e altri episodi).

10)  Ma diverso è anche, rispetto al Furioso, il senso dell’essere cavalieri:

·         in Ariosto l’avventura era intesa come libera espressione della realizzazione individuale, ed era fondata sui valori dell’onore e della virtù (in questo comune codice si riconoscono Rinaldo e Ferraù nel I canto del Furioso, così come Orlando ed Agricane nell’Innamorato: interrompono il duello per la notte e, prima di addormentarsi l’uno accanto all’altro, discutono appunto di onore e virtù; Orlando guarda il cielo stellato e riflette sulla potenza del creatore, Agricane dice: io sono ignorante, ma sono guerriero valoroso);

·         in Tasso invece l’avventura è devianza (deviante è l’individualismo, e dunque “compagni erranti” sono Rinaldo e Tancredi), il cavaliere deve compiere una missione religiosa (e collettiva), in nome della quale deve rinunciare alla libera autodeterminazione ed assoggettare la sua volontà a quella del capitano (che è poi la volontà di Dio).

11)  E opposta a quella volontà, che rappresenta il bene, non c’è una religione diversa, ma altrettanto degna: c’è la volontà del male, con cui non ci può essere niente in comune. Che di questo si tratti (cioè di una lotta fra il bene e il male, e non di una contesa fra due diverse religioni) è dimostrato dal fatto che nella guerra parallela che coinvolge la divinità, l’avversario di Dio non è Maometto, ma Satana stesso.

12)  Tutto ciò è sintetizzato nella prima ottava, dove si contrappongono

·         Cielo e Inferno

·         Le “armi pietose” (unite sotto il comando del “capitano”) e il “popol misto” (privo di unità, vario e multiforme, come si addice al male)

·         Il “capitano” e i “compagni erranti”

13)  Dunque sono in campo due codici diversi, e se è naturale che il codice cristiano corrisponda alla cultura della controriforma, la scoperta sorprendente è che il codice pagano rimandi a valori e ideali propri del Rinascimento:

·         si veda come la pagana Clorinda - in II, 51, quando chiede ad Aladino la liberazione di Olindo e Sofronia – faccia appello alla virtù delle armi come unica in cui si deve confidare (e non nelle magie di Ismeno),

·         mentre Goffredo – in I, 26, quando si rivolge all’esercito per sollecitarlo all’ultima impresa – sostiene che le grandi imprese (le vittorie che i cristiani hanno finora ottenuto) sono soprattutto “del Cielo dono”.

14)  Si diceva di un Tasso che persegue l’unità proprio perché la sua coscienza è autenticamente lacerata, sottoposta ad impulsi contrastanti. Questa lacerazione è all’origine del cosiddetto “bifrontismo spirituale” o “doppio codice” della Liberata. In altre parole, la guerra fra cristiani e musulmani diventa metafora di un conflitto tutto interiore alla coscienza dell’autore, ed è un conflitto fra due codici ideologici di comportamento:

·         quello del male (di cui sono campioni i pagani) è riconducibile ad un umanesimo laico, pluralista, libertario proprio del Rinascimento;

·         mentre quello del bene (di cui sono campioni i cristiani) è riconducibile alla cultura oppressiva della controriforma, dunque è intollerante, universalista (imperialista), autoritario.

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