giovedì 14 maggio 2015

Traduzione da Seneca (De brevitate vitae, I, 1-3)

La vita spesso viene sprecata
 
Maior pars mortalium de naturae malignitate conqueritur, quod haec dati nobis temporis spatia tam velociter, tam rapide decurrant (1), adeo ut, exceptis admodum paucis, ceteros in ipso vitae apparatu vita destituat. Nec huic publico malo (2) turba tantum et inprudens vulgus ingemuit: clarorum quoque virorum hic adfectus querellas evocavit. Aristoteles quoque de natura queritur, cum scribit illam animalibus tantum indulsisse ut quina aut dena saecula educerent (3), homini, in tam multa ac magna genito, tanto citeriorem terminum stare. Non exiguum temporis habemus, sed multum perdimus. Satis longa vita et in maximarum rerum consummationem large data est, si tota bene collocaretur; sed ubi per luxum ac neglegentiam diffluit, ubi nulli bonae rei inpenditur, ultima demum necessitate cogente (4), quam (5) ire non intelleximus, eam transisse sentimus.
 
Seneca, De brevitate vitae (I, 1-3)
 
NOTE
 
1)  Congiuntivo obliquo.
2) Huic publico malo è dativo retto da ingemuit.
3) Educerent = Prolungano la vita, vivono.
4) E' un ablativo assoluto. Bisogna capire il significato e rendere in un buon italiano.
5) Prolessi del relativo (anticipa “eam”, che, a sua volta, sottintende “vitam”).
Traduzione
 
 
La maggior parte degli uomini (lett.: dei mortali) si lamenta della malignità della natura, poiché questo periodo (haec spatia, letteralmente è plurale) di tempo concesso a noi scorre tanto velocemente, tanto rapidamente che, eccettuati pochissimi (uomini), tutti gli altri la vita li abbandona (cioè, muoiono) proprio mentre si preparano alla vita (lett.: in mezzo allo stesso preparativo di vita). E di questo male collettivo non si è lagnata soltanto la massa e la gente ignorante: questo sentimento ha suscitato le lamentele anche di uomini illustri. Anche Aristotele si lamenta della natura, quando scrive che è stata generosa con gli animali tanto che (questi) prolungano la vita per cinque o dieci generazioni (quina aut dena saecula è accusativo di tempo continuato; e saeculum, con un po' di buon senso, significherà "generazione", non "secolo"), (invece) per l’uomo, generato per (in più accusativo esprime un complemento di fine)  tante e tanto grandi imprese (multa ac magna sono aggettivi all’accusativo neutro plurale), il termine (della vita) è tanto più vicino. Non abbiamo poco tempo, ma molto (ne) perdiamo. La vita è abbastanza lunga e (ci) è stata generosamente concessa per la realizzazione (in consummationem è, come sopra, complemento di fine) di altissimi compiti (lett.: di grandissime cose), se fosse tutta bene impiegata; ma quando scivola via in mezzo al lusso e all’indifferenza, quando non viene impegnata per nessuna nobile impresa (lett.: per nessuna buona cosa), alla fine, sotto l'incalzare della morte (lett.: costringendoci infine l’ultima necessità), sentiamo che è passata quella vita che non abbiamo capito che stava passando.
 

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