giovedì 21 maggio 2015

Risposte ai quesiti di Latino (classe V)


48) All’inizio del suo poema, Lucrezio ricorda il sacrificio di Ifigenia. Di che cosa si tratta e che cosa vuole dimostrare il poeta con quell’episodio? (max. 10 righe)

 

Secondo il mito, Ifigenia, figlia primogenita di Agamennone (il comandante della spedizione greca contro Troia), venne sacrificata agli dei perché questi concedessero un viaggio felice alla flotta in partenza. Lucrezio vuole dimostrare a Memmio (a cui sta dedicando il De rerum natura) che non è empia la filosofia epicurea, ma piuttosto lo è la religione, che prevede fra i suoi riti un’infamia come il sacrificio umano.

 

49) "Hominem pagina nostra sapit": chi dice così e che cosa vuol dire? (max 5 righe)

 

E’ Marziale che dice "la nostra pagina ha sapore di uomo". Vuol dire che la sua poesia, per quanto possa  sembrare oscena o comunque possa essere disprezzata come poesia di genere inferiore, tuttavia parla dell’uomo reale, con i suoi vizi e le sue bassezze; la sua poesia "ha sapore di uomo", perché l’uomo reale è quello rappresentato nei suoi epigrammi, non quello idealizzato dai grandi poeti.

 

50) Più volte, nella sua opera, Cicerone dimostra disprezzo per l’epicureismo. Come ce lo spieghiamo? (max. 7 righe)

 

Per Cicerone, che è un conservatore e tradizionalista, la devozione religiosa e la partecipazione alla vita politica sono il fondamento della convivenza civile in generale, e della società romana in particolare. Pertanto la filosofia epicurea gli appare negativa sia per il suo materialismo che nega l'intervento degli dei nelle vicende terrene, sia perché, professando il principio del "vivi nascosto", predica l'astensione dalla vita politica. 

 

51) "Ti prego, padre ottimo e santissimo, dal momento che questa è la vita, come sento dire dall’Africano, perché indugio sulla  terra? Perché non mi affretto a venire qui da voi?". E’ Scipione l’Emiliano che si esprime così nel Somnium   Scipionis. Dopo  aver brevemente spiegato qual è il senso della domanda che pone e a chi è rivolta, dite qual è il senso della  risposta che ottiene. (max 10 righe)

 

L'Emiliano si rivolge al padre Emilio Paolo e gli chiede se non sia giusto e doveroso il suicidio, visto che così l'anima potrebbe liberarsi dalla prigione del corpo e tornare alla sua vera sede, che è in cielo. Emilio Paolo gli risponde che il suicidio non è lecito, perché agli uomini è stato assegnato da dio il dovere morale di governare la terra e solo quel dio, non l'uomo,  può decidere quando sia giunto per l'anima il momento di uscire dal corpo.

 

52) Che rapporto c’è fra il De re publica e il Somnium Scipionis e come ci spieghiamo il fatto che quest’ultimo si sia conservato integro attraverso il medioevo? (max. 7 righe)

 

Il Somnium Scipionis è l’ultimo libro del De re publica, un trattato di filosofia politica in sei libri: ed infatti, dopo aver definito lo Stato ideale nei cinque libri precedenti, nel Somnium si parla della ricompensa ultraterrena che spetta a chi ha ben operato per il bene dello Stato. Quest’ultimo libro, a differenza del resto dell’opera, si è conservato integro attraverso il medioevo perché trattava di un argomento (l’immortalità dell’anima) particolarmente caro alla mentalità cristiana.

 

53) "Quaeso, pater sanctissime atque optume, quoniam haec est vita, ut Africanum audio dicere, quid moror in terris? quin huc ad vos venire propero?"  Dopo aver tradotto e appropriatamente contestualizzato nel Somnium Scipionis la suddetta domanda, dite qual è il senso della risposta che ottiene. (max 10 righe)

 

“Ti prego, padre ottimo e santissimo, poiché questa è la vita, come sento dire dall’Africano, perché indugio in terra? Perché non mi affretto a venire qui da voi?”. Questa domanda viene posta da Scipione Emiliano al proprio padre Lucio Emilio Paolo, dopo che Scipione l’Africano gli ha detto che la vera vita non è quella sulla terra, ma quella in cielo, dopo la morte. Si tratta, dunque, di una domanda sulla liceità del suicidio, e Paolo risponde che il suicidio non è lecito, perché gli uomini non possono venir meno al compito affidato loro dal dio supremo, ovvero al compito di governare la terra.

 

 54) Confrontate brevemente il pensiero sul suicidio espresso nel Somnium Scipionis con quello stoico e con quello cristiano. (max. 7 righe)

 

Per la ragione suddetta, il suicidio non è ammesso nel Somnium Scipionis. Allo stesso modo la religione cristiana ritiene assolutamente inaccettabile il suicidio, in quanto solo Dio può dare e togliere la vita. Al contrario, la filosofia stoica approva il suicidio (anzi, la ritiene una scelta necessaria) quando le condizioni esterne (e cioè, politiche) non consentono di vivere in armonia con il “logos” universale.

 

55) Facendo riferimento ai versi che abbiamo letto, dite quali argomenti usa Lucrezio per dimostrare che non bisogna avere paura della morte

 

Lucrezio sostiene che l’anima, essendo composta di atomi, è mortale come il corpo. Quindi, al momento della morte, niente di noi sopravvive: gli atomi, che componevano la nostra individualità, tornano a vagare come prima che nascessimo. E dunque, come non abbiamo sentito alcun dolore quando i cartaginesi, al tempo della 2ª guerra punica, portarono morte e distruzione in Italia, poiché non eravamo ancora nati, così niente potrà darci dolore quando saremo morti, poiché non ci saremo. E se anche un domani gli atomi che adesso compongono la nostra individualità dovessero riaggregarsi allo stesso modo, quell’individuo sarebbe un’altra persona senza alcuna memoria di una vita passata; e dunque ciò che eventualmente gli capitasse non ci riguarderebbe affatto.

 

56) Traducete il seguente passo  e, in particolare, spiegate il senso dei due versifinali (che vogliono dire? In che cosa consiste la “culpa” di cui si parla?): Quod <si> iam rerum ignorem primordia quae sint, / hoc tamen ex ispsis caeli rationibus ausim / confirmare aliisque ex rebus reddere multis, / nequaquam nobis divinitus esse paratam / naturam rerum: tanta stat praedita culpa.”

 

“E se anche ignorassi quali sono i principi delle cose, tuttavia oserei affermare in base alla stessa osservazione razionale delle cose celesti (del cielo)  e (oserei) sostenere in base a molti altri fatti questa verità, (cioè) che la natura non è stata affatto creata per noi da una provvidenza divina: di così grande colpa (difetto, imperfezione) essa è dotata”. Lucrezio vuol dire che non c’è un ordinamento provvidenziale della natura a favore dell’uomo: basta guardare la realtà del mondo in cui viviamo per accorgersi che, al contrario, la natura è imperfetta, difettosa, rispetto ai bisogni della vita umana, essa è ostile all’uomo: lo dimostra il fatto che i luoghi vivibili per l’uomo sono pochi (essendo il mondo, in gran parte, occupato dalle acque, dalle foreste, da zone troppo fredde o troppo calde), che anche in quei pochi, per sopravvivere, bisogna lavorare con fatica e sfidando le avversità del clima; e infine, che l’uomo è sfavorito anche rispetto agli animali, a differenza dei quali nasce nudo, piangente e bisognoso di ogni aiuto.

 

 

 

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