giovedì 7 maggio 2015

Traduzione da Cicerone (De officiis, II, 25)

Non bisogna sempre mantenere le promesse fatte
 
Illa promissa servanda non sunt, quae non sunt iis ipsis utilia, quibus illa promiseris. Sol Phaetonti (1) filio, ut redeamus ad fabulas (2), facturum se esse dixit quicquid optasset. Optavit ut in currum patris tolleretur; sublatus est. Atque is, antequam constitit, ictu fulminis deflagravit. Quanto melius fuerat in hoc promissum patris non esse servatum! Quid? (3) Nonne Agamemnon (4), cum devovisset Dianae quod in suo regno pulcherrimum natum esset illo anno, immolavit Iphigeniam, qua nihil erat eo quidem anno natum pulchrius? Promissum potius non faciendum quam tam taetrum facinus admittendum fuit.
Ergo et promissa non facienda non numquam neque semper deposita reddenda (sunt). Si gladium quis apud te sana mente deposuerit, repetat (5) insaniens, reddere peccatum sit, officium non reddere. Quid? Si is, qui apud te pecuniam deposuerit, bellum inferat patriae, reddasne depositum? Non credo: facies enim contra rem publicam, quae debet esse carissima.
 
Cicerone, De officiis (II, 25)
 
 NOTE
 
1) Fetonte era il figlio del Sole e aveva chiesto al padre di lasciargli guidare il suo carro (il carro del sole, cioè quello che, secondo la mitologia, il Sole guida ogni giorno nel cielo). Ma naturalmente non ne era capace e per punizione fu fulminato da Giove.
2) La “favola” è appunto il mito che sta raccontando.
3) “E che?”. E’ un modo di continuare il discorso attraverso una domanda retorica che equivale a: “C’è bisogno di aggiungere altro?”.
4) Quello che si cita ora è un altro mito: Agamennone, comandante della spedizione greca contro Troia, aveva sacrificato la figlia Ifigenia perché la flotta in partenza potesse avere un viaggio sicuro.
5)  E’, come il precedente deposuerit a cui è coordinato, protasi di un periodo ipotetico del secondo tipo.
 

Traduzione

 
Non devono essere mantenute quelle promesse che non sono utili a quegli stessi ai quali le hai fatte (promiseris è un perfetto congiuntivo, con valore eventuale, che traduco con l’indicativo). Il sole, per tornare alle favole, disse al figlio Fetonte che avrebbe fatto qualsiasi cosa (il figlio) avesse desiderato. Espresse il desiderio di essere fatto salire sul carro del padre; fu fatto salire. Ed egli, prima che si fermasse (si intende, nel giro sul carro), fu fulminato (lett.: bruciò per un colpo di fulmine). Quanto meglio sarebbe stato in questo caso (in hoc) che la promessa del padre non fosse mantenuta! E che? Non è forse vero che Agamennone, poiché aveva offerto in voto a Diana ciò che di più bello fosse nato nel suo regno in quell’anno, sacrificò Ifigenia, della quale (secondo termine di paragone, reso con l’ablativo) davvero niente di più bello era nato in quell’anno? Non si sarebbe dovuta fare la promessa piuttosto che commettere un delitto tanto orribile.
Dunque sia talvolta le promesse non devono essere fatte sia non sempre i depositi devono essere restituiti. Se qualcuno, nel pieno possesso delle sue capacità mentali (sana mente), avesse depositato presso di te una spada, ( e poi) impazzito te la richiedesse, sarebbe una colpa restituirgliela, un dovere non restituirgliela. E che? Se colui che ha depositato (deposuerit è perfetto congiuntivo con valore eventuale) presso di te del denaro portasse guerra alla patria, gli restituiresti il deposito? Non credo: agiresti (lett.: agirai) infatti contro lo Stato, che deve essere amatissimo.
 

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