domenica 31 maggio 2015

L'elegia, dalla Grecia a Roma


L’elegia

L’elegia è un componimento in distici, detti appunto “elegiaci”, composti da un esametro e un pentametro. L’etimologia è incerta (forse da “eleghos”, canto di lamento funebre). Di fatto le tematiche sono varie e poco hanno a che fare con la morte. Già dalla fase più arcaica si distinguono:

1)        l’elegia guerresca, di Callino e Tirteo (VII sec.), che esorta alla battaglia, all’esercizio dell’aretè;

2)        l’elegia politica di Solone (VII-VI sec.);

3)        l’elegia gnomica (o sentenziosa) di Teognide (VI-V sec.), che esalta i valori morali, che si vanno perdendo, del mondo aristocratico.

4)        l’elegia erotica (o amorosa) di Mimnermo (VII-VI sec.), che canta l’amore e la giovinezza che fugge.

Nell’età ellenistica c’è una ripresa del genere, che però si caratterizza soprattutto per la tematica amorosa e per l’erudizione mitologica (così in Callimaco e in Filita di Cos). L’elegia latina riprende quella alessandrina, ma si diversifica perché il mito non è più l’elemento principale e quindi il carattere lirico-soggettivo prevale su quello narrativo-oggettivo. Non è da escludere una contaminazione con l’epigramma alessandrino, che, pur sempre in distici elegiaci, era più breve dell’elegia e trattava tematiche personali.

Catullo può essere considerato il primo autore di elegie (il carmen doctum 68, che collega l’amore mitologico fra Protesilao e Laodamia (1) a quello del poeta per Lesbia, è in linea coi modelli alessandrini). Del resto è proprio Properzio che lo indica come uno dei poeti d’amore, in versi elegiaci, di cui egli stesso si sente successore. Ovidio invece (in Tristia, IV, 10, 51-54) indica come iniziatore Cornelio Gallo (2), e come continuatori Tibullo, Properzio e se stesso (“Vergilium vidi tantum, nec avara Tibullo / tempus amicitiae fata dedere meae. / Successor fuit hic tibi, Galle, Propertius illi; / quartus ab his serie temporis ipse fui”). Quintiliano (nelle Institutiones oratoriae, X, 1, 93) ci indica gli stessi quattro poeti, non in ordine cronologico, ma di valore (“Elegia quoque Graecos provocamus, cuius mihi tersus atque elegans maxime videtur auctor Tibullus. Sunt qui Propertium malint. Ovidius utroque lascivior, sicut durior Gallus”).
_________________________________________________________________

1) Appena sposato, Protesilao dovette partire per Troia. Fu il primo a sbarcare e quindi, secondo la profezia dell’oracolo, il primo a morire. Ottiene dagli dei degli Inferi di poter tornare per un giorno da Laodamia, la moglie inconsolabile. Quando lui ridiscende negli Inferi, lei costruisce una statua di cera con le sue fattezze e ci dorme insieme. Il padre (Acasto) la scopre e fa bruciare la statua. Lei si uccide (buttandosi nel fuoco o pugnalandosi).
2) Nato, secondo alcuni a Forlì (Forum Livi), secondo altri a Frejus (Forum Iulii, fra Nizza e Marsiglia) nel 69-68 a.C., dopo una carriera politica, al seguito di Ottaviano, che l’aveva portato alla prefettura d’Egitto, cadde in disgrazia, fu condannato all’esilio e si diede la morte (27-26 a.C.). La perdita della sua produzione poetica (una raccolta intitolata Amores, in cui cantava, con ricchezza di riferimenti mitologici, il suo amore per una Licoride) è probabilmente dovuta alla damnatio memoriae che dovette subire.

Nessun commento:

Posta un commento