1) Come si
difende Guicciardini, nei Ricordi,
dall’accusa di collaborare con il governo tirannico dei Medici?
Guicciardini
sostiene che, quando il potere è nelle mani di un tiranno, è male se gli uomini
onesti si astengono dalla vita politica ed è bene che invece partecipino, anche
a prezzo dell’accusa di essere collaboratori del tiranno. Infatti la
partecipazione degli onesti può, in qualche misura, ridurre il male del potere
tirannico, che, altrimenti, sarebbe gestito soltanto dai malvagi e disonesti,
con danno per l’intera collettività.
2) Spiegate
e contestualizzate il seguente passo, tratto dal cap. VI del Principe: “E debbesi considerare come e' non è cosa più
difficile a trattare, né più dubbia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare,
che farsi capo di introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimico
tutti quegli che degli ordini vecchi fanno bene, e ha tiepidi defensori tutti
quelli che delli ordini nuovi farebbono bene: la quale tepidezza nasce parte
per paura delli avversari, che hanno le leggi dal canto loro, parte da la
incredulità degli uomini, e' quali non credono in verità le cose nuove, se non
ne veggono nata una ferma esperienza.”
Machiavelli,
dopo avere ricordato le grandi personalità che con virtù ed armi proprie
fondarono nuovi Stati, sottolinea le difficoltà in cui si viene a trovare chi,
al pari di un fondatore di Stato, vuole riformare radicalmente uno Stato,
introducendovi nuovi ordinamenti (nuove istituzioni).
“Si
deve pensare che non c’è cosa di più
difficile, incerta e pericolosa
realizzazione che quella di volere introdurre in uno Stato nuovi
ordinamenti. Perché chi vuole introdurre delle riforme ha come avversari tutti
quelli traggono vantaggio dallo stato di cose esistente e come sostenitori
quelli che potrebbero avere dei vantaggi in futuro, con i nuovi ordinamenti; ma
i sostenitori del nuovo sono ‘tiepidi’, cioè non sono determinati come i
difensori del vecchio, sia perché anche le leggi (essendo quelle dello Stato
esistente) sono contro di loro, sia perché, essendo il nuovo Stato ancora tutto
da costruire, gli uomini sono per natura riluttanti a battersi per ciò che
ancora non esiste."
3) Spiegate
e contestualizzate il seguente passo, tratto dal Cortegiano: “Ma avendo
io già più volte pensato meco onde nasca questa grazia, lasciando quelli che
dalle stelle l'hanno, trovo una regula universalissima (…), e ciò è fuggir
quanto più si po, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione;
e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che
nasconda l'arte e dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e
quasi senza pensarvi (...). Però si po dir quella esser vera arte che non pare
esser arte; né più in altro si ha da poner studio, che nel nasconderla”
Il conte
Ludovico di Canossa sta spiegando in che cosa consista la grazia, che è la
prima qualità che l’uomo di corte deve possedere.
“Poiché più
volte ho riflettuto su come si acquisisca la grazia, ho trovato questa regola
universale (tralascio naturalmente il caso in cui si possieda la grazia per
natura, cioè per un’influenza benevola del cielo): la grazia consiste
nell’evitare, come uno scoglio duro e pericoloso, l’affettazione (cioè,
l’artificiosità e la ricercatezza); in altre parole consiste nel comportarsi
con una disinvoltura tale che non faccia trasparire, in ciò che si fa e dice,
lo studio e l’impegno che ci si è messo. Pertanto, per quanto studiato ed
artificioso possa essere un comportamento, la grazia consiste nel nascondere
l’artificiosità e nell’apparire naturali.”
4) Per quali ragioni Tasso non ha inserito nella Gerusalemme
conquistata un episodio quale quello di Erminia tra i pastori?
Da un punto
di vista formale l’episodio violava il principio aristotelico dell’unità
compositiva, in quanto risultava a se stante rispetto alla vicenda centrale del
poema. Da un punto di vista contenutistico, all’autore doveva sembrare moralmente
poco appropriato che, nel poema in cui si celebrava la guerra santa come dovere
della cristianità, si vagheggiasse (come succede in quell’episodio) un mondo
idilliaco, di pace e di estraneità a quella guerra.
5) Contestualizzate e parafrasate la seguente ottava:
"Giunge all’irresoluto il vincitore, / e in arrivando (o che gli pare)
avanza / e di velocitade e di furore / e di grandezza ogni mortal sembianza. /
Poco ripugna quel; pur mentre more, / già non oblia la generosa usanza: / non
fugge i colpi e gemito non spande, / né atto fa se non altero e grande." (Liberata, canto XX)
Siamo nel
finale del poema, quando si sta combattendo l’ultima battaglia fra cristiani e
musulmani, e Rinaldo (il vincitore) si sta avventando su Solimano
(l’irresoluto). Parafrasi: Addosso a Solimano, che non sa che fare, giunge
Rinaldo (il vincitore, perché ha appena abbattuto Adrasto) e, mentre arriva,
supera (almeno così sembra a Solimano) in velocità, furia e dimensioni fisiche
ogni aspetto umano. Quello (Solimano) lo contrasta (gli resiste) poco; eppure,
mentre muore, non dimentica le sua consueta nobiltà (di guerriero): non evita i
colpi e non emette lamenti, e non compie azione che non sia fiera e di grande
dignità.
6) Spiegate
etimologia e significato del cosiddetto “marinismo”.
Il termine
“marinismo” indica un modo di concepire la poesia, proprio del Seicento,
secondo cui il fine del poeta è quello di “destare meraviglia” nel lettore, e
ciò lo si ottiene inventando immagini sempre nuove e utilizzando metafore
quanto più possibile ardite e originali. Tale concezione era teorizzata dal
poeta Giambattista Marino, il che spiega l’etimologia della parola.
7) Con quali argomenti, nel Dialogo sopra i massimi
sistemi, si mette in ridicolo l’abitudine degli aristotelici di citare
l’opera del filosofo greco come unica e indiscutibile fonte di verità?
8) Con quali argomenti Galileo nella
lettera Cristina di Lorena si difende dall’accusa di sostenere una tesi (quale
quella copernicana) contraria alla verità delle Sacre Scritture?
Galileo
sostiene che è “parola di Dio” tanto la Bibbia quanto la natura, dunque
entrambe dicono la verità e non possono contraddirsi. L’apparente
contraddizione deriva dal fatto che la Bibbia (la cui funzione è quella di
insegnarci “non come vada il cielo, ma come si vada al cielo”) si serve di
immagini concrete e metaforiche per farsi comprendere da uomini che altrimenti
non capirebbero; ma il libro della natura è scritto con caratteri matematici e
geometrici, dunque le verità scientifiche, che l’intelletto umano raggiunge
attraverso le “sensate esperienze e le necessarie dimostrazioni”, sono incontrovertibili.
9) De Sanctis, riferendosi alla letteratura della
seconda metà del Settecento, diceva che finiva "l’arte per l’arte" e
ritornava "l’arte per la vita". Che voleva dire?
Voleva dire
che la letteratura, dopo secoli in cui era stata gusto per la bella forma,
esercizio di stile, dimostrazione di abilità tecnica (e ciò, secondo lui, era
successo dal Rinascimento in poi), nell’età dell’Illuminismo, e precisamente
con Parini ed Alfieri, torna a radicarsi nella vita reale, nei problemi
concreti della società, torna ad essere (come lo era stata ai tempi di Dante)
pervasa da passione morale e civile.
10) Contestualizzate e parafrasate i seguenti versi
tratti da Il giorno di Parini: "Ma che? Tu inorridisci, e mostri in capo, / qual
istrice pungente, irti i capegli / al suon di mie parole? Ah non è questo, /
Signore, il tuo mattin. Tu col cadente / sol non sedesti a parca mensa, e al
lume / dell’incerto crepuscolo non gisti / ieri a corcarti in male agiate piume
/ come dannato è a far l’umile volgo." (Il Mattino, vv.
21-28)
Siamo
all’inizio del poema e l’autore, fingendo di insegnare al "giovin
signore" il giusto comportamento nei diversi momenti della giornata, ne
descrive il mattino. Parafrasi: Che succede? A sentir le mie parole inorridisci
e ti si drizzano i capelli in testa al punto che sembri un istrice con gli
aculei? Certo non è questo il modo in cui si svolge il tuo mattino. Tu al
tramonto non ti sei seduto a cenare ad una tavola modesta e non ti sei coricato
al calar delle prime tenebre in un letto poco comodo, come invece è condannato
a fare il popolo miserabile.
11) Chi è il "signore" e quale è il
"mattino" a cui ci si riferisce, quando si dice "ah non è
questo, Signore, il tuo mattin"?
Il
"signore" è il giovane aristocratico a cui l’autore si rivolge,
fingendo di esserne il precettore. Il "mattino" di cui si parla (e
che è diverso da quello del "signore") è quello del contadino e
dell’artigiano, che si alzano di buon ora per andare a lavorare (proprio a
quell’ora in cui, al contrario, il "giovin signore" ritorna a casa
dai suoi bagordi notturni).
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