domenica 24 maggio 2015

Risposte ai quesiti di Italiano (Letteratura - classe IV)


1) Come si difende Guicciardini, nei Ricordi, dall’accusa di collaborare con il governo tirannico dei Medici?
Guicciardini sostiene che, quando il potere è nelle mani di un tiranno, è male se gli uomini onesti si astengono dalla vita politica ed è bene che invece partecipino, anche a prezzo dell’accusa di essere collaboratori del tiranno. Infatti la partecipazione degli onesti può, in qualche misura, ridurre il male del potere tirannico, che, altrimenti, sarebbe gestito soltanto dai malvagi e disonesti, con danno per l’intera collettività.
 
2) Spiegate e contestualizzate il seguente passo, tratto dal cap. VI del Principe: “E debbesi considerare come e' non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi capo di introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimico tutti quegli che degli ordini vecchi fanno bene, e ha tiepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene: la quale tepidezza nasce parte per paura delli avversari, che hanno le leggi dal canto loro, parte da la incredulità degli uomini, e' quali non credono in verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma esperienza.”
 
 
Machiavelli, dopo avere ricordato le grandi personalità che con virtù ed armi proprie fondarono nuovi Stati, sottolinea le difficoltà in cui si viene a trovare chi, al pari di un fondatore di Stato, vuole riformare radicalmente uno Stato, introducendovi nuovi ordinamenti (nuove istituzioni).
“Si deve  pensare che non c’è cosa di più difficile, incerta e pericolosa  realizzazione che quella di volere introdurre in uno Stato nuovi ordinamenti. Perché chi vuole introdurre delle riforme ha come avversari tutti quelli traggono vantaggio dallo stato di cose esistente e come sostenitori quelli che potrebbero avere dei vantaggi in futuro, con i nuovi ordinamenti; ma i sostenitori del nuovo sono ‘tiepidi’, cioè non sono determinati come i difensori del vecchio, sia perché anche le leggi (essendo quelle dello Stato esistente) sono contro di loro, sia perché, essendo il nuovo Stato ancora tutto da costruire, gli uomini sono per natura riluttanti a battersi per ciò che ancora non esiste." 
 
 
3) Spiegate e contestualizzate il seguente passo, tratto dal Cortegiano: Ma avendo io già più volte pensato meco onde nasca questa grazia, lasciando quelli che dalle stelle l'hanno, trovo una regula universalissima (…), e ciò è fuggir quanto più si po, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l'arte e dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi (...). Però si po dir quella esser vera arte che non pare esser arte; né più in altro si ha da poner studio, che nel nasconderla
 
 
Il conte Ludovico di Canossa sta spiegando in che cosa consista la grazia, che è la prima qualità che l’uomo di corte deve possedere.
“Poiché più volte ho riflettuto su come si acquisisca la grazia, ho trovato questa regola universale (tralascio naturalmente il caso in cui si possieda la grazia per natura, cioè per un’influenza benevola del cielo): la grazia consiste nell’evitare, come uno scoglio duro e pericoloso, l’affettazione (cioè, l’artificiosità e la ricercatezza); in altre parole consiste nel comportarsi con una disinvoltura tale che non faccia trasparire, in ciò che si fa e dice, lo studio e l’impegno che ci si è messo. Pertanto, per quanto studiato ed artificioso possa essere un comportamento, la grazia consiste nel nascondere l’artificiosità e nell’apparire naturali.”
 
 
4) Per quali ragioni Tasso non ha inserito nella Gerusalemme conquistata un episodio quale quello di Erminia tra i pastori?
 
 
Da un punto di vista formale l’episodio violava il principio aristotelico dell’unità compositiva, in quanto risultava a se stante rispetto alla vicenda centrale del poema. Da un punto di vista contenutistico, all’autore doveva sembrare moralmente poco appropriato che, nel poema in cui si celebrava la guerra santa come dovere della cristianità, si vagheggiasse (come succede in quell’episodio) un mondo idilliaco, di pace e di estraneità a quella guerra.
 
 
5) Contestualizzate e parafrasate la seguente ottava: "Giunge all’irresoluto il vincitore, / e in arrivando (o che gli pare) avanza / e di velocitade e di furore / e di grandezza ogni mortal sembianza. / Poco ripugna quel; pur mentre more, / già non oblia la generosa usanza: / non fugge i colpi e gemito non spande, / né atto fa se non altero e grande." (Liberata, canto XX)
 
 
Siamo nel finale del poema, quando si sta combattendo l’ultima battaglia fra cristiani e musulmani, e Rinaldo (il vincitore) si sta avventando su Solimano (l’irresoluto). Parafrasi: Addosso a Solimano, che non sa che fare, giunge Rinaldo (il vincitore, perché ha appena abbattuto Adrasto) e, mentre arriva, supera (almeno così sembra a Solimano) in velocità, furia e dimensioni fisiche ogni aspetto umano. Quello (Solimano) lo contrasta (gli resiste) poco; eppure, mentre muore, non dimentica le sua consueta nobiltà (di guerriero): non evita i colpi e non emette lamenti, e non compie azione che non sia fiera e di grande dignità.
 
 
6) Spiegate etimologia e significato del cosiddetto “marinismo”.
 
 
Il termine “marinismo” indica un modo di concepire la poesia, proprio del Seicento, secondo cui il fine del poeta è quello di “destare meraviglia” nel lettore, e ciò lo si ottiene inventando immagini sempre nuove e utilizzando metafore quanto più possibile ardite e originali. Tale concezione era teorizzata dal poeta Giambattista Marino, il che spiega l’etimologia della parola.
 
 
7) Con quali argomenti, nel Dialogo sopra i massimi sistemi, si mette in ridicolo l’abitudine degli aristotelici di citare l’opera del filosofo greco come unica e indiscutibile fonte di verità?
 
 
 Gli aristotelici si ostinano a ritenere vero il punto di vista del "maestro", anche quando questo è in evidente contrasto con i dati dell’esperienza (Sagredo cita l’esempio di quei medici aristotelici che, pur vedendo coi propri occhi che l’origine dei nervi è nel cervello, continuavano a ritenere che fosse nel cuore, perché così aveva detto Aristotele). Soprattutto, però, è ridicola la pretesa di attribuire ad Aristotele la conoscenza della verità su ogni questione, prendendo qua e là le parti della sua opera che fanno comodo e "cucendole" insieme (con tale sistema, dice Sagredo, si può utilizzare l’opera di qualsiasi autore o, più semplicemente, basta utilizzare l’alfabeto).
 
 
8) Con quali argomenti Galileo nella lettera Cristina di Lorena si difende dall’accusa di sostenere una tesi (quale quella copernicana) contraria alla verità delle Sacre Scritture?
 
 
Galileo sostiene che è “parola di Dio” tanto la Bibbia quanto la natura, dunque entrambe dicono la verità e non possono contraddirsi. L’apparente contraddizione deriva dal fatto che la Bibbia (la cui funzione è quella di insegnarci “non come vada il cielo, ma come si vada al cielo”) si serve di immagini concrete e metaforiche per farsi comprendere da uomini che altrimenti non capirebbero; ma il libro della natura è scritto con caratteri matematici e geometrici, dunque le verità scientifiche, che l’intelletto umano raggiunge attraverso le “sensate esperienze e le necessarie dimostrazioni”, sono incontrovertibili.
 
 
9) De Sanctis, riferendosi alla letteratura della seconda metà del Settecento, diceva che finiva "l’arte per l’arte" e ritornava "l’arte per la vita". Che voleva dire?
 
 
Voleva dire che la letteratura, dopo secoli in cui era stata gusto per la bella forma, esercizio di stile, dimostrazione di abilità tecnica (e ciò, secondo lui, era successo dal Rinascimento in poi), nell’età dell’Illuminismo, e precisamente con Parini ed Alfieri, torna a radicarsi nella vita reale, nei problemi concreti della società, torna ad essere (come lo era stata ai tempi di Dante) pervasa da passione morale e civile.
 
 
10) Contestualizzate e parafrasate i seguenti versi tratti da Il giorno di Parini: "Ma che? Tu inorridisci, e mostri in capo, / qual istrice pungente, irti i capegli / al suon di mie parole? Ah non è questo, / Signore, il tuo mattin. Tu col cadente / sol non sedesti a parca mensa, e al lume / dell’incerto crepuscolo non gisti / ieri a corcarti in male agiate piume / come dannato è a far l’umile volgo." (Il Mattino, vv. 21-28)
 
 
Siamo all’inizio del poema e l’autore, fingendo di insegnare al "giovin signore" il giusto comportamento nei diversi momenti della giornata, ne descrive il mattino. Parafrasi: Che succede? A sentir le mie parole inorridisci e ti si drizzano i capelli in testa al punto che sembri un istrice con gli aculei? Certo non è questo il modo in cui si svolge il tuo mattino. Tu al tramonto non ti sei seduto a cenare ad una tavola modesta e non ti sei coricato al calar delle prime tenebre in un letto poco comodo, come invece è condannato a fare il popolo miserabile.
 
 
11) Chi è il "signore" e quale è il "mattino" a cui ci si riferisce, quando si dice "ah non è questo, Signore, il tuo mattin"?
 
 
Il "signore" è il giovane aristocratico a cui l’autore si rivolge, fingendo di esserne il precettore. Il "mattino" di cui si parla (e che è diverso da quello del "signore") è quello del contadino e dell’artigiano, che si alzano di buon ora per andare a lavorare (proprio a quell’ora in cui, al contrario, il "giovin signore" ritorna a casa dai suoi bagordi notturni).
 
 

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