1) Spiegate per quali aspetti si può dire che Machiavelli è un autore
del Rinascimento.
In
quanto separa la politica dalla morale, Machiavelli esprime una nuova mentalità
(rinascimentale) che riconosce ed afferma l’autonomia delle singole discipline
(laddove nel Medioevo ogni conoscenza in ogni campo andava ricondotta alla
scienza suprema, cioè alla teologia). Ma Machiavelli è uomo del Rinascimento
anche perché valorizza, quant’altri mai, la capacità attiva dell’uomo nel mondo
terreno, ovvero la “virtù” (intesa come energia, determinazione, intelligenza).
Infine è rinascimentale il suo atteggiamento umanistico, ovvero il suo amore e
la sua ammirazione per i classici, il cui insegnamento, come in altri campi,
continua ad essere valido anche in politica.
2) Facendo riferimento al I canto, mostrate, con appropriati esempi,
come il meccanismo che regola gli eventi del Furioso sia quello della
"ricerca" e dell’"attesa delusa".
Nel
I canto i personaggi agiscono in quanto sono alla continua ricerca di qualcuno o
di qualcosa: Rinaldo sta cercando il suo cavallo (Baiardo), quando vede
Angelica e si mette al suo inseguimento; poi ne perde le tracce e riprende a
cercare il cavallo; Ferraù sta cercando l’elmo cadutogli nel fiume, ma poi si
mette anche lui ad inseguire Angelica, quindi torna a cercare l’elmo; costretto
a rinunciarvi (perché dell’elmo si impossessa il fantasma di Argalìa), andrà
alla ricerca di un altro elmo. La ricerca si risolve quindi in una delusione,
sia perché l’oggetto del desiderio appare sempre sfuggente, sia perché, quando
viene raggiunto, perde il suo valore (come spiega Sacripante quando fa l’elogio
della rosa non colta), sia anche perché ciò che si trova si rivela diverso da
ciò che ci si aspetta (Angelica si aspetta di trovare in Sacripante il suo
salvatore, e trova invece il suo seduttore; Sacripante si aspetta di sedurre
Angelica, e invece è costretto a rinunciare, disarcionato da Bradamante).
3) E’ stato detto che Ariosto attua nel suo poema quella stessa tecnica
che in pittura si chiama "velatura". Di che si tratta?
La
"velatura" è la tecnica attraverso cui i pittori smorzano
("velano") il tono troppo acceso dei colori, al fine di ridurne il
contrasto e produrre armonia. Allo stesso modo Ariosto, attraverso
sottolineature ironiche o paragoni che evocano immagini belle e piacevoli,
intende smorzare gli eccessi, ovvero attenuare sentimenti o immagini troppo
forti (ad esempio, scene di violenza, o comunque cruente) che altrimenti
turberebbero l’armonia e l’equilibrio della composizione (armonia ed equilibrio
che sono propri del poema e che riflettono i più alti ideali del Rinascimento).
4) Nel coro "O bella età dell’oro" dell’Aminta, per
quale aspetto viene esaltata l’età dell’oro e, al contrario, deplorata l’età
presente?
Nel
coro in questione l’età dell’oro viene esaltata non per quegli aspetti che
tradizionalmente la caratterizzano (assenza di lavoro, natura rigogliosa e
benevola, ecc.), ma perché in essa era consentito amare liberamente (secondo il
principio "s’ei piace, ei lice"), senza quelle ipocrisie e
quei falsi pudori che invece, nell’età presente, sono imposti dall’"onore",
ovvero dal senso del decoro, dalle convenzioni sociali proprie di una società
civilizzata.
5) Quali sono, in sintesi, i problemi che tormentano Tasso e che rendono
così lunga e faticosa l’elaborazione del suo poema?
L’elaborazione
del poema è lunga e faticosa (si va dal Gierusalemme, composta nel 1560,
alla Conquistata, pubblicata nel 1593), in quanto Tasso è tormentato da
problemi sia di ordine religioso-morale che di ordine tecnico-compositivo. Per
quanto riguarda i primi, intende comporre un’opera che sia di ammaestramento
morale e dunque non contenga elementi devianti rispetto all’ortodossia
religiosa (che naturalmente è quella indicata dalla Chiesa di Roma). Per quanto
riguarda i secondi, intende comporre un poema epico che sia ortodosso rispetto
alla Poetica di Aristotele, e dunque sia fondato sulla verità storica,
abbia un protagonista centrale ed osservi le regole di unità di tempo, di luogo
e di azione.
6) Contestualizzate e parafrasate la seguente ottava, tratta dal canto
I della Liberata: "Sai che là corre il mondo ove più versi / di sue
dolcezze il lusinghier Parnaso, / e che ‘l vero, condito in molli versi, / i
più schivi allettando ha persuaso. / Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi /
di soavi licor gli orli del vaso: / succhi amari ingannato intanto ei beve, / e
da l’inganno suo vita riceve."
Nel
proemio della Liberata Tasso invoca la Musa e le chiede di perdonarlo se
nel poema non narrerà sempre e soltanto la verità storica (a lei cara), ma
adornerà la narrazione di piacevoli invenzioni poetiche. Quindi continua:
"Sai che il mondo (la gente, i lettori) accorre là dove la poesia (il
Parnaso indica la poesia, in quanto era il monte sacro ad Apollo e alle muse),
con le attrattive che le sono proprie (lusinghier), offre (versi)
in maggior quantità (più) le sue piacevolezze; e sai che la verità,
mescolata a (resa più gustosa da) dolci versi, ha convinto, con tale
adescamento (allettando), anche i più ritrosi (restii, renitenti alla
verità). Allo stesso modo a un bambino malato porgiamo un bicchiere (contenente
la medicina) con gli orli bagnati da un liquore dolce: così lui beve la
medicina amara e, con questo inganno, ottiene la guarigione"
7) Facendo qualche appropriato riferimento, spiegate che cosa si
intende per “bifrontismo spirituale” a
proposito della Gerusalemme liberata.
Per
“bifrontismo spirituale” intendiamo quella doppiezza psicologica e ideologica,
che è propria dell’autore e che si trova nel poema, tale per cui i due mondi
contrapposti (dei cristiani e dei musulmani, del bene e del male) sono
leggibili anche in maniera capovolta (il bene si rivela come imposizione
autoritaria, negazione di altri modi di essere e di pensare; il male invece è
associato al principio laico della tolleranza e quindi alla possibilità di
esprimere liberamente la propria individualità). Ciò è evidente in maniera
esemplare nel discorso in cui Satana-Plutone, rivolgendosi ai diavoli,
rivendica per se stesso e per i suoi seguaci il coraggio eroico della
ribellione all’“imperialismo” di Dio.
8) Contestualizzate e parafrasate la
seguente ottava: “Né ciò gli parve assai; ma in preda a morte, / sol per farne
più danno, il figlio diede. / Ei venne e ruppe le tartaree porte, / e porre osò
ne’ regni nostri il piede, / e trarne l’alme a noi dovute in sorte, / e
riportarne al Ciel sì ricche prede, vincitor trionfando, e in nostro scherno /
l’insegne ivi spiegar del vinto Inferno.” (Liberata,
IV, 11)
Satana
si sta rivolgendo ai diavoli per esortarli a rinnovare la loro antica lotta
contro Dio, intervenendo ora in aiuto dei musulmani nella guerra contro i
cristiani. Precisamente, qui si riferisce all’umiliazione subita a seguito
della morte e resurrezione di Cristo : “Né questo (cioè, il fatto di averci
vinti e relegati nell’inferno) gli (a Dio) sembrò abbastanza; per farci più
male ha consentito che il proprio figlio (Cristo) morisse. A seguito di quella
morte, Cristo spezzò le porte dell’inferno (le 'tartaree porte') e osò venire
nel nostro regno e prendere, e portare con sè in cielo come un ricco bottino,
anime destinate a noi (allude alle anime del limbo che Cristo, risorgendo,
porta con sé in paradiso); di più, per ulteriore scherno, come fanno i
vincitori trionfanti, ha mostrato in cielo le insegne del nostro esercito
sconfitto”
9) Con quali argomenti Galileo, nel Dialogo
sopra i massimi sistemi, esalta la capacità intellettiva dell’uomo?
Galileo
paragona la capacità intellettiva dell’uomo a quella di Dio. Dice infatti, per
bocca di Salviati, che, se è vero che per quanto riguarda la quantità di
conoscenze (extensive) la capacità dell’uomo è quasi nulla rispetto a
quella di Dio, per quanto riguarda la perfezione cui l’uomo può giungere in
alcune sue conoscenze (intensive), essa non è inferiore a quella di Dio.
In questo caso (e si riferisce alle conoscenze di tipo geometrico e
matematico), la verità che l’uomo conosce è esattamente la stessa conosciuta da
Dio; l’unica differenza è che Dio la vede con un’intuizione immediata, l’uomo
ci giunge attraverso successivi passaggi logici.
10) Spiegate in che senso si può dire che Beccaria, nella sua opera Dei delitti e delle pene, contesta tanto
la legittimità quanto l’utilità della pena di morte.
Beccaria
contesta la legittimità della pena di morte in quanto sostiene che,
nell’ipotetico contratto sociale che gli uomini hanno stipulato per dar vita
alla sovranità dello Stato, non è concepibile che gli abbiano ceduto anche il
potere di dare la morte, soprattutto perché di tale potere non disponevano gli
stessi contraenti. Ma la pena di morte è anche inutile in quanto non ha
efficacia deterrente: e questo è dimostrato dall’esperienza storica (laddove è
stata in vigore la pena di morte non è diminuita la criminalità), la quale ci
insegna che non è l’intensità della pena a trattenere il criminale dal
commettere delitti (la morte è un pena “intensa”, ma tutto si risolve in un
attimo), bensì la sua durata nel tempo (la prospettiva di passare tutta la vita
in prigione è più dolorosa della prospettiva della morte).
11) Contestualizzate e
parafrasate i seguenti versi tratti da Il
giorno di Parini (spiegando chiaramente di che si parla quando si dice “nuove delizie” e “gemma degli eroi”): “… e ben fu dritto / se Pizzarro e Cortese
umano sangue / più non stimar quel ch’oltre l’oceàno / scorrea le umane membra,
e se tonando / e fulminando, alfin spietatamente / balzaron giù da i grandi
aviti troni / re messicani e generosi Incassi; / poi che nuove così venner
delizie, / o gemma degli eroi, al tuo palato.” (Il Mattino, vv. 149-158)
Il
precettore sta proponendo la scelta della colazione al suo allievo (il “giovin
signore” a cui immagina di insegnare, e lo fa ironicamente, il giusto modo di
comportarsi nei diversi momenti della giornata); quindi dice, appunto con forte
ironia: “e davvero fu giusto se Pizzarrro e Cortez (i conquistadores) non
ritennero umano il sangue che scorreva nelle membra degli indigeni americani
("oltre l'oceano") e se, usando spietatamente le armi da fuoco
(“tonando e fulminando”), spodestarono dai troni dei loro avi re messicani e
nobili Incas; fu giusto, poiché così poterono giungere dei nuovi e gustosi
piaceri (si riferisce al cioccolato) al tuo palato, o fior fiore degli eroi (è
l’ironico appellativo con cui il precettore si rivolge al “giovin signore”)”.
Nessun commento:
Posta un commento