1) Spiegate e collocate questi
versi: "E io a lui: "Da me stesso non vegno: / colui ch’attende là,
per qui mi mena / forse cui Guido vostro ebbe a disdegno"" (canto X,
vv. 61-63).
Sono le parole con cui Dante risponde a Cavalcante de’ Cavalcanti, il
quale, credendo che Dante compisse quel viaggio per "altezza
d’ingegno", gli aveva chiesto come mai non ci fosse con lui anche il
proprio figlio Guido. Significano: non vengo da solo (e cioè, non vengo grazie
alle sole forze dell’ingegno); colui che mi aspetta là (e indica Virgilio) mi
conduce verso colei (e si riferisce a Beatrice, allegoria della fede o della
grazia divina) che Guido, probabilmente, disprezzò (e intende dire che Guido non
ha avuto la fede né, quindi, il necessario sostegno della grazia).
2) Quali sono i peccati di
"malizia", dove vengono puniti e perché sono i più gravi?
I peccati di malizia sono quelli che implicano particolarmente l’uso
dell’intelletto per compiere il male, e si distinguono in due grandi categorie:
la malizia verso chi non si fida (o frode), che viene punita in Malebolge, e la
malizia verso chi si fida (o tradimento), che viene punita nel lago ghiacciato
di Cocito (o pozzo dei giganti). Sono i più gravi appunto perché, ai fini del
peccato, viene usata l’intelligenza, ovvero la dote più propria e più alta
dell’uomo.
3) In che cosa consiste la
baratteria e qual è la pena per coloro che hanno commesso tale peccato?
La baratteria è il peccato di frode commesso da quei politici che, invece
di operare disinteressatamente, traggono vantaggi personali dalla carica che
ricoprono. La pena per i barattieri consiste nello stare immersi nella pece
bollente, da cui non possono uscire (se lo fanno, rischiano di essere uncinati
e torturati dai diavoli che stanno a guardia della bolgia).
4) Che cos’è la Tolomea e qual è la
caratteristica, unica nell’inferno, che riguarda i peccatori ivi puniti?
La Tolomea è la terza zona del lago Cocito, dove sono puniti i traditori
degli ospiti. La caratteristica unica che li riguarda è che la loro anima
precipita immediatamente nell’inferno, appena commesso il peccato. E dunque,
mentre loro sono già all’inferno, il loro corpo, di cui si è impadronito un
diavolo, continua a vivere sulla terra.
5) Collocate e spiegate i seguenti
versi: "E non pur io qui piango bolognese; / anzi n’è questo luogo tanto
pieno, / che tante lingue non sono ora apprese / a dicer 'sipa' tra Savena e
Reno" (canto XVIII, vv. 58-61)
Chi parla è Venedico Caccianemico, un ruffiano bolognese incontrato da
Dante nella bolgia dei seduttori. Dice che lui non è il solo bolognese ad
essere dannato come ruffiano, anzi, in quella bolgia ci sono più bolognesi di
quanti ce ne sono, viventi, nel territorio di Bologna (precisamente: di quanti
pronunciano "sia" in dialetto, ovviamente bolognese, fra il Savena e
il Reno, che sono appunto i fiumi che delimitano il territorio di Bologna).
6) Chi, secondo Dante, era stato
degno di vedere l’oltretomba e perché?
Ne erano stati degni Enea e S. Paolo. Il primo perché avrebbe dovuto
conoscere il grande destino futuro della sua stirpe: dai suoi discendenti
sarebbe stata fondata Roma (non da Enea,
da Romolo: l'ha detto anche Berlusconi, in un discorso in occasione
dell'ingresso della Russia nella NATO), sede predestinata dell’Impero e del
Papato. Il secondo perché avrebbe visto la verità di quella fede (cristiana)
che avrebbe poi dovuto divulgare fra gli uomini.
7) In che cosa consiste il
contrappasso per i suicidi e quale sarà la loro condizione dopo il giudizio universale?
Poiché in vita disprezzarono il proprio corpo umano e fecero ad esso
violenza, i suicidi sono ora condannati ad assumere un corpo di natura
inferiore (vegetale: sono tramutati in piante) e a subire violenza da parte
delle Arpie (che nidificano su quelle piante e si cibano delle loro foglie) e
delle cagne (che lacerano e spezzano i rami, mentre inseguono e dilaniano gli
scialacquatori). Dopo il giudizio universale, a differenza di tutti gli altri
dannati, non potranno rivestire il proprio corpo umano, ma lo appenderanno a un
ramo del proprio corpo arboreo.
8) "Galeotto fu il libro e chi
lo scrisse": chi pronuncia queste parole e che cosa significano?
Queste parole le pronuncia Francesca, quando racconta a Dante l’occasione
in cui lei e Paolo caddero nel peccato di lussuria. Dice che accadde mentre
stavano leggendo il romanzo in cui si raccontavano le vicende amorose di
Ginevra e Lancillotto. Dunque quel libro e il suo autore furono
"intermediari" del loro amore, così come, nel romanzo stesso,
Galehaut era stato intermediario dell’amore fra Ginevra e Lancillotto.
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