venerdì 8 maggio 2015

Traduzione da Cicerone (Pro Milone, IV)


E’ lecito uccidere per legittima difesa
 
Si tempus est ullum iure hominis necandi, quae multa sunt, certe illud est non modo iustum verum etiam necessarium, cum vi vis inlata defenditur. Pudicitiam cum eriperet militi tribunus militaris in exercitu C. Mari, propinquus eius imperatoris, interfectus ab eo est cui vim adferebat; facere enim probus adulescens periculose quam perpeti turpiter maluit. Atque hunc ille summus vir (1) scelere solutum periculo (2) liberavit. Insidiatori vero et latroni quae potest inferri iniusta nex? Quid comitatus nostri, quid gladii volunt? quos habere certe non liceret, si uti illis nullo pacto liceret. Est igitur haec, iudices, non scripta, sed nata lex, quam non didicimus, verum ex natura ipsa adripuimus, ad quam non docti sed facti sumus, ut, si vita nostra in aliquas insidias, si in vim et in tela aut latronum aut inimicorum incidisset (3), omnis honesta ratio esset expediendae salutis.
 
Cicerone, Pro Milone, IV
 
 
NOTE
 
1) Si riferisce a Mario.
2) Riprende l’avverbio (periculose) usato poco prima. Il “pericolo” cui ci si riferisce è quello di essere condannato a morte per omicidio.
3) E’ un piuccheperfetto congiuntivo per la regola dell’anteriorità, ma nella traduzione italiana ci sta meglio  l’imperfetto.
Traduzione
 
Se c’è un’occasione per (lett.: di) uccidere un uomo a buon diritto, e sono molte (lett.: le quali occasioni sono molte), certamente è non solo giusto ma anche necessario (uccidere un uomo) quando ci si difende con la forza da una violenza che ci viene fatta (lett.: quando si respinge con la violenza una violenza arrecata; è un cum con l'indicativo, con valore temporale). Poiché (o: mentre) nell’esercito di C. Mario un tribuno militare, parente di quel comandante (cioè, di Mario), attentava alla virtù di un soldato, fu ucciso da quello (stesso) a cui faceva violenza; infatti l’onesto giovane preferì agire a rischio della vita (lett.: pericolosamente) piuttosto che subire vergognosamente (che cosa? Ovviamente la violenza sessuale). E quel grande uomo assolse il giovane dal delitto e così lo liberò dal pericolo di una condanna a morte (lett.: liberò dal pericolo costui, assolto dal delitto). Del resto quale ingiusta morte può essere inflitta a chi ci tende un’insidia e a chi ci vuole rapinare (lett.: a un insidiatore e a un brigante)? A che cosa servono (lett.: che cosa vogliono) le nostre scorte, a che cosa servono le spade? Certamente non sarebbe lecito possederle, se in nessun caso fosse lecito usarle (uti è l’infinito presente di utor, e regge l’ablativo illis). Dunque, giudici, questa (della legittima difesa) è una legge non scritta, ma innata, (una legge) che non abbiamo imparato, ma che abbiamo acquisito dalla stessa natura, (una legge) alla quale non siamo istruiti ma per la quale siamo naturalmente predisposti (lett.: fatti), (una legge che dice) che (è un ut con valore dichiarativo-esplicativo, cioè spiega quel che dice la legge; è accettabile anche un valore consecutivo, ma non finale), se la nostra vita cadesse in qualche insidia, se si imbattesse nella violenza delle armi (lett.: nella violenza e nelle armi) di briganti o nemici, ogni modo (omnis ratio) di salvarsi la vita (lett.: di procurarsi la salvezza)  sarebbe onesto.

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