giovedì 21 maggio 2015

Risposte ai quesiti di Latino (classe V)


40) Traducete il seguente passo, tratto dal De brevitate vitae: « Audies plerosque dicentes: 'a quinquagesimo anno in otium secedam, sexagesimus me annus ab officiis dimittet.' Et quem tandem longioris vitae praedem accipis? Quis ista sicut disponis ire patietur? Non pudet te reliquias vitae tibi reservare et id solum tempus bonae menti destinare quod in nullam rem conferri possit? Quam serum est tunc vivere incipere cum desinendum est! »

 

Sentirai molti che dicono: “ A cinquant’anni mi ritirerò a vita privata, a sessant’anni mi dimetterò da ogni impegno”. E chi hai come garante di una vita più lunga? Chi consentirà che le cose vadano come programmi? Non ti vergogni di riservare a te stesso gli avanzi della vita e di destinare alla saggezza solo quel tempo che non può essere impiegato in nessuna altra attività? Quanto è tardi cominciare a vivere  quando si deve smettere!

 

41) Spiegate il senso della contrapposizione fra otium (in otium secedam) e officia (sexagesimus me annus ab officiis dimittet).

 

Gli officia sono gli impegni e gli affari (di qualsiasi tipo: politico, economico, sociale) che occupano la nostra giornata e ci sottraggono il tempo che dovremmo riservare a noi stessi. L’otium è invece il tempo libero, in cui possiamo riappropriarci della nostra vita, dedicandoci alla lettura dei buoni autori e alla riflessione filosofica.

 

42) Nel De brevitate vitae Seneca dice che non solo il volgo ignorante accusa ingiustamente la natura, ma l’ha fatto anche un uomo sapiente come Aristotele. Di che cosa, precisamente, Aristotele si sarebbe lamentato?

 

Aristotele si sarebbe lamentato del fatto che la natura ha concesso una vita lunga agli animali e troppo breve agli uomini (i quali invece dovrebbero averla più lunga, visto che, a differenza degli animali, sono destinati a grandi imprese).

 

43) Secondo il racconto che ne fa Tacito negli Annales, per quali aspetti il suicidio di Petronio differisce da quello di Seneca?

 

Il suicidio di Seneca è un suicidio stoico, mentre quello di Petronio ne è quasi una parodia. Seneca affronta la morte con dignità, conforta gli amici, dice nobili parole sull’immortalità dell’anima, detta massime filosofiche. Petronio affronta la morte come un ultimo piacere di cui godere (chiude e riapre le ferite), non parla di argomenti seri ma ascolta versi giocosi e poesie leggere, distribuisce ad alcuni schiavi doni ad altri frustate, infine detta un resoconto di tutte le nefandezze sessuali di Nerone.

 

44) Quali indizi di carattere culturale ci consentono di collocare il Satyricon in età neroniana?

 

Un indizio culturale è senz’altro il riferimento polemico di Eumolpo al Bellum civile di Lucano (dunque siamo in un’epoca, quella neroniana, in cui quel poema era conosciuto e dei caratteri di quel poema si discuteva). Un altro riferimento significativo, sempre di Eumolpo, è a un poemetto sulla presa di Troia (e noi sappiamo che proprio Nerone aveva scritto un poema su tale argomento: Troiae halòsis). Infine, le affermazioni di Trimalchione sul dovere di trattare umanamente gli schiavi, evocano – seppure in maniera ridicola – il pensiero di Seneca (e dunque, ancora, ci rinviano all’età di Nerone).

 

45) La fabula milesia della matrona di Efeso si conclude con queste parole: “e il giorno dopo la gente era lì a chiedersi in che modo il morto fosse salito sulla croce”. Facendo brevemente riferimento a ciò che è successo, spiegate il senso di questa battuta finale.

 

Un soldato, che faceva la guardia a delle croci a cui erano appesi dei condannati, trascura il suo dovere perché impegnato a “consolare” una vedova, che sembrava voler morire di fame presso la tomba del marito defunto. Siccome i parenti di un crocefisso approfittano dell’assenza della guardia per sottrarre dalla croce un cadavere e dargli sepoltura, la vedova trova la soluzione per salvare il soldato dalla punizione che lo attende: fa appendere sulla croce vuota il cadavere del marito. E dunque il giorno dopo la gente (che conosceva quel morto, immaginiamo) non può che meravigliarsi, come dice la battuta finale.

 

46) I caratteri parodistici del Satyricon si riconoscono sia nella vicenda centrale (parodia dell’Odissea), sia in vicende marginali (ad esempio, la vicenda della matrona di Efeso è parodia di un famoso episodio dell’Eneide). Spiegate brevemente come si realizza la parodia in ambedue i casi.

 

I caratteri parodia dell’Odissea si riconoscono dal fatto che, mentre Ulisse è un eroe che affronta un viaggio avventuroso, sempre perseguitato dal dio del mare, Nettuno, nel Satyricon il protagonista, Encolpio, è tutt’altro che un eroe, affronta avventure di tipo erotico ed è perseguitato dal dio della virilità, Priàpo. Quanto alla matrona di Efeso, la vicenda comica dell’amore fra il soldato e la vedova è parodia di quella tragica fra Enea e Didone, nell’Eneide (in  particolare, anche Didone è vedova, e viene esortata dalla sorella Anna a cedere ad Enea, così come la matrona di Efeso viene esortata dall’ancella a cedere al soldato).

 

47) In che senso possiamo dire che il Bellum civile di Lucano si pone in antitesi rispetto all’Eneide di Virgilio?

 

L’Eneide era un poema che esaltava la grandezza di Roma, e in particolare il carattere provvidenziale del principato di Augusto. Nel Bellum civile di Lucano invece si esaltano gli ideali repubblicani e si indica nel principato non il punto più alto della storia romana, ma l’esito infausto di una guerra fratricida (quella civile, appunto) e l’inizio della decadenza.  Inoltre, mentre Virgilio rispetta i canoni tradizionali del poema epico, prevedendo l’intervento degli dei nelle vicende umane, Lucano non rispetta quei canoni, ma intende basarsi su una ricostruzione storica di quelle vicende (che del resto sono storiche e non mitiche come quelle dell’Eneide).

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