40) Traducete il seguente passo,
tratto dal De brevitate vitae: « Audies plerosque dicentes: 'a quinquagesimo
anno in otium secedam, sexagesimus me annus ab officiis dimittet.' Et quem
tandem longioris vitae praedem accipis? Quis ista sicut disponis ire patietur?
Non pudet te reliquias vitae tibi reservare et id solum tempus bonae menti
destinare quod in nullam rem conferri possit? Quam serum est tunc vivere
incipere cum desinendum est! »
Sentirai molti che dicono: “ A
cinquant’anni mi ritirerò a vita privata, a sessant’anni mi dimetterò da ogni
impegno”. E chi hai come garante di una vita più lunga? Chi consentirà che le
cose vadano come programmi? Non ti vergogni di riservare a te stesso gli avanzi
della vita e di destinare alla saggezza solo quel tempo che non può essere
impiegato in nessuna altra attività? Quanto è tardi cominciare a vivere quando si deve smettere!
41)
Spiegate il senso della contrapposizione fra otium (in otium secedam)
e officia (sexagesimus me annus ab officiis dimittet).
Gli officia sono gli impegni e gli affari (di qualsiasi tipo: politico,
economico, sociale) che occupano la nostra giornata e ci sottraggono il tempo
che dovremmo riservare a noi stessi. L’otium
è invece il tempo libero, in cui possiamo riappropriarci della nostra vita,
dedicandoci alla lettura dei buoni autori e alla riflessione filosofica.
42)
Nel De brevitate vitae Seneca dice
che non solo il volgo ignorante accusa ingiustamente la natura, ma l’ha fatto
anche un uomo sapiente come Aristotele. Di che cosa, precisamente, Aristotele
si sarebbe lamentato?
Aristotele si sarebbe lamentato
del fatto che la natura ha concesso una vita lunga agli animali e troppo breve
agli uomini (i quali invece dovrebbero averla più lunga, visto che, a
differenza degli animali, sono destinati a grandi imprese).
43)
Secondo il racconto che ne fa Tacito negli Annales,
per quali aspetti il suicidio di Petronio differisce da quello di Seneca?
Il suicidio di Seneca è un
suicidio stoico, mentre quello di Petronio ne è quasi una parodia. Seneca
affronta la morte con dignità, conforta gli amici, dice nobili parole
sull’immortalità dell’anima, detta massime filosofiche. Petronio affronta la
morte come un ultimo piacere di cui godere (chiude e riapre le ferite), non
parla di argomenti seri ma ascolta versi giocosi e poesie leggere, distribuisce
ad alcuni schiavi doni ad altri frustate, infine detta un resoconto di tutte le
nefandezze sessuali di Nerone.
44)
Quali indizi di carattere culturale ci consentono di collocare il Satyricon in età neroniana?
Un indizio culturale è senz’altro
il riferimento polemico di Eumolpo al Bellum
civile di Lucano (dunque siamo in un’epoca, quella neroniana, in cui quel
poema era conosciuto e dei caratteri di quel poema si discuteva). Un altro
riferimento significativo, sempre di Eumolpo, è a un poemetto sulla presa di
Troia (e noi sappiamo che proprio Nerone aveva scritto un poema su tale
argomento: Troiae halòsis). Infine,
le affermazioni di Trimalchione sul dovere di trattare umanamente gli schiavi,
evocano – seppure in maniera ridicola – il pensiero di Seneca (e dunque,
ancora, ci rinviano all’età di Nerone).
45)
La fabula milesia della matrona di
Efeso si conclude con queste parole: “e
il giorno dopo la gente era lì a chiedersi in che modo il morto fosse salito
sulla croce”. Facendo brevemente riferimento a ciò che è successo, spiegate
il senso di questa battuta finale.
Un soldato, che faceva la guardia
a delle croci a cui erano appesi dei condannati, trascura il suo dovere perché
impegnato a “consolare” una vedova, che sembrava voler morire di fame presso la
tomba del marito defunto. Siccome i parenti di un crocefisso approfittano
dell’assenza della guardia per sottrarre dalla croce un cadavere e dargli
sepoltura, la vedova trova la soluzione per salvare il soldato dalla punizione
che lo attende: fa appendere sulla croce vuota il cadavere del marito. E dunque
il giorno dopo la gente (che conosceva quel morto, immaginiamo) non può che
meravigliarsi, come dice la battuta finale.
46)
I caratteri parodistici del Satyricon
si riconoscono sia nella vicenda centrale (parodia dell’Odissea), sia in vicende marginali (ad esempio, la vicenda della
matrona di Efeso è parodia di un famoso episodio dell’Eneide). Spiegate brevemente come si realizza la parodia in ambedue
i casi.
I caratteri parodia dell’Odissea si riconoscono dal fatto che,
mentre Ulisse è un eroe che affronta un viaggio avventuroso, sempre
perseguitato dal dio del mare, Nettuno, nel Satyricon
il protagonista, Encolpio, è tutt’altro che un eroe, affronta avventure di tipo
erotico ed è perseguitato dal dio della virilità, Priàpo. Quanto alla matrona
di Efeso, la vicenda comica dell’amore fra il soldato e la vedova è parodia di
quella tragica fra Enea e Didone, nell’Eneide
(in particolare, anche Didone è vedova, e viene esortata dalla sorella Anna a
cedere ad Enea, così come la matrona di Efeso viene esortata dall’ancella a
cedere al soldato).
47)
In che senso possiamo dire che il Bellum
civile di Lucano si pone in antitesi rispetto all’Eneide di Virgilio?
L’Eneide era un poema che esaltava la grandezza di Roma, e in
particolare il carattere provvidenziale del principato di Augusto. Nel Bellum civile di Lucano invece si
esaltano gli ideali repubblicani e si indica nel principato non il punto più
alto della storia romana, ma l’esito infausto di una guerra fratricida (quella
civile, appunto) e l’inizio della decadenza.
Inoltre, mentre Virgilio rispetta i canoni tradizionali del poema epico,
prevedendo l’intervento degli dei nelle vicende umane, Lucano non rispetta quei
canoni, ma intende basarsi su una ricostruzione storica di quelle vicende (che
del resto sono storiche e non mitiche come quelle dell’Eneide).
Nessun commento:
Posta un commento