mercoledì 20 maggio 2015

Risposte ai quesiti di Latino (classe V)

1) Traducete il seguente passo: “Sic fit ut isti de domino loquantur quibus coram domino loqui non licet. At illi quibus non tantum coram dominis sed cum ipsis erat sermo, quorum os non consuebatur, parati erant pro domino porrigere cervicem, periculum inminens in caput suum avertere; in conviviis loquebantur, sed in tormentis tacebant. Deinde eiusdem adrogantiae proverbium iactatur, totidem hostes esse quot servos: non habemus illos hostes sed facimus.”
“Così accade che  parlino (male) del padrone costoro ai quali non è consentito di parlare in presenza del padrone. Ma quelli per i i quali c’era la possibilità di parlare non solo in presenza dei padroni, ma anche con gli stessi  (padroni), quelli, la cui bocca non era cucita, erano pronti a porgere il collo per il padrone, ad attirare sul proprio capo un pericolo imminente; parlavano nei banchetti, ma tacevano sotto tortura. Quindi si diffonde quel  proverbio (frutto) della stessa arroganza: ci sono tanti nemici quanti servi. Non abbiamo quelli come nemici, ce li rendiamo tali.”
2) Spiegate il senso della contrapposizione che Seneca sottolinea: “in conviviis loquebantur, sed in tormentis tacebant
 “Parlavano nei banchetti, ma tacevano sotto tortura”: Seneca si riferisce ad un tempo passato (non a caso usa l’imperfetto) in cui i padroni trattavano con rispetto gli schiavi (ad esempio, consentivano loro di parlare durante i banchetti), per cui gli schiavi ricambiavano questo rispetto con una fedeltà assoluta al padrone, difendendolo da ogni eventuale accusa, anche se torturati.
3) Quali argomentazioni usa Seneca per sostenere il dovere di trattare gli schiavi con umanità?
L’argomentazione filosofica è che tutti gli uomini sono uguali, in quanto partecipi dello stesso logos universale. Più concretamente, l’uguaglianza è visibile nel fatto che liberi e schiavi nascono dallo stesso seme, fruiscono dello stesso cielo, vivono e muoiono allo stesso modo. E’ solo la sorte che ha fatto sì che qualcuno diventasse schiavo e qualcun altro padrone, e  la stessa sorte può, un domani, rovesciare quella condizione: e dunque è bene trattare lo schiavo nel modo in cui vorremmo essere trattati noi nella sua condizione.
4) Spiegate la differenza di pensiero fra epicureismo e stoicismo nei confronti della religione.
Gli epicurei  ritengono che gli dei vivano negli intermundia, in condizione di atarassia, e dunque siano assolutamente indifferenti alle vicende umane: gli uomini pertanto non devono né temerli né venerarli, la religione non è altro che una superstizione da cui bisogna liberarsi. Gli stoici invece pensano che ci sia una presenza divina nell’universo, che si manifesta come logos, ovvero come ordine razionale e provvidenziale che governa sia la natura che le vicende degli uomini. La religione dunque ha senso in quanto ci induce a riconoscere ed accettare tale ordine razionale e provvidenziale. (*)
5) Spiegate e motivate il diverso atteggiamento dell’epicureismo e dello stoicismo in merito alla partecipazione alla vita politica
Gli epicurei  sostengono che ci si debba astenere dalla vita politica, in quanto questa, eccitando le passioni, provoca turbamento (il che contraddice l’obiettivo del piacere che si deve perseguire e che consiste nella mancanza di turbamento). Gli stoici invece ritengono doveroso per il saggio partecipare alla vita politica, in quanto costui, comprendendo il logos (ovvero l’ordine razionale dell’universo), è capace di operare, tramite l’attività politica, perché l’ordine sociale si conformi a tale ordine cosmico.
6) Come ci spieghiamo la rottura, che avviene nel 62, fra Seneca e Nerone, con il conseguente ritiro del filosofo a vita privata?
Seneca, in collaborazione col prefetto del pretorio Afranio Burro, rappresentava gli interessi del senato presso la corte di Nerone. Ma Nerone diventa sempre più autonomo e in particolare, morto Burro nel 62, diventa sempre più difficile per Seneca orientare in senso filo-senatorio le scelte politiche dell’imperatore. Quindi Seneca non può che ritirarsi, perché il principe non governa con saggezza, ma in modo dispotico (secondo la filosofia stoica, non governa in coerenza con il logos universale). Ma la verità storica è che Nerone intende affermare il potere del principe contro quello del senato.
7) Che cos’è e di che cosa tratta l’Apokolokìntosis?
L’Apokolokìntosis è una satira menippea (ovvero un componimento, misto di prosa e versi, di intonazione parodistica). Nello specifico, la parodia è nei confronti  di Claudio che, una volta morto, vorrebbe essere divinizzato (il titolo infatti gioca su due parole: “apotheòsis”, che vuol dire divinizzazione, e “kolokynte”, che significa zucca; e quindi andrebbe inteso come “divinizzazione di quello zuccone di Claudio”). Ma gli dei lo respingono dall’Olimpo, lo mandano negli inferi dove viene condannato a giocare a dadi con un bussolotto senza fondo ed a fungere da segretario di un liberto (di Claudio era nota sia la passione per i dadi, sia la sottomissione ai suoi liberti).
8) Perché possiamo dire che l’Apokolokìntosis è decisamente in contraddizione con la Consolatio ad Polybium? 
L’Apokolokìntosis è una satira dura nei confronti di Claudio, che viene deriso per i suoi difetti e le sue debolezze (e quindi può essere vista anche come una sorta di vendetta personale di Seneca nei confronti dell’imperatore che l’aveva condannato all’esilio). Nella Consolatio ad Polybium invece, scritta proprio durante l’esilio in Corsica, Claudio viene presentato come un imperatore grande e buono: infatti in quest’opera (rivolta a Polibio, un potente liberto di Claudio) Seneca vuole compiacere l’imperatore perché questi  gli consenta di tornare a Roma.
 
(*) Qualcuno ha scritto che, per lo stoicismo, Dio sarebbe il “principio passivo” e la materia il “principio attivo”. Ora, a parte che, caso mai, sarà il contrario (basta un po’ di buon senso per capirlo), mi chiedo dove abbiate preso una simile informazione, visto che io non mi sono addentrato in tali sottigliezze filosofiche, ma mi sono limitato a sottolineare la differenza per quanto riguarda la concezione del logos e della provvidenza.

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