RINASCIMENTO (lezioni)

Sul Rinascimento
 
1)      Per spiegare i caratteri del Rinascimento, mi servo, quando è possibile, della collaborazione dei colleghi di Storia dell’arte e di Filosofia (altrimenti procedo da solo, ma non si può parlare del Rinascimento senza fare riferimento alle arti figurative e a certa filosofia – penso al neo-platonismo di Marsilio Ficino).
2)      Mi riaggancio a Petrarca e Boccaccio, che abbiamo studiato l’anno scorso, per ricordare gli elementi che già in quegli autori indicano la fuoriuscita dal Medioevo, l’affermarsi di una nuova mentalità:
·         l’amore di Petrarca per Laura non è intermediario all’amore per Dio, non conduce alla salvezza (come era per gli stilnovisti e per Dante in particolare), ma è drammaticamente in contraddizione con l’amore per Dio, è un amore terreno;
·         i personaggi del Decamerone sono uomini terreni che cercano di far valere nella vita terrena la loro “virtù”, senza scrupoli di carattere religioso o comunque morale (si pensi ad Andreuccio da Perugia).
3)      Tutto ciò per sottolineare come alla mentalità medievale (che sottovaluta la vita terrena, considerata ben poca cosa rispetto alla vera vita, quella eterna nell’aldilà) si sostituisca una mentalità che valorizza la vicenda terrena dell’uomo, il quale si costruisce il proprio destino con la propria energia, intelligenza, determinazione (in una parola, con la propria “virtù”). Non c’è una provvidenza divina che governa gli eventi del mondo, c’è tutt’al più la “fortuna” (ovvero la pura casualità, l’imponderabile) contro cui si scontra l’intelligenza dell’uomo. Si afferma insomma una mentalità che chiameremmo laica. A questo proposito, si pensi, per valutarne appieno la differenza, a quel passo del canto VII dell’Inferno, laddove Virgilio definisce la Fortuna come un’intelligenza angelica.
4)      A me piace sintetizzare il senso di questa fuoriuscita dal Medioevo con la seguente formula: il Rinascimento significa la scoperta dell’uomo, del tempo, dello spazio. La scoperta dell’uomo consiste in ciò che ho detto finora. A questo proposito, faccio leggere un bel passo tratto dalla Theologia platonica di Marsilio Ficino. E’ un passo significativo perché qui non ci si limita ad esaltare l’essere  umano come il più alto fra gli esseri viventi (l’essere che occupa un posto intermedio fra la feritas dei bruti e la divinitas del creatore), ma si dice molto di più, si dice che l’intelletto dell’uomo è simile a quello divino; ed è un’affermazione che ci conduce diritti a quel passo del Dialogo sopra i due massimi sistemi, laddove Galileo,   150 anni dopo, dice che l’intelletto umano è in grado di conoscere singole verità allo stesso modo in cui le conosce Dio.
5)      Il tempo e lo spazio sono le due dimensioni entro cui si compie la vita terrena dell’uomo. Ebbene,
·         nel Rinascimento la scoperta dello spazio avviene in senso letterale, perché non è un caso che questa età sia anche l’età delle grandi scoperte geografiche. Nel medioevo il mondo conosciuto è ridotto, i paesi lontani sono sconosciuti e favolosi (si pensi che il Milione è letto come un libro delle meraviglie; e si pensi all’idea ristretta che Dante ha della terra). Ancora una volta questo si spiega con la svalutazione della vita terrena, e quindi dello spazio concreto, la terra, in cui l’uomo vive (se la vera vita è quella eterna, nell’aldilà, che m’importa di conoscere i luoghi in cui si svolge l’effimera vita terrena?).
·         Ma di scoperta dello spazio si può parlare anche nell’arte figurativa, come scoperta della prospettiva (ovvero della dimensione spaziale della profondità) e come introduzione dello sfondo paesaggistico invece dello sfondo in oro (quest’ultimo indica uno spazio astratto, metafisico, a fronte dello spazio concreto, realistico indicato dal paesaggio).
6)      Quanto alla scoperta del tempo,
·         intendo prima di tutto l’acquisizione di senso storico, così scarso nel medioevo
a)      e per la solita ragione: la storia è la dimensione in cui si svolgono, nel tempo, le vicende terrene degli uomini, le vicende delle società umane; ma se si svaluta la vita terrena, il suddetto svolgimento non interessa, come non interessano le differenze storiche delle società, dei costumi, del pensiero; quel che interessa è il carattere esemplare delle singole vicende umane, a prescindere dal tempo in cui sono accadute ed anche dal loro essere effettivamente accadute, cioè dal loro essere storicamente accertate: ancora una volta, si pensi a Dante che nel suo oltretomba affianca a personaggi storici, personaggi mitologici e letterari.
b)      Dunque il Rinascimento implica l’acquisizione di tale senso storico (si pensi al nuovo modo in cui si leggono i classici: non come precursori del cristianesimo, ma come appartenenti ad un’età e ad una società diverse; ma si pensi anche L. B. Alberti che, nei Libri della famiglia, rimuove un tabù medievale dicendo che il tempo è proprietà dell’uomo).
·         Ma di scoperta del tempo si può parlare anche nell’arte figurativa: si può confrontare il rilievo per il pulpito del battistero di Pisa, di Nicola Pisano, 1260 (nello stesso riquadro sono giustapposte scene che appartengono a tempi diversi) (1)



 con la formella in bronzo per il fonte battesimale di Siena di Donatello (il convito di Erode, 1427: non solo straordinaria per l’uso della prospettiva, ma anche perché “fotografa” un tempo preciso: quello della presentazione ad Erode della testa di Giovanni Battista) (2).

 

 Ma su questo, vi rinvio al bel libro di J. Le Goff, Tempo della chiesa e tempo del mercante, il quale vede anche nel trionfo del ritratto, così tipico del Rinascimento, un segno della conquista del tempo: il ritratto non rappresenta figure simboliche (figure per le quali contano più i simboli che ne indicano il rango che non il realismo delle fattezze), ma individui colti nel tempo, nella concretezza spazio-temporale in cui vivono.
7)      Fatta questa premessa, si tratta di mettere a fuoco un passaggio decisivo per caratterizzare la pienezza del Rinascimento, ovvero l’affermarsi del cosiddetto ideale della kalòkagathìa. Il pieno Rinascimento si ha quando presso le corti, e quindi presso la cultura, si diffonde l’idea che la bellezza (intesa in senso classico, come armonia, equilibrio, serenità, luminosità), sia intrinsecamente buona, sia manifestazione sensibile del divino sulla terra. E’ un ideale elaborato presso la corte medicea di Lorenzo, alla fine del Quattrocento, ed è un’elaborazione a cui contribuisce in maniera decisiva il pensiero neoplatonico di Marsilio Ficino:  la luce - che è Dio - si manifesta in tutto il creato; l’anima la ritrova nel mondo come bellezza, ovvero ordine, proporzione, armonia; la bellezza è dunque “visibilità della luce interiore, dell’arte intima alle cose”; contemplarla è ritrovare nelle cose il raggio divino, ossia la strada per risalire a Dio (e dunque: se questo mondo non è che una rappresentazione imperfetta del mondo delle idee, dei modelli puri, ecco che il platonismo trapassa nel cristianesimo; ed anche: se la bellezza è un segno del divino, ecco fondato l’ideale della kalòkagathìa).
8)      Nelle arti figurative,
·         da Masaccio (preso come esempio di un’arte che riscopre la realtà, con la sua pesantezza – si pensi alla solidità voluminosa delle sue figure – e con la sua drammaticità – si pensi alla cacciata di Adamo ed Eva)


 
·         si passa a Botticelli (che opera alla corte di Lorenzo e che ci rappresenta una realtà idealizzata, una realtà “bella”, inquadrata secondo ordine e armonia: si pensi a opere come La nascita di Venere: quest’ultima, così poco realistica – ad esempio, nella lunghezza del collo, nelle spalle spioventi, nella strana torsione del braccio sinistro - eppure capace di evocare il sentimento di un’armonia superiore;



 o La Primavera, che sembra essere perfetta come sfondo per le Stanze per la giostra di Poliziano, che, non a caso, opera negli stessi anni e nello stesso ambiente)


 
9)      Ma torniamo alla kalòkagathìa. La trattatistica del Cinquecento insiste su questa idea che la bellezza vada ricercata ed amata, perché essa ci conduce al divino. Ho scelto dei passi di autori diversi, per mostrare la consistenza e la diffusione di questa idea. 
·         C’è un passo degli Asolani  in cui Bembo teorizza che il vero amore è desiderio della vera bellezza, un amore che nasce sul fondamento di due sensi (la vista e l’udito: il primo riconosce la bellezza del corpo, il secondo quella dell’animo), ma che conduce, attraverso il pensiero (che consente di amare la bellezza a prescindere dalla sua presenza), alla contemplazione del mondo trascendente.
·         Leggo poi un brano tratto da un dialogo di Angelo Firenzuola, il Dialogo delle bellezze delle donne, laddove non solo si ribadisce l’idea che la bellezza sia, nel mondo in cui viviamo, l’unico elemento che ci lascia intravedere il mondo perfetto di cui il nostro è una copia imperfetta, ma anche si danno indicazioni precise su quali debbano essere le giuste proporzioni perché si abbia quell’armonia che è propria della bellezza. Ho scelto solo il passo in cui si parla della fronte, ma poi il discorso continua (sugli occhi, sul naso, sulla bocca, ecc.). L’idea è che l’armonia sia riconducibile a precisi rapporti matematici e a precise figure geometriche (si pensi a Leonardo, che inscrive in un cerchio la figura umana).
10)  E poi c’è un passo esemplare, tratto dall’opera, Il cortegiano, che è considerata, giustamente, quella in cui trovano compiuta espressione gli ideali della cultura rinascimentale. Si propone il modello del perfetto uomo di corte, ma siccome l’uomo di corte è, in quella società, l’uomo per eccellenza, quello che ci viene proposto è il modello di uomo al suo più alto grado. Ed è un uomo, il passo in questione ce lo fa ben capire, dotato di “grazia”, che altro non è che la bellezza e l’armonia trasposte nei comportamenti. Il modello è quello di un uomo che appare bello (e dunque anche buono, secondo l’ideale della kalòkagathìa) in quanto aggraziato. Notate che è importante apparire, a prescindere da quello che si è naturalmente. La grazia è il prodotto di uno studio, di un controllo e di una repressione della propria naturalità. La naturalità non può emergere spontaneamente, perché questo comporterebbe la perdita di armonia ed equilibrio. La libera e naturale espressione dei sentimenti non è consentita, perché ciò toglie grazia, ovvero armonia, e quindi bellezza,  ai comportamenti. Dunque l’uomo che ha in mente il Rinascimento è un uomo artificioso (che ovviamente nasconde l’artificiosità), che persegue l’obiettivo di un razionale autocontrollo,  inteso ad occultare e a reprimere l’immediatezza dei sentimenti

___________________________________________________

1)  Il riquadro rappresenta la Natività, raffigurata nei tre momenti dell' annunciazione, dell'adorazione dei pastori, del lavaggio del bambino: la distanza temporale che separa i tre eventi è annullata, tanto che gli stessi personaggi (la Vergine e il bambino) compaiono due volte nello stesso riquadro (la Vergine forse tre volte, se è lei, e non un levatrice, una delle due donne che lavano il bambino).

2)  Anche qui, come nel riquadro di Nicola Pisano, sono raffigurati tre momenti diversi: la testa del Battista mostrata, presumibilmente, ad Erodiade, i musici che hanno accompagnato la danza di Salomè, la presentazione della testa al convito di Erode. Ma la differenza temporale che separa i tre momenti è segnalata, tramite la prospettiva, dalla distanza spaziale: sullo sfondo la prima scena, in un piano intermedio la seconda, in primo piano, e con grande risalto, la scena sconvolgente della presentazione della testa.

Nessun commento:

Posta un commento