PASCOLI (analisi del testo)

Lettura de L’assiuolo
 

Dov’era la luna? chè il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:8
chiù...

Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
16chiù...

Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?...);
e c’era quel pianto di morte...24
chiù...
 
 

Nelle tre strofe c’è un ricorrente schema di contrapposizione fra una prima quartina, che propone immagini serene all’interno di un’atmosfera di attesa, e una seconda quartina gravida invece di suggestioni inquietanti, riferimenti alla morte (concentrati nel lugubre verso - il chiù - che chiude le strofe).
In questo senso la terza strofa è esemplare, sia perché il verso dell’assiuolo è finalmente chiamato “pianto di morte”, sia perché l’immagine dei “finissimi sistri d’argento” (e la conseguente evocazione di “invisibili porte che forse non s’aprono più”) chiarisce inequivocabilmente l’angosciante sentimento di morte che pervade l’intera poesia (inequivocabilmente, pur con i modi pascoliani, fatti di allusioni misteriose, associazioni a-logiche - o pre-logiche - impressioni accostate e non spiegate discorsivamente).
L’atmosfera magica ed indefinita è creata da una serie di immagini analogiche (“alba di perla”, “soffi di lampi”, “nebbia di latte”, “cullare del mare”, ecc.), che, appunto per definizione, sottintendono ed elidono la logica argomentativa del paragone (esemplare quel “il cielo / notava in un’alba di perla”, che significa: il sorgere della luna è come un’alba, in cui si diffonde una luce chiara che ricorda il bianco della perla e che sembra invadere il cielo come un liquido - ove il cielo sembra nuotare; lo stesso vale per il verso delle cavallette, che ricorda il suono che fanno i sistri: ma il paragone è saltato, e si dice, con associazione immediata, che “squassavano le cavallette / finissimi sistri d’argento” ).
Di grande rilievo è anche il simbolismo fonico (o fonosimbolismo): l’allitterazione “nero di nubi”  evoca un’impressione minacciosa ed inquietante; lo stesso si può dire del fru fru tra le fratte” (allitterazione ed onomatopea); nei “finissimi sistri d’argento” il fonosimbolismo è scoperto, con l’insistenza sulle vocali dal suono sottile (sei ‘i’) e sulle sibilanti che intendono  riprodurre il verso delle cavallette (intenzione ripresa dai successivi “tintinni”  ed “invisibili”).
Quanto alla struttura sintattica, la poesia è un affollarsi di sensazioni, accostate l’una all’altra sia attraverso la collocazione sistematica del verbo all’inizio del verso, sia attraverso un periodare rigorosamente paratattico (non vi è una struttura sintattica complessa, gerarchizzata secondo nessi logico-argomentativi, ovvero secondo ipotassi; i membri si succedono uno dopo l’altro, per accostamento; il reale si frantuma in impressioni isolate e il legame che le unisce non è logico, ma analogico, simbolico, allusivo, segreto).

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