FOSCOLO (analisi del testo)

Leggete il sonetto di Foscolo A Zacinto, quindi
 
1)       riassumetene brevemente il contenuto;
2)       sottolineate le significative caratteristiche del paesaggio descritto;
3)       spiegate i termini del confronto che il poeta istituisce fra la propria vicenda e quella di Ulisse;
4)       spiegate e commentate il senso dell’espressione “bello di fama e di sventura” (v. 10), riferita ad Ulisse;
5)       mostrate come in questo testo elementi classici si fondano e confondano con elementi romantici;
6)       fate qualche osservazione sulla struttura formale del testo (sulla sua organizzazione complessiva, sulla sintassi, sul
          lessico, sulla metrica).
 
    
         1        Nè più mai toccherò le sacre sponde
         2   Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
         3   Zacinto mia, che te specchi nell'onde
         4   Del greco mar da cui vergine nacque
         5        Venere, e fea quelle isole feconde
         6   Col suo primo sorriso, onde non tacque
         7   Le tue limpide nubi e le tue fronde
         8   L'inclito verso di colui che l'acque
         9        Cantò fatali, ed il diverso esiglio
        10   Per cui bello di fama e di sventura
        11   Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
        12        Tu non altro che il canto avrai del figlio,
        13   O materna mia terra; a noi prescrisse
        14   Il fato illacrimata sepoltura.
 
Quello che segue è un esempio di come svolgere l'analisi richiesta. Faccio notare che anche altre osservazioni si potevano fare, sia sulla struttura formale del testo, sia sul contenuto (ad esempio, si poteva osservare che Foscolo propone anche un confronto fra se stesso ed Omero)
 
Analisi di A Zacinto
 
  • Il poeta si rivolge alla sua isola natia, affermando la propria consapevolezza di non potere più farvi ritorno, e quindi di non potere rivedere più quel paesaggio e quel mare, in cui è nata Venere e in cui ha vissuto le sue disavventure Ulisse; ma mentre Ulisse ha infine potuto baciare “la sua petrosa Itaca”, il mio destino – dice il poeta – è quello di essere sepolto in terra straniera.
  • Zacinto non è sentita tanto come una patria politica (quale è Venezia per Ortis), quanto come una patria mitica, idealizzata; è il luogo dell’infanzia (dove il poeta “fanciulletto giacque”), dunque della felicità e della innocenza irrimediabilmente perdute; ma è anche il luogo della luminosità, della bellezza e della serenità (a tali elementi rimandano le caratteristiche del paesaggio: le acque calme e trasparenti di quel mare, ove l’isola si “specchia”, le “limpide nubi”, le “fronde”), e sono gli elementi che compongono la sensibilità classica. Dunque dietro la nostalgia per la terra natale, si cela l’aspirazione struggente (la Sehnsucht) a ritrovare l’armonia e la pienezza della vita, armonia e pienezza di vita associate a quel luogo mitico.
  • In ciò Foscolo esprime una sensibilità romantica, in questo sentirsi inquieto, non in pace con se stesso e con il mondo, travolto dalle vicende della vita – così come è stato per Ulisse, il quel però ha avuto il privilegio di riapprodare infine alla terra natale. E se Ulisse è stato “bello di fama e di sventura”, ancora più bello si sente il poeta, a cui tocca una sventura ancora più grande.
  • E’ un’altra idea romantica quella che associa la bellezza alla sventura. Ed è un’idea analoga quella che esprime Anfrido quando dice ad Adelchi, nella omonima tragedia manzoniana: “Soffri e sii grande”. C’è nobiltà (grandezza, bellezza) nella sofferenza, perché solo animi non mediocri, animi capaci di alti sentimenti, sono destinati alla sofferenza.
  • Dunque la sensibilità romantica (evocata dalla figura di Ulisse, cui il poeta si paragona) è fusa con la sensibilità classica (evocata dalla figura di Venere e del paesaggio a lei associato). Ma il classicismo foscoliano è riscontrabile anche nella struttura del sonetto, nella sua sintassi e nel suo lessico.
  • La struttura del sonetto è in un certo senso circolare,  in quanto il motivo fondamentale della perdita della patria apre e chiude il componimento, è affermato con forza al primo verso (“né più mai…”) e ritorna all’ultimo verso, nell’immagine della “illacrimata sepoltura”; al centro, la rievocazione delle due figure mitiche, con i significati ad esse connessi. La sintassi è caratterizzata da un ampio periodo che si distende per tre intere strofe, con una articolazione complessa che imita la sintassi latina, ricca di subordinate e spostamenti dell’ordine delle parole (la relativa che inizia al v. 6 con “onde non tacque” ha il soggetto al v. 8, “l’inclito verso”; la relativa che comincia al v. 10 con “per cui” ha il soggetto alla fine del v. 11, “Ulisse”; ecc.). La continuità sintattica è sostenuta anche da forti enjambement, che tengono uniti non solo i versi ma anche le strofe (si vedano i vv. 4-5 e 8-9). Solo nell’ultima strofa il ritmo rallenta: ci sono ben due periodi, che spezzano a metà il v. 13, a marcare con maggiore forza le immagini evocate e i concetti espressi. Il lessico è classicamente ricercato: “inclito” è il verso di Omero, “fatali” sono le acque percorse da Ulisse, e “diverso” (nel senso, latino, di “deviato” dalla giusta meta) è il suo esilio.

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