LUCREZIO (testi: sulla morte)


De rerum natura, III, vv. 830-869

L’osservazione scientifica della natura ci insegna a vincere la madre di tutte le paure:  la paura della morte

Nil igitur mors est ad nos neque pertinet hilum,
quandoquidem natura animi mortalis habetur.
et vel ut ante acto nihil tempore sensimus aegri,
ad confligendum venientibus undique Poenis,
omnia cum belli trepido concussa tumultu
horrida contremuere sub altis aetheris oris,
in dubioque fuere utrorum ad regna cadendum
omnibus humanis esset terraque marique,
sic, ubi non erimus, cum corporis atque animai
discidium fuerit, quibus e sumus uniter apti,
scilicet haud nobis quicquam, qui non erimus tum,
accidere omnino poterit sensumque movere,
non si terra mari miscebitur et mare caelo.
Et si iam nostro sentit de corpore postquam
distractast animi natura animaeque potestas,
nil tamen est ad nos, qui comptu coniugioque
corporis atque animae consistimus uniter apti.
Nec, si materiem nostram collegerit aetas
post obitum rursumque redegerit ut sita nunc est,
atque iterum nobis fuerint data lumina vitae,
pertineat quicquam tamen ad nos id quoque factum,
interrupta semel cum sit repetentia nostri.
Et nunc nil ad nos de nobis attinet, ante
qui fuimus, [neque] iam de illis nos adficit angor.
Nam cum respicias inmensi temporis omne
praeteritum spatium, tum motus materiai
multimodi quam sint, facile hoc adcredere possis,
semina saepe in eodem, ut nunc sunt, ordine posta
haec eadem, quibus e nunc nos sumus, ante fuisse.
Nec memori tamen id quimus reprehendere mente;
inter enim iectast vitai pausa vageque
deerrarunt passim motus ab sensibus omnes.
Debet enim, misere si forte aegreque futurumst,
ipse quoque esse in eo tum tempore, cui male possit
accidere. Id quoniam mors eximit, esseque prohibet
illum cui possint incommoda conciliari,
scire licet nobis nihil esse in morte timendum
nec miserum fieri qui non est posse, neque hilum
differre an nullo fuerit iam tempore natus,
mortalem vitam mors cum inmortalis ademit.

Traduzione

Nulla dunque la morte è per noi, e non ci riguarda per niente, dal momento che la natura dell'animo va considerata mortale. E come nel tempo passato non sentimmo alcun dolore, mentre i Cartaginesi da ogni parte venivano a combattere, quando il mondo, scosso dal trepido tumulto della guerra, tremò tutto d'orrore sotto le alte volte dell'etere, e fu dubbio sotto il dominio di quale dei due popoli dovessero cadere tutti gli uomini sulla terra e sul mare, così quando noi non saremo più, quando sarà avvenuto il distacco del corpo e dell'anima, che uniti compongono il nostro essere, certo a noi, che allora non saremo più, non potrà affatto accadere alcunché, nulla potrà colpire i nostri sensi, neppure se la terra si confonderà col mare e il mare col cielo. E anche se, dopo il distacco dal nostro corpo, la natura dell'animo e il potere dell'anima serbano il senso, questo tuttavia non importa a noi, che dall'unione e dal connubio del corpo e dell'anima siamo costituiti e unitamente composti. E quand'anche il tempo raccogliesse la nostra materia dopo la morte e di nuovo la disponesse nell'assetto in cui si trova ora e a noi fosse ridata la luce della vita, tuttavia neppure questo evento ci riguarderebbe minimamente, una volta che fosse interrotta la continuità della nostra coscienza. Così ora a noi non importa nulla di noi, quali fummo in precedenza, ‹né› ormai per quel nostro essere ci affligge angoscia. E invero, se volgi lo sguardo verso tutto lo spazio trascorso del tempo illimitato, e consideri quanto siano molteplici i movimenti della materia, facilmente puoi indurti a credere che questi stessi atomi, di cui siamo composti ora, già prima siano stati spesso disposti nel medesimo ordine in cui sono ora. Eppure non possiamo riafferrare con la memoria quell'esistenza; s'è interposta infatti una pausa della vita e tutti i moti si sviarono spargendosi per ogni dove, lontano dai sensi. Infatti, se sventura e affanno devono colpire qualcuno, occorre che allora, in quel medesimo tempo, esista quella stessa persona cui il male possa accadere. Ma, poiché la morte toglie ciò e impedisce
che esista colui a cui le disgrazie possano capitare, è chiaro che niente noi dobbiamo temere nella morte, e che non può divenire infelice chi non esiste, né fa per niente
differenza se egli sia nato o non sia nato in alcun tempo, quando la vita mortale gli è stata tolta dalla morte immortale

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