CARDUCCI (testi)

                              Congedo
 
       1       Il poeta, o vulgo sciocco,
       2   Un pitocco
       3   Non è già, che a l'altrui mensa
       4   Via con lazzi turpi e matti
       5   Porta i piatti
       6   Ed il pan ruba in dispensa.
       7      E né meno è un perdigiorno
       8   Che va intorno
       9   Dando il capo ne' cantoni,
      10   E co 'l naso sempre a l'aria
      11   Gli occhi svaria
      12   Dietro gli angeli e i rondoni.
      13      E né meno è un giardiniero
      14   Che il sentiero
      15   De la vita co 'l letame
      16   Utilizza, e cavolfiori
      17   Pe' signori
      18   E viole ha per le dame.
      19      Il poeta è un grande artiere,
      20   Che al mestiere
      21   Fece i muscoli d'acciaio:
      22   Capo ha fier, collo robusto,
      23   Nudo il busto,
      24   Duro il braccio, e l'occhio gaio.
      25      Non a pena l'augel pia
      26   E giulìa
      27   Ride l'alba a la collina,
      28   Ei co 'l mantice ridesta
      29   Fiamma e festa
      30   E lavor ne la fucina;
      31      E la fiamma guizza e brilla
      32   E sfavilla
      33   E rosseggia balda audace,
      34   E poi sibila e poi rugge
      35   E poi fugge
      36   Scoppiettando da la brace.
 
      37      Che sia ciò, non lo so io;
      38   Lo sa Dio
      39   Che sorride al grande artiero.
      40   Ne le fiamme così ardenti
      41   Gli elementi
      42   De l'amore e del pensiero
      43      Egli gitta, e le memorie
      44   E le glorie
      45   De' suoi padri e di sua gente.
      46   Il passato e l'avvenire
      47   A fluire
      48   Va nel masso incandescente.
      49      Ei l'afferra, e poi del maglio
      50   Co 'l travaglio
      51   Ei lo doma su l'incude.
      52   Picchia e canta. Il sole ascende,
      53   E risplende
      54   Su la fronte e l'opra rude.
      55      Picchia. E per la libertade
      56   Ecco spade,
      57   Ecco scudi di fortezza:
      58   Ecco serti di vittoria
      59   Per la gloria,
      60   E diademi a la bellezza.
      61      Picchia. Ed ecco istoriati
      62   A i penati
      63   Tabernacoli ed al rito:
      64   Ecco tripodi ed altari.
      65   Ecco rari
      66   Fregi e vasi pe 'l convito.
      67      Per sé il pover manuale
      68   Fa uno strale
      69   D'oro, e il lancia contro 'l sole:
      70   Guarda come in alto ascenda
      71   E risplenda,
      72   Guarda e gode, e più non vuole.
 

                      



Davanti San Guido



I cipressi che a Bolgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardar.

Mi riconobbero, e - Ben torni omai -
Bisbigliaron vèr' me co 'l capo chino -
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d'una volta: oh non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido cosí ?
Le passere la sera intreccian voli
A noi d'intorno ancora. Oh resta qui!

Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d'un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei -
Guardando lor rispondeva - oh di che cuore !

Ma, cipressetti miei, lasciatem'ire:
Or non è piú quel tempo e quell'età.
Se voi sapeste!... via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.

E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtú:
Non son piú, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro piú.

E massime a le piante. - Un mormorio
Pe' dubitanti vertici ondeggiò,
E il dí cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe' parole:
Ben lo sappiamo: un pover uom tu se'.

Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.

A le querce ed a noi qui puoi contare
L'umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!

E come questo occaso è pien di voli,
Com'è allegro de' passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;

I rei fantasmi che da' fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.

Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l'ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l'ardente pian,

Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co 'l lor bianco velo;
E Pan l'eterno che su l'erme alture
A quell'ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà.

Ed io - Lontano, oltre Apennin, m'aspetta
La Tittí - rispondea; - lasciatem'ire.
È la Tittí come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.

E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio, cipressi! addio, dolce mio piano!

Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta?
E fuggíano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de' cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia:

La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l'ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch'è sí sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,

Canora discendea, co 'l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Piena di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com'era bella
Quand'ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest'uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:

Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.

Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio cosí.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

Sotto questi cipressi, ove non spero,
Ove non penso di posarmi piú:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggía la vaporiera
Mentr'io cosí piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d'un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.


(23-26 Dicembre 1874)

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