MACHIAVELLI (schede)



Il procedimento dilemmatico

 
J. MARCHAND, N. Machiavelli. I primi scritti politici,
Antenore 1975, pp. 19-23.



Il ragionamento di Machiavelli procede spesso secondo uno schema dilemmatico (le possibilità sono presentate per coppie antitetiche, una delle quali viene eliminata) propagginato (per ogni alternativa, il termine accettato si suddivide in due altre possibilità). Ne risulta un modo di procedere estremamente rigoroso, quasi matematico. Lo si può vedere nel cap. I del Principe  :

                         


                                 STATI

        ____________________________


REPUBBLICHE                         PRINCIPATI
(escluso)
                                         ___________________


                            EREDITARI                           NUOVI
                              (escluso)
                                                                     ____________


                                                     DEL TUTTO            AGGIUNTI


                                             USI AL PRINCIPE          USI ALLA LIBERTA’


                                   ACQUISTATI CON ARME       ACQUISTATI CON ARME


                                                D’ALTRI                             PROPRIE


                                                PER FORTUNA              PER VIRTU’


 


Nella lettera al Vettori:



 
                                                 L’OPUSCOLO
                                _________________________________
                       DARLO                                                   NON DARLO


           (sarebbe l’occasione per                            (escluso: Giuliano non lo
            recuperare la fiducia                                 legge e Ardinghelli se lo
                           dei Medici)                                                 attribuisce)
              _______________                           

  DI PERSONA        CON INTERMEDIARIO        
                             (non risolto)


Machiavelli teorico dello Stato borghese

 
M. HORKHEIMER, Gli inizi della filosofia borghese della storia,
Einaudi 1978, pp. 7-13 (in M. I., 4, pp. 736-740).

 
Nel suo oscillare fra principato e repubblica, nel suo ammaestrare sia i detentori del potere sia gli oppositori, Machiavelli sembrerebbe indifferente ai risultati, appassionato unicamente ai meccanismi della lotta (per la conquista e per la difesa del potere). In realtà, ciò che gli interessa è la formazione di una saldo potere borghese, che possa garantire lo sviluppo delle forze e delle attività economiche.

E’ infatti chiaro dalle sue opere – si veda il finale del cap. XXI del Principe (1); e Discorsi I, LV (2) – che è giunto alla conclusione che “dal dispiegarsi degli scambi, dalla diffusione dell’abilità borghese nel commercio e nell’artigianato, dal libero gioco delle forze economiche, dipende il benessere della totalità”. Lo stesso concetto di “virtù” va compreso in questo contesto: non indica più lo spirito statuale e guerriero del romano, e nemmeno l’umiltà cristiana, ma l’insieme delle qualità che attengono alla laboriosità e alla capacità di guadagno.

Quindi, non in astratto “il fine giustifica i mezzi”, ma quel fine concreto, nobile (la creazione della migliore comunità possibile), chiede la subordinazione di ogni scrupolo (3).

L’errore di Machiavelli consisterebbe nell’aver giustificato, anche per il passato e per il futuro, strumenti di dominio (di conquista del potere) che erano condizione irrinunciabile per l’ascesa della borghesia nel suo tempo e nel suo paese (quando si trattava di spazzare via i “gentiluomini”, ovvero la vecchia nobiltà, i cui interessi erano contrari alla costituzione di un forte potere centrale, funzionale allo sviluppo borghese).
 
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1) “(Il principe) debbe animare li sua cittadini di potere quietamente esercitare li esercizii loro, e nella mercanzia e nella agricoltura... e che quello non tema di ornare le sua possessione per timore che le gli sieno tolte, e quell’altro di aprire uno traffico per paura delle taglie; ma debbe preparare premii a chi vuol fare queste cose...”

2) “... dico che gentiluomini sono chiamati quelli che oziosi vivono delle rendite delle loro possessioni abbondantemente, senza avere cura alcuna o di coltivazione o di altra necessaria fatica a vivere. Questi tali sono perniziosi in ogni repubblica...”; “(chi vuol fondare una repubblica) dove sono assai gentiluomini... non lo può fare se prima non gli spegne tutti”.

3) Questa tesi fa evidentemente il paio con quella di Chabod, che vede la nobiltà del fine nella fondazione dello Stato nazionale.

 

 
Machiavelli “induttivo” o “deduttivo”?

 
CESARANI-DE FEDERICIS, Il materiale e l’immaginario, vol. 4
Loescher 1979, pp. 511-13.

 
Secondo Chabod (ed è l’interpretazione tradizionale), Machiavelli sale con “un colpo d’ala” dall’esperienza concreta alla regola, ovvero dall’osservazione particolare (e sarà dei fatti sia di storia antica, sia di storia contemporanea) “induce” le norme generali.

Ma l’interpretazione moderna (da Pincin a Martelli) vede invece un procedimento contrario: prima ci sarebbero le regole (che Machiavelli ha già concepito) e quindi la loro conferma nell’esperienza; i fatti, che hanno il compito di “inverare” la regola, sono dedotti dalla regola (ovvero, gli esempi sono selezionati in quanto servono a dimostrare la verità della tesi sostenuta, che è preesistente; e non a caso c’è una predilezione per gli esempi tratti dalla storia antica, perché offrono la possibilità di studiare i fenomeni “in vitro”, astraendoli dal loro spazio concreto).

Quindi il procedimento è dall’universale al particolare, secondo il tratto tipico di ogni platonismo: e non si può non notare che il neo-platonismo di Marsilio Ficino aveva dominato la vita culturale fiorentina negli anni della formazione di Machiavelli (1).

Una simile questione non può non far pensare al contrasto fra Popper e Fayerabend a proposito del metodo scientifico: secondo il primo, i fatti costituiscono la verifica (o la falsifica) delle teorie (in tal caso, la teoria deve indicare i fatti che la confermano, ma anche, contemporaneamente, quelli che la smentirebbero); per il secondo, il fatto in sé non esiste, ma esistono teorie che interpretano i fatti (le teorie “caricano” di significato i fatti: ad esempio, il “fatto” del sorgere del sole può essere interpretato diversamente, a seconda che a constatarlo sia un tolemaico o un copernicano).
 
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1)“Così come nel gracile sistema ficiniano il mondo nient’altro è che l’espressione e la manifestazione corporea, nel tempo e nello spazio, di Dio (sicché nella filosofia del Ficino non c’è margine per il male e per il peccato, che finisce per identificarsi col non-essere); allo stesso modo, nella concezione politica e filosofica del Machiavelli, gli avvenimenti politici, i fatti terreni, non  sono che l’attuarsi di immutabili leggi (sicché l’imprevisto, l’anomalo viene da lui escluso, relegato in una zona d’ombra imperscrutabile, identificato anche da lui col non-essere.” (M. Martelli, Introduzione  a Machiavelli, Tutte le opere, Sansoni l971, p. XXIX)

 

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