CORNELIO NEPOTE (traduzioni)


La battaglia di Maratona

Athenienses copias ex urbe eduxerunt locoque idoneo castra fecerunt. Dein, postero die, sub montis radicibus acie regione non apertissima instructa, proelium commiserunt hoc consilio, ut et montium altitudine tegerentur et arborum tractu equitatus hostium impediretur, ne multitudine clauderentur. Datis (
Dati, comandante dell’esercito persiano), etsi non aequum locum videbat suis, tamen fretus numero copiarum suarum confligere cupiebat, eoque magis quod, priusquam Lacedaemonii subsidio venirent, dimicare utile arbitrabatur. Itaque in aciem peditum centum, equitum decem milia produxit proeliumque commisit. In quo tanto plus virtute valuerunt Athenienses, ut decemplicem numerum hostium profligarint, adeoque eos perterruerunt, ut Persae non castra, sed naves petierint. Qua pugna nihil adhuc exstitit nobilius: nulla enim umquam tam exigua manus tantas opes prostravit.

Cornelio Nepote,
Miltiades (V)
 
http://img2.blogblog.com/img/icon18_edit_allbkg.gifTraduzione
 
Gli Ateniesi fecero uscire le truppe dalla città e posero l’accampamento in un luogo idoneo. Poi, il giorno dopo, schierato l’esercito alle falde del monte, in un terreno non molto aperto, attaccarono battaglia con questo accorgimento (piano, progetto), (cioè) che fossero protetti dall’altezza dei monti e che la cavalleria nemica fosse ostacolata dalla distesa di alberi, al fine di non essere circondati dalla moltitudine (dei nemici). Dati, anche se vedeva il luogo non favorevole ai suoi, tuttavia, confidando nel numero delle sue truppe, desiderava venire allo scontro, tanto più perché riteneva utile combattere prima che arrivassero in aiuto gli Spartani. Pertanto mise in campo (produxit in aciem) centomila fanti e diecimila cavalieri (milia deve essere collegato sia a decem sia a centum) e attaccò battaglia. E in questa (nesso relativo) gli Ateniesi prevalsero (plus valuerunt: lett.: valsero di più) in valore tanto che sconfissero un numero di nemici dieci volte superiore (lett.: "decuplo"), e li atterrirono a tal punto che i Persiani non fuggirono verso (lett.: non si diressero) l’accampamento, ma (addirittura) verso le navi. Niente finora è esistito di più nobile di questa (nesso relativo) battaglia: mai infatti una schiera tanto piccola piegò (abbatté, umiliò) una potenza tanto grande.
Una saggia proposta non ascoltata
 
Alla foce dell’Egospòtami (nell’Ellesponto), nel 405 a. C., Lisandro, ammiraglio (praetor) spartano, sconfisse gli Ateniesi, comandati da Filocle, approfittando della propria superiorità logistica che gli consentiva di attendere il momento opportuno per un attacco di sorpresa, mentre gli Ateniesi erano costretti ad approvvigionarsi sulla terraferma abbandonando le navi. La vittoria di Lisandro pose fine alla guerra del Peloponneso.
 
Cum apud Aegos flumen (1) Philocles, praetor Atheniensium, classem suam constituisset neque longe abesset Lysander, praetor Lacedaemoniorum, Alcibiades (2) ad exercitum venit Atheniensium ibique, praesente vulgo, se, si vellent, coacturum Lysandrum dimicare aut pacem petere spopondit. Sed Philocles verba Alcibiadis non curavit; metuebat enim ut, si quid secundi evenisset, maiorem partem in ea re haberet, ne, contra, unus haberetur reus, si quid adversi accidisset. Ab hoc discedens Alcibiades "quoniam" inquit "victoriae patriae repugnas, illud moneo, ne iuxta hostem castra nautica habeas: periculum est enim ne immodestia militum vestrorum occasio detur Lysandro vestri opprimendi exercitus". Neque ea res illum fefellit. Nam Lysander, cum comperisset milites Athenienses in terram praedatum exisse navesque paene inanes relictas, tempus rei gerendae non dimisit eoque impetu bellum totum delevit.
 
Cornelio Nepote, Alcibiades (VIII, 1-6)
 
NOTE
 
1) Aegos flumen = Egospòtami (letteralmente, “fiume della capra”).
2) Alcibiade, politico e generale Ateniese, benché caduto in disgrazia, sentì il dovere di mostrarsi utile alla patria nella presente occasione, poiché contava di indurre il re dei Traci, suo amico, ad attaccare Lisandro alle spalle.
 
Traduzione
 
Poiché Filocle, ammiraglio degli Ateniesi, aveva ancorato (collocato) la propria flotta presso l’Egospòtami e Lisandro, ammiraglio degli Spartani, non era molto lontano, Alcibiade giunse presso l’esercito degli Ateniesi e lì, pubblicamente (lett., ablativo assoluto: presente il popolo), promise che, se volevano, avrebbe costretto Lisandro a combattere o a chiedere la pace. Ma Filocle non si curò delle parole di Alcibiade; infatti temeva di non avere il ruolo più importante (lett.: la parte più grande) in quella vicenda, se le cose fossero andate bene (lett.: se fosse accaduto qualcosa di favorevole); al contrario, (temeva) di essere considerato il solo colpevole, se le cose fossero andate male (lett.: se fosse accaduto qualcosa di avverso). Allontanandosi da costui, Alcibiade disse: "Poiché ti opponi alla vittoria della patria, ti avverto di questo, (cioè) di non tenere la flotta ancorata (lett.: l’accampamento navale) vicino al nemico: infatti c’è pericolo che per la indisciplina dei vostri soldati si dia a Lisandro l’occasione di sopraffare il vostro esercito". E in questo non si ingannò (lett.: né questa cosa lo ingannò). Infatti Lisandro, avendo saputo che i soldati ateniesi erano scesi a terra per fare bottino (praedatum è un supino attivo con valore finale) e che le navi erano rimaste quasi vuote, non perse l’occasione di agire (lett.: di fare la cosa) e con quell’assalto risolse definitivamente (delevit) l’intera guerra.
 
Morte di Annibale
 
I Romani sono venuti a sapere che il loro grande nemico, Annibale, è ospitato da Prusia, re di Bitinia. Dunque, si presentano da quest’ultimo e gli chiedono la consegna di Annibale. Prusia, per quanto di mala voglia, non può rifiutare (è un piccolo re, mentre Roma è una superpotenza), quindi indica ai Romani dove si trova il cartaginese.
 
Hannibal uno loco se tenebat, in castello quod ei a rege datum erat muneri, idque sic aedificaverat, ut in omnibus partibus aedificii exitus haberet, scilicet verens (1) ne eveniret quod accidit. Huc cum legati Romanorum venissent ac multitudine armatorum domum eius circumdedissent, puer (2) ab ianua prospiciens Hannibali dixit plures praeter consuetudinem armatos apparere. Qui (3) imperavit ei ut omnes fores aedificii circumiret ac propere sibi nuntiaret, num eodem modo undique obsideretur (4). Puer cum celeriter, quid vidisset (5), renuntiasset omnesque exitus occupatos ostendisset, sensit Hannibal id non fortuito factum, sed se peti (6) neque sibi diutius vitam esse retinendam. Quam (7) ne alieno arbitrio dimitteret, memor pristinarum virtutum, venenum, quod semper secum habere consueverat, sumpsit.
 
Cornelio Nepote, Hannibal, XII
 
NOTE
 
1)      E’ un verbo che significa “temere”, dunque regge la costruzione tipica dei verba timendi.
2)      Puer = schiavo
3)      Nesso relativo.
4)      E’ retto da num, che è una particella interrogativa (dunque, la proposizione è una interrogativa indiretta).
5)      E’ retto da quid, che è un pronome interrogativo (dunque, la proposizione è una interrogativa indiretta).
6)      Petere = cercare, prendere di mira.
7)      Nesso relativo.
 
 
Traduzione
 
 
Annibale risiedeva in un solo (questo è il significato di unus, non il semplice articolo "un") luogo, in un castello (lett.: luogo fortificato) che gli (ei) era stato dato in dono (muneri; insieme ad ei forma la costruzione detta del doppio dativo) dal re, e lo aveva disposto (lett.: costruito) in modo tale che aveva (ma anche: avesse) uscite in ogni parte dell’edificio, evidentemente temendo che succedesse quello che (poi) successe. Essendo giunti qui gli ambasciatori romani ed avendo circondato la sua casa con una moltitudine di armati, uno schiavo guardando dalla porta, disse ad Annibale che si vedevano più armati del solito (lett.: apparivano parecchi armati, oltre la consuetudine). Costui (cioè, Annibale) gli (cioè, allo schiavo) comandò di ispezionare (o che ispezionasse, ma non affinché, perché è una completiva, non una finale) tutte le porte dell’edificio e di riferirgli immediatamente se era assediato allo stesso modo da ogni parte. Dopo che (ma anche: poiché) lo schiavo gli ebbe riferito celermente che cosa aveva visto e gli ebbe spiegato che tutte le uscite erano (state) bloccate, Annibale capì che questo non succedeva per caso (lett.: non era stato fatto casualmente), ma che cercavano lui (lett.: lui era cercato) e che la sua vita era ormai alla fine (lett.: che non doveva conservare più a lungo la vita). (Allora), per non affidarla all’arbitrio altrui, memore dell’antico valore (lett. è plurale), bevve il veleno che era solito tenere sempre con sé. 
 
 
 
 
 
 

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