VERGA (analisi del testo)

Quello che segue è l’inizio del cap. IV dei Malavoglia. Leggete la pagina, quindi:
1.       dimostrate di comprenderla, riassumendone brevemente il senso;
2.      individuate, facendo opportuni riferimenti al testo, le caratteristiche del narratore (coincide con l’autore? Ha un suo punto di vista? Se ce l’ha, qual è e da quali elementi lo riconosciamo?)
3.      individuate le caratteristiche dello stile (che osservazioni si possono fare sul lessico? Come è strutturata la sintassi? E’ sempre regolare? E i proverbi citati contribuiscono a caratterizzare lo stile?);
4.      alla fine, che idea si fa il lettore del personaggio rappresentato?.Acquisisce il punto di vista del narratore o si fa un’idea diversa?
 
               Il peggio era che i lupini li avevano presi a credenza (1), e  lo zio Crocifisso non si contentava di «buone parole e mele fradicie»(2), per questo lo chiamavano Campana di legno, perché non ci sentiva da quell'orecchio, quando lo volevano pagare con delle chiacchiere, e diceva che «alla credenza ci si pensa». Egli era un buon diavolaccio, e viveva imprestando agli amici, non faceva altro mestiere, che per questo stava in piazza tutto il giorno, colle mani nelle tasche, o addossato al muro della chiesa, con quel giubbone tutto lacero che non gli avreste dato un baiocco; ma aveva denari sin che ne volevano, e se qualcheduno andava a chiedergli dodici tarì (3) glieli prestava subito, col pegno, perché «chi fa credenza senza pegno, perde l'amico, la roba e l'ingegno» a patto di averli restituiti la domenica, d'argento e colle colonne,(4) che ci era un carlino dippiù,(5) come era giusto, perché «coll'interesse non c'è amicizia». Comprava anche la pesca tutta in una volta, con ribasso, quando il povero diavolo che l'aveva fatta aveva bisogno subito di denari, ma dovevano pesargliela colle sue bilancie, le quali erano false come Giuda,(6) dicevano quelli che non erano mai contenti, ed hanno un braccio lungo e l'altro corto, come San Francesco;(7) e anticipava anche la spesa per la ciurma, se volevano, e prendeva soltanto il denaro anticipato, e un rotolo (8) di pane a testa, e mezzo quartuccio di vino, e non voleva altro, ché era cristiano e di quel che faceva in questo mondo avrebbe dovuto dar conto a Dio. Insomma era la provvidenza per quelli che erano in angustie, e aveva anche inventato cento modi di render servigio al prossimo, e senza essere uomo di mare aveva barche, e attrezzi, e ogni cosa, per quelli che non ne avevano, e li prestava, contentandosi di prendere un terzo della pesca, più la parte della barca, che contava come un uomo della ciurma, e quella degli attrezzi, se volevano prestati anche gli attrezzi, e finiva che la barca si mangiava tutto il guadagno, tanto che la chiamavano la barca del diavolo - e quando gli dicevano perché non ci andasse lui a rischiare la pelle come tutti gli altri, che si pappava il meglio della pesca senza pericolo, rispondeva: - Bravo! e se in mare mi capita una disgrazia, Dio liberi, che ci lascio le ossa, chi me li fa gli affari miei? - Egli badava agli affari suoi, ed avrebbe prestato anche la camicia; ma poi voleva esser pagato, senza tanti cristi; ed era inutile stargli a contare ragioni, perché era sordo, e per di più era scarso di cervello, e non sapeva dir altro che «Quel ch'è di patto non è d'inganno», oppure «Al giorno che promise si conosce il buon pagatore»(9).
1: a credenza = a credito
2: «buone parole e mele fradicie» = solo chiacchiere e niente fatti
3: Il tarì è un’antica moneta siciliana
4: d'argento e colle colonne: lo zio Crocifisso ne controllava la genuinità (il tarì era d’argento e recava incisa l’immagine di quattro colonne)
5: ci era un carlino dippiù: è l’interesse richiesto dopo una settimana per il prestito di dodici tarì (il carlino valeva mezzo tarì)
6: dovevano pesargliela colle sue bilancie, le quali erano false come Giuda: rubava sul peso, servendosi di bilance truccate, con i bracci di diversa lunghezza
7: Si tratta di san Francesco di Paola, di cui si diceva che avesse un braccio più lungo dell’altro a forza di benedire.
8: un rotolo di pane = un filone di pane (circa 850 grammi)
9: «Al giorno che promise si conosce il buon pagatore»: buon pagatore è colui che paga puntualmente, senza cercare dilazioni,
 
Quello che segue è un esempio, abbastanza completo, di analisi del testo, condotta secondo le indicazioni suggerite nella premessa. Si poteva anche dire di meno, ma, sui diversi aspetti, bisognava dimostrare di aver capito, e di saper riconoscere, le questioni fondamentali. In particolare, un’analisi del testo vuole, per definizione, che non si facciano discorsi generali (e generici), ma che ogni osservazione sia sostenuta da precisi riscontri nel testo.  
 
Lo zio Crocifisso, da cui i Malavoglia avevano preso a credito i lupini, faceva proprio questo mestiere: prestava soldi, ma anche barche e attrezzi, e a questo fine stava in piazza tutto il giorno. Naturalmente poi si  faceva restituire il debito con in più gli interessi, e su questo era irremovibile: non accettava sconti o dilazioni (“per questo lo chiamavano Campana di legno, perché non ci sentiva da quell’orecchio”), pretendeva quel che gli era dovuto, alla data fissata. In un certo senso era come una “provvidenza”, per chi ne aveva bisogno, anche se “quelli che non erano mai contenti” dicevano che era un truffatore e che si approfittava delle disgrazie altrui.
Secondo i principi della poetica verghiana, la voce narrante non è quella dell’autore, ma quella degli stessi personaggi di cui si parla. Nel caso specifico, capiamo che chi narra sono dei compaesani della zio Crocifisso, probabilmente suoi amici, comunque gente che condivide i suoi principi: lo capiamo dal modo benevolo con cui è presentato (si dice che era “un buon diavolaccio”, che l’interesse che prendeva “era giusto”, che era “la provvidenza”, che non faceva altro che “render servigio al prossimo”, “contentandosi” di prendere un terzo della pesca, ecc.). Di più: a un certo punto la voce narrante diventa quella dello stesso zio Crocifisso, perché non può essere altri che lui che dice, tramite un discorso indiretto libero: “e non voleva altro, ché era un buon cristiano e di quel che faceva a questo mondo avrebbe dovuto dar conto a Dio”.
Quanto al linguaggio usato, è riconoscibile, tanto nel lessico quanto nella sintassi, la riproduzione dei modi della lingua parlata. In merito al lessico, si possono notare espressioni popolari come “buon diavolaccio” o “povero diavolo”, “senza tanti cristi”, o un verbo come “si pappava”. Del resto, la continua citazione di proverbi e modi di dire popolari conferma questo carattere dello stile. Ed è un carattere che si riconosce anche nella costruzione dei periodi, dove è presente una sintassi prevalentemente paratattica. Si guardi, ad esempio, il periodo che comincia con “egli era un buon diavolaccio” e finisce con “un baiocco”: si tratta di un periodo lungo, ma povero di subordinate (ce n’è solo una, di valore consecutivo: “che non gli avreste dato un baiocco”), ricco invece di coordinate alla principale; tale è anche la proposizione “che per questo stava in piazza tutto il giorno”, perché quel “che” non ha funzione subordinante (come dovrebbe, in una sintassi regolare), ma coordinante (equivale a “e per questo). Si tratta di un “che” che ricalca il “ca” del parlato siciliano: ha una valore sintatticamente ambiguo (fra il coordinante e il subordinante: si parla infatti di un “che” polivalente) e nel nostro testo è chiaramente ritrovabile poco dopo nell’espressione “che ci era un carlino dippiù”.
L’idea che il lettore si fa alla fine è certamente opposta a quella che ci è suggerita dalla voce narrante. E’ in atto qui il cosiddetto “effetto di straniamento” per cui è presentato come giusto e normale un comportamento che invece è immorale, e come tale è avvertito dal lettore. La voce narrante non riesce a nasconderci la verità, che invece traspare quando ci viene detto quel che pensavano “quelli che non erano mai contenti” o che la barca che lo zio Crocifisso prestava “la chiamavano la barca del diavolo”. Altro che “buon diavolaccio” o buon “cristiano” che rendeva “servigio al prossimo”! Era un volgare strozzino che lucrava sulle disgrazie degli altri. Quel carlino in più che voleva d’interesse su dodici tarì (“com’era giusto”, dice la voce narrante), era un vero interesse da usura: mezzo tarì su dodici in una settimana equivale (basta fare i conti) a un interesse annuale del 216% (altro che “giusto”!)

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