POLIBIO-LIVIO (testi: un confronto)

Polibio e Livio descrivono lo stesso episodio: la conquista di Cartagèna, in Spagna, da parte di Scipione (il futuro Africano), nel 209 a.C.
Si noterà che Livio, pur confermando il saccheggio, del resto normale in tempo di guerra,
1)    ci tiene a far notare che la strage non comincia per ordine di Scipione, ma per iniziativa di una moltitudine di soldati distinta dalla colonna guidata dai capi;
2)    niente dice sull’uso di squartare gli animali per atterrire maggiormente i nemici;
3)    sottolinea che le vittime sono tutte adulte.
 
 
Traduzione
 
Scipione, quando credette che un numero sufficiente dei suoi fosse entrato nella città, come è costume dei Romani, ne mandò la maggior parte contro i cittadini, con l’ordine di uccidere chiunque incontrassero senza risparmiare alcuno e di non iniziare il bottino prima che egli ne avesse dato il comando. I Romani ricorrono a questa tattica per atterrire gli avversari: quando essi conquistano una città si vedono non solo uomini uccisi, ma cani squartati ed altri animali fatti a pezzi. In quell’occasione gravissima fu la strage, dato il gran numero degli uomini sorpresi nella città.
 
Magna multitudo et muros transcendebat; sed hi passim ad caedem oppidanorum versi; illa quae portam ingressa erat iusta acies cum ducibus, cum ordinibus media urbe usque in forum processit. Inde cum duobus itineribus fugientes videret hostes, alios ad tumulum in orientem versum qui tenebatur quingentorum militum praesidio, alios in arcem in quam et ipse Mago cum omnibus fere armatis qui muris pulsi fuerant refugerat, partem copiarum ad tumulum expugnandum mittit, partem ipse ad arcem ducit. Et tumulus primo impetu est captus, et Mago arcem conatus defendere, cum omnia hostium plena videret neque spem ullam esse, se arcemque et praesidium dedidit. Quoad dedita arx est, caedes tota urbe passim factae nec ulli puberum qui obvius fuit parcebatur: tum signo dato caedibus finis factus, ad praedam victores versi, quae ingens omnis generis fuit. (Livio, XXVI, 46, 7 e segg.)
 
Traduzione
 
Una gran moltitudine varcò allora anche le mura, ma questa si diede a menare strage dappertutto; quella invece che era entrata per la porta, colonna ordinata con i suoi capi, si avanzò nel mezzo della città fino al foro. Come di là Scipione ebbe veduto i nemici fuggire in due direzioni, parte verso il colle volto ad oriente ch’era tenuto da un presidio di cinquecento uomini, parte verso la rocca in cui lo stesso Magone si era rifugiato con quasi tutti gli armati che erano stati scacciati dalle mura, mandò alcuni reparti ad espugnare il colle, e altri guidò egli stesso contro la rocca. E subito, nel primo assalto, il colle fu preso, e Magone, dopo un tentativo di resistenza, quando vide tutto pieno di nemici e vana ogni speranza, si arrese con la rocca e col presidio. Fino al momento della resa della rocca, fu fatta dappertutto una grande strage nella città, senza risparmiare nessun adulto che si incontrava; poi, a un dato segnale, si cessò dall’eccidio; e i vincitori si diedero alla preda, che fu in ogni senso enorme.

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