PASCOLI (testi)

LAVANDARE
 
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.
 
E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:
 
Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.
 
 
TEMPORALE
 
Un bubbolìo lontano. . .
 
Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano.
 
IL LAMPO
 
E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto     
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.


SERA D’OTTOBRE


 

Lungo la strada vedi su la siepe

ridere a mazzi le vermiglie bacche:

nei campi arati tornano al presepe

tarde le vacche.

 

Vien per la strada un povero che il lento

passo tra foglie stridule trascina:

nei campi intuona una fanciulla al vento:

Fiore di spina! . . .

I PUFFINI DELL’ADRIATICO

 
Tra cielo e mare (un rigo di carmino
recide intorno l’acque marezzate)
parlano. È un’alba cerula d’estate:
non una randa in tutto quel turchino.
 
Pur voci reca il soffio del garbino
con ozïose e tremule risate.
Sono i puffini: su le mute ondate
pende quel chiacchiericcio mattutino.
 
Sembra un vociare, per la calma, fioco,
di marinai, ch’ad ora ad ora giunga
tra ‘l fievole sciacquìo della risacca;
 
quando, stagliate dentro l’oro e il fuoco,
le paranzelle in una riga lunga
dondolano sul mar liscio di lacca.

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