mercoledì 12 agosto 2015

Leopardi: la poetica (1)


Poesia e non poesia per Leopardi

R. WELLEK, Storia della critica moderna,
vol. II, Il Mulino 1961, pp. 349-356.
 
Dopo la identificazione fra infanzia, antichità ed età della poesia nel Discorso (contro i romantici - quelli italiani, naturalmente - che esortano ad una poesia attuale, utile, vera), ecco nello Zibaldone le affermazioni secondo cui la poesia è lirica e sentimentale.
E’ lirica in quanto espressione del sentimento; ma il sentimento non è emozione immediata, è piuttosto reminiscenza, memoria, ricordo dell’infanzia e del passato (tant’è che la poesia richiede, sì, un "impeto", un’ispirazione di due minuti; ma poi ha bisogno di due o tre settimane di elaborazione). Ed ancora: come l’immaginazione è propria degli antichi, così il sentimento è privilegio e maledizione dei moderni (in quanto consiste in una maggior capacità di dolore): implica la conoscenza del vero, è compenetrato di filosofia ("ed infatti io non divenni sentimentale se non quando, perduta la fantasia, divenni insensibile alla natura, e tutto dedito alla ragione e al vero, insomma filosofo").
Eppure la filosofia è la negazione della poesia, cosiccome il linguaggio moderno, prosastico, tecnico, preciso (geometrico: vedi il francese) è la negazione del linguaggio poetico, metaforico, vago, indefinito (vedi l’antico - e l’italiano); tuttavia, l’unica poesia che si può fare oggi è quella lirica sentimentale (addolorata e filosofica; rimembrante e indefinita): che non è vera poesia.
Quel che è certo è che la poesia non è l’epica, genere che richiede un piano concepito e ordinato con distacco razionale (quelli omerici, però, sono brevi canti - e quindi liriche - uniti insieme; e la Divina Commedia è una sorta di "lirica prolungata"); né lo è il dramma, che, come il romanzo, richiede una serie di personaggi estranei alla sensibilità dell’autore (e quindi costruiti a freddo).
Siamo arrivati alla negazione del classicismo: dramma e intreccio, che per Aristotele erano l’essenza della poesia, sono respinti da Leopardi alla periferia di essa.

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