mercoledì 12 agosto 2015

Leopardi: il pensiero

Schopenhauer e Leopardi

F. DE SANCTIS, Saggi critici, vol.II,
Laterza, 1965, pp. 136-186.

E’ un saggio del 1858, in cui, sotto forma di dialogo fra due personaggi (uno dei quali, D., rappresenta lo stesso De Sanctis), si confrontano il pensiero di Leopardi e quello di Schopenhauer, e se ne mostrano, per la prima volta in Italia, le affinità di fondo (1).
Per Schopenhauer il Wille (la voluntas) è la cosa in sé (il noumeno kantiano), puro stimolo che preesiste all’essere, e che poi si oggettiva (si incarna) nel mondo: si fa individuo (si adatta al principium individuationis) e di qui scaturisce il male, perché il Wille "s’imprigiona nello spazio e nel tempo, entra nella catena delle cause e degli effetti, si condanna al dolore e alla miseria "; prendere forma, cioè vivere, è la sua infelicità; viceversa, "la morte è la fine del male e del dolore, è il Wille che ritorna se stesso, libero e felice ". Per Leopardi all’origine c’è la materia, con il suo eterno ciclo di creazione e dissoluzione; ma, si chiami materia, natura o Wille, è sempre lo stesso potere cieco e maligno. E quella "simpatia universale" che si accende nel cuore degli uomini alla comprensione che un unico Wille è in tutti, è la stessa solidarietà cui richiama Leopardi ne La ginestra contro la natura-materia.
Ancora: le riflessioni di Leopardi sulla noia e sul piacere ricordano il modo in cui è inteso il Wille da Schopenhauer: inesauribile aspirazione, per cui, soddisfatto un bisogno (un desiderio), si crea un vuoto che può essere colmato solo da un nuovo desiderio (ma è un’astuzia del Wille che vuole semplicemente affermarsi; ed in questa cieca, ed egoista, volontà di vivere, comunque si camuffi, è da vedere l’origine di ogni guerra: nella storia quindi non c’è progressivo affermarsi di valori, ma ripetizione di un’eterna logica).
Quest’ultima considerazione ci fa capire come il saggio non si limiti al riscontro delle affinità fra i due autori, ma sia intonato ad una forte ironia contro le idee di Schopenhauer per quel che vengono a significare in politica: nel ’48 non c’è per lui alcuna differenza fra le idee dei liberali e quelle dei reazionari, visto che tutte sono manifestazioni del Wille, rispetto al quale l’unico comportamento degno è quello non di assecondarlo facendosi portatore di idee politiche, ma di soffocarlo rinunciando ai falsi valori della vita (affermando la noluntas). Leopardi invece sarebbe positivo perché "non crede al progresso e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare; chiama illusioni l’amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto..."; per cui "se il destino gli avesse prolungata la vita infino al quarantotto, senti che te l’avresti trovato accanto, confortatore e combattitore."
 
______________________________________
 

Nessun commento:

Posta un commento