domenica 30 agosto 2015

Sulla Divina Commedia (2)

L’individualità nella Commedia
 
E. AUERBACH, Studi su Dante,
Feltrinelli 1974, pp. 76-91
 
L’epoca della Commedia è anche l’epoca in cui gruppi di uomini, gesti individuali, escono da una oscurità secolare (è l’età dei Comuni). D. trovava in Tommaso (1225-1274) la giustificazione filosofica della sua attenzione ai caratteri individuali. Tommaso sosteneva infatti che la molteplicità e distinzione delle cose create sono il segno della somiglianza del creato con Dio[1]. Inoltre tutte le cose, nella dialettica potenza-atto, sono in movimento verso Dio[2]: l’uomo solo, dotato di intelletto e volontà, possiede (a differenza delle forme inferiori della creazione - piante, animali - e di quelle superiori - angeli) la libertà di scelta. Così si spiega la storia: l’uomo tende al bene, ma può scegliere beni particolari. Quindi ogni uomo empirico realizza il suo essere compiendo certe scelte, caratterizzandosi secondo un certo habitus (carattere).
D. avverte a tal punto questa “individuazione”, che concepisce un’aldilà in cui gli uomini mantengono per sempre il segno del loro habitus. Di qui anche il fascino della Commedia: le anime non sono fredde allegorie dei peccati, ma vivi caratteri. Per far questo, si trattava di superare un ostacolo teologico: fino al giudizio universale manca il corpo (e le relative sensazioni) e non è data sorte eterna. Su quest’ultimo punto, D. accetta l’idea di Tommaso per cui sorte eterna è data alla morte e il giudizio universale accresce lo stato; sul primo punto va oltre Tommaso, inventando le ombre (anime, con un corpo d’aria, in grado di sentire gioie e dolori).
Questa individuazione delle anime (per cui esse restano segnate dalla loro vicenda terrena) è estranea alla tradizione delle visioni d’oltretomba (la personalità individuale è annullata; esistono piuttosto freddi cataloghi secondo le specie dei peccati). Forse unico modello è la Didone virgiliana, che mantiene il suo dolore (la sua individualità) nell’oltretomba.
A tale individualità si adatta l’espressione linguistica (corrispondente alla condizione del personaggio), cosiccome si adatta il paesaggio, che non è mai visto come aggiunta lirica, ma è fortemente compenetrato con la situazione etica (fisica ed etica non sono divise).

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[1]"...quia per unam creaturam sufficienter repraesentari non potest, produxit multas creaturas et diversas, ut quod deest uni ad repraesentandam divinam bonitatem, suppleatur ex alia." (Summa theologica I, 47, 1) (p. 76).
 
[2]per appetitus naturalis (piante), appetitus sensitivus (animali), voluntas (uomini). Vedi anche Paradiso  a cura di Sapegno, canto I, nota 109.
 

 
 

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