venerdì 7 agosto 2015

Sulla prosa dei Promessi sposi

La prosa manzoniana
 
D. PETRINI, Dal Barocco al Decadentismo,
Le Monnier, 1957, pp. 38 e segg.
 
Il periodo del Manzoni, pur ampio, è tutto fondato sulla cesura (il suo modello è l’eloquenza oratoria, quale si ritrova, ad esempio, nei discorsi del Cardinale: “...Siete voi che me la fate provare, voi, dico, che avrei dovuto cercare; voi che almeno ho tanto amato e pianto, per cui ho tanto pregato; voi, de’ miei figli, che pure amo tutti e di cuore, quello che avrei più desiderato d’accogliere e d’abbracciare, se avessi creduto di poterlo sperare.”); i particolari risaltano sempre ognuno per , staccati dalla punteggiatura, ora più lieve, ora più ferma (la virgola, il punto e virgola, i due punti). E’ questo il suo “stile realistico” (“Fare ciò ch’era vietato dalle leggi, o impedito da una forza qualunque; essere arbitro, padrone negli affari altrui, senz’altro interesse che il gusto di comandare; esser temuto da tutti, aver la mano da coloro ch’eran soliti averla dagli altri; tali erano state in ogni tempo le passioni di costui.”).
 Quando invece vuol riprodurre i modi espressivi popolari, fa proprio il contrario (uso sovrabbondante, quando non anacolutico, delle congiunzioni): “M’ha mandato il nostro curato, perché questo signore, Dio gli ha toccato il cuore (sia benedetto) ed è venuto al nostro paese a parlare al signor arcivescovo (che l’abbiamo là in visita quel sant’uomo) e s’è pentito dei suoi peccatacci e vuol mutar vita; e ha detto al Cardinale che aveva fatto rubare una povera innocente, che siete voi, d’intesa con un altro senza timor di Dio, che il curato non m’ha detto chi possa essere.”.
Altro esempio del fondo oratorio da cui muove Manzoni è il cosiddetto “raccordo ternario”: aggettivi, sostantivi, verbi sono precisati tre volte (“accorata, affannata, attonita ”, “aspre, scure, disabitate ”, “erano uomini, donne, fanciulli, a brigate, a coppie, soli ”, “vino molto giovane che brilla e gorgoglia e ribolle ”).
La cesura è caratteristica anche del finale dei periodi: dopo la pausa dei due punti vengono ripresi e conclusi i precedenti elementi del periodo.
Si noti infine la frequenza, nei momenti lirici, del decasillabo, segnalato dall’accentuazione di tre sillabe in tre sillabe (nella descrizione della monaca di Monza: “dietro quélle, una mònaca rìtta ”; “bellézza sbattùta, sfiorìta ”; “velo néro, sospéso e stiràto ”; “sul pètto, a coprìre lo scòllo ”; “bianchìssima bénda di lìno ”; “ma nòn d’inferiòre bianchézza ”).
 

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