Il
finale di Senilità
G. BALDI, ecc., Dal testo alla storia, dalla storia al testo, vol. III**
Paravia, 1994, pp. 306-308.
Conclusa
l’avventura con Angiolina, Emilio ritorna alla stato di “senilità” (“ne visse come un vecchio del ricordo della
gioventù”), cioè ritorna al punto di partenza, alla sua inettitudine di “letterato ozioso”: al contrario di
quel che succede nei romanzi di formazione, Emilio non ha imparato nulla.
La stessa “metamorfosi strana” che
Angiolina subisce nel ricordo di Emilio indica la realizzazione di un desiderio
che percorre tutto il romanzo: la donna-sesso (Angiolina) e la donna-madre
(Amalia) sono ora unite (ora che sono l’una morta e l’altra fuggita con il
cassiere infedele di una banca), assecondando la volontà di Emilio di
idealizzare una realtà volgare, di trasfigurare in un’immagine di purezza ciò
che invece appartiene alla materialità del sesso (come ha sempre fatto, da
inetto che, incapace di fronteggiare la realtà, si risarcisce con il sogno).
Peraltro,
Angiolina che guarda verso l’orizzonte rosseggiante, diventa anche simbolo
del socialismo: ma anche in questo caso è evidente che Emilio continua a
mentire a se stesso (a risarcirsi con il sogno), visto che la ragazza si era
dimostrata assolutamente estranea ed ostile alle idee socialiste, quando Emilio
aveva cercato di spiegargliele.
La tecnica
narrativa rivela anche qui la distanza critica del narratore (ovvero,
dell’autore) rispetto al suo personaggio: la metamorfosi è definita “strana” e propria della mente di un “letterato ozioso”; del resto lungo
tutto il romanzo il narratore ha ironizzato sul “pedante solitario” che chiama Ange quella donna ignorante,
amante dei piaceri sessuali, dei formaggi, delle mortadelle e del buon vino
(e che il Balli, che se ne intende, più appropriatamente chiama Giolona);
e quindi, ancora, non può non essere risibile l’immagine di lei con “l’occhio limpido e intellettuale”,
collocata “come su un altare, la
personificazione del pensiero e del dolore” .
Rivelatrice è
infine la frase conclusiva: il tempo presente dei verbi dimostra che si tratta
di un intervento della voce narrante e non di un indiretto libero (ci sarebbe
voluto l’imperfetto); ed è quindi l’autore che si prende gioco dell’ultima
mistificazione di Emilio, fa la parodia
del suo pensiero: già con gli esclamativi (“Sì! Angiolina pensa e piange!”), poi con l’immagine di lei che
piange “come se nel vasto mondo non
avesse più trovato neppure un Deo
gratias qualunque”, alludendo
maliziosamente al fatto che la ragazza tuttalpiù può piangere perché non trova
neppure un’avventura occasionale (così lei aveva definito un tale incontrato
per strada e da cui si era fatta accompagnare).
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