Il romanticismo inglese
R.
WELLEK, Storia della critica moderna
(II),
Il
Mulino 1961, p. 147 e segg.
C.
IZZO, Storia della letteratura inglese
(II),
Nuova
Accademia 1963, p. 331 e segg.
Il romanticismo inglese ha una
indubbia autonomia di origine rispetto a quello tedesco. Già nella seconda metà
del ’700 la presenza di una sensibilità nuova si era manifestata con la poesia
allucinata di W. Blake
(poeta, pittore, incisore: 1757-1827), con l’ossianesimo (la pubblicazione dei Canti da parte di McPherson è del 1760), con la poesia sepolcrale
(E. Young: Le notti, 1742-1745; T. Gray:
Elegy written in a country churchyard,
1751), con il romanzo gotico (H. Walpole: The castle
of Otranto, 1764; A. Radcliffe: The mysteries of Udolpho, 1794; M. G. Lewis: The monk,
1795) e soprattutto con le
teorizzazioni di E. Burke (nella
Indagine filosofica sull’origine delle
nostre idee del sublime e del bello, 1756,
sostiene, oltre al primato della spontaneità creativa dell’io, l’interesse dei
temi malinconici od orridi: se l’origine del bello è nel piacere, quella del
sublime è nel dolore e nel terrore, che provocano una sorta di “delightful horror”,
ovvero un dilettoso, piacevole orrore).
In secondo luogo, l’opera della
cosiddetta prima ondata (o generazione) romantica (Wordsworth, Coleridge,
Southey), è parallela, se non
precedente, al movimento promosso in Germania dagli uomini di Athenaeum: la prima edizione delle Lyrical
Ballads è infatti del 1798
(comprendeva poesie di Coleridge, fra cui The Rime of the Ancyente Marinere; e di Wordsworth, fra cui Lines written a few miles above Tintern
Abbey); e la prefazione
di Wordsworth alla seconda edizione
(indicata come il manifesto del romanticismo inglese[1]) è del 1800. Del resto, a ribadire una sorta di primogenitura
inglese, proprio A. W. Schlegel aveva salutato in Shakespeare il
massimo genio poetico dei popoli germanici (ed un romantico ante litteram); ed Herder
aveva indicato nei poemi di Ossian un modello di Naturpoesie (poesia
naturale-primitiva).
Soltanto in un secondo tempo
arrivarono le idee dei tedeschi: Coleridge lesse Schlegel e, nel 1811, tenne delle conferenze sulla
distinzione fra classicismo e romanticismo; ma, soprattutto, nel 1813, venne pubblicato in Inghilterra
(proprio a seguito della censura che aveva subito in Francia) De l’Allemagne della De Staël; ed
è a questa fase che appartengono gli aspetti eroico-titanici, propri della cosiddetta
seconda generazione romantica (Byron,
Shelley, Keats).
A differenza della seconda
generazione, la prima (detta anche, dei “poeti laghisti”, perchè amarono risiedere ed ispirarsi alla natura
del Nord-Ovest dell’Inghilterra, la regione dei laghi del Cumberland) predilige
il culto della natura, della vita e del linguaggio semplici (segnatamente in
Wordsworth), o il gusto per il leggendario e il fiabesco (evidente in
Coleridge).
E’ da segnalare che, in ogni sua
forma ed espressione, mancò completamente al romanticismo inglese quel
carattere di esaltazione delle stirpi germaniche che invece caratterizzò il
romanticismo tedesco; di più, se in altri paesi (si pensi all’Italia), in nome
degli ideali di libertà e di nazione, la poesia si caricò di contenuti e
messaggi politici, in Inghilterra il romanticismo si caratterizza per un progressivo
distacco dalle responsabilità civili, per una chiusura del poeta in se
stesso (e questo è vero anche per un “libertario” come Byron, che ha,
appunto, della libertà un’idea “titanica”, e quindi, per definizione,
refrattaria a determinazioni storico-concrete; e infatti nella sua opera c’è
più orgoglioso ed ostentato rifiuto del conformismo volgare che impegno morale
e civile).
Si può anche dire che, mentre in
Italia la cultura romantica fiancheggia e sostiene il progetto di sviluppo
della borghesia più consapevole, quella lombardo-veneta (sul piano
politico, perché l’ideale nazionale, sostenuto dai romantici, è funzionale agli
interessi della borghesia, che ha bisogno, per potersi espandere, della
eliminazione sia delle barriere doganali che della “tutela” austriaca; e sul
piano economico, perchè nel Conciliatore
si indica esplicitamente la industrializzazione inglese come modello da
imitare), in Inghilterra, dove già si sono visti gli effetti negativi della
rivoluzione industriale (super-sfruttamento, inquinamento, mercificazione dei
rapporti umani), il romanticismo (con la sua valorizzazione della semplicità
naturale, della campagna contro la città) si pone come cultura d’opposizione
allo sviluppo capitalistico.
[1]Vi
si sostiene che la poesia dev’essere “spontaneo traboccare di sentimenti potenti ”,
deve sbarazzarsi della “poetic diction ”
(ovvero, del linguaggio artificiale, letterario, retorico) per adottare un
linguaggio semplice e naturale (d’uso, del popolo); anche se poi deve ammettere
che quello poetico è sempre un linguaggio artificiale (quindi la polemica è
contro l’eccessiva letterarietà di poeti del ’700 come Dryden e Pope; ed
implica il recupero di poeti sentimentalmente appassionati, anche se non
“semplici” e “naturali”, quali Shakespeare
e Milton).
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