domenica 5 luglio 2015

Caratteri del romanticismo francese


Il romanticismo francese
 

R. WELLEK, Storia della critica moderna, III
Il Mulino, 1961 (1955), pp. 281 e segg.
V. L. SAULNIER, Storia della lett. francese,
Einaudi, 1964, pp. 466-67, 487.
 

A differenza di Inghilterra e Germania, dove la tradizione classica era meno radicata, in Francia (cosiccome in Italia) certi caratteri del romanticismo (la rivolta contro le regole, il privilegiamento delle componenti irrazionali) si presentano in termini più moderati, e meno vistosa è la frattura con la cultura precedente.

Del 1802 è Génie du Christianisme di Chateaubriand (1768-1848), vera e propria apologia sentimentale ed estetica della religione cristiana, contro l’ateismo e lo scetticismo settecenteschi (e per questo ottenne il plauso della generazione che aveva sperimentato la delusione rivoluzionaria): vi si esalta - oltre al valore morale del cristianesimo - il bello cristiano in quanto più ricco e profondo del bello pagano (l’Adamo di Milton è più "maestoso e nobile” dell’Ulisse di Omero); all’opera erano aggiunti due brevi romanzi, Atala (che narra la vicenda d’amore di due indiani della Luisiana) e René (che narra la vicenda, velatamente autobiografica, di un personaggio malinconico ed inquieto che va a cercare la pace nella solitudine, fra la natura incontaminata della Luisiana): entrambi, per il gusto dell’esotico e del malinconico, incontrarono il gusto delle generazioni romantiche.

Ma la prima data significativa, per quanto riguarda il riferimento consapevole al romanticismo, è il 1810, anno di pubblicazione dell’opera della M.me de Stael (1766-1817), De l’Allemagne  (subito sequestrato dalla polizia napoleonica, fu pubblicato in Inghilterra nel 1813, e quindi in Francia nel 1814, dopo la caduta di Napoleone): vi si stabilisce la famosa antitesi tra letterature del sud o mediterranee (classiche, caratterizzate da paganesimo, serenità, contorni netti, compiutezza) e letterature del nord (romantiche, caratterizzate da cristianesimo, indefinitezza, fantasticheria malinconica); e vi si esalta la genialità di grandi letterati e filosofi tedeschi (Goethe, Schiller, gli Schlegel, ecc.).

Infine va ricordata la prefazione di V. Hugo (1802-85) al Cromwell (1827): vi si sostiene (stravolgendo in maniera discutibile l’impostazione di Vico) la legge delle tre età, per cui dopo l’età lirica (la Genesi) e l’età epica (Omero), l’età moderna è quella del dramma (Shakespeare); solo il dualismo cristiano, il conflitto tra corpo e anima, rende possibile il dramma; e il dramma, poesia completa, unisce, come la vita, grottesco e sublime; non ci sono regole né modelli da rispettare, e in particolare non c’è giustificazione (come per Manzoni) per le unità drammatiche di tempo e di luogo.

 

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