Il romanticismo francese
R.
WELLEK, Storia della critica moderna,
III
Il
Mulino, 1961 (1955), pp. 281 e segg.
V.
L. SAULNIER, Storia della lett. francese,
Einaudi,
1964, pp. 466-67, 487.
A differenza di Inghilterra e
Germania, dove la tradizione classica era meno radicata, in Francia (cosiccome
in Italia) certi caratteri del romanticismo (la rivolta contro le regole, il
privilegiamento delle componenti irrazionali) si presentano in termini più
moderati, e meno vistosa è la frattura con la cultura precedente.
Del 1802 è Génie du Christianisme di Chateaubriand
(1768-1848), vera e propria apologia sentimentale ed estetica della religione
cristiana, contro l’ateismo e lo scetticismo settecenteschi (e per questo
ottenne il plauso della generazione che aveva sperimentato la delusione
rivoluzionaria): vi si esalta - oltre al valore morale del cristianesimo - il
bello cristiano in quanto più ricco e profondo del bello pagano (l’Adamo
di Milton è più "maestoso e nobile” dell’Ulisse di Omero);
all’opera erano aggiunti due brevi romanzi, Atala (che narra la
vicenda d’amore di due indiani della Luisiana) e René (che narra la
vicenda, velatamente autobiografica, di un personaggio malinconico ed inquieto
che va a cercare la pace nella solitudine, fra la natura incontaminata della
Luisiana): entrambi, per il gusto dell’esotico e del malinconico, incontrarono
il gusto delle generazioni romantiche.
Ma la prima data significativa,
per quanto riguarda il riferimento consapevole al romanticismo, è il 1810, anno di pubblicazione dell’opera
della M.me de Stael (1766-1817),
De
l’Allemagne (subito sequestrato
dalla polizia napoleonica, fu pubblicato in Inghilterra nel 1813, e quindi in Francia nel 1814, dopo la caduta di Napoleone): vi
si stabilisce la famosa antitesi tra letterature del sud o mediterranee
(classiche, caratterizzate da paganesimo, serenità, contorni netti,
compiutezza) e letterature del nord (romantiche, caratterizzate da
cristianesimo, indefinitezza, fantasticheria malinconica); e vi si esalta la
genialità di grandi letterati e filosofi tedeschi (Goethe, Schiller,
gli Schlegel, ecc.).
Infine va ricordata la prefazione di V. Hugo (1802-85) al Cromwell (1827): vi si sostiene (stravolgendo in maniera discutibile
l’impostazione di Vico) la legge delle tre età, per cui dopo l’età lirica (la Genesi) e l’età epica (Omero), l’età
moderna è quella del dramma (Shakespeare); solo il dualismo cristiano, il
conflitto tra corpo e anima, rende possibile il dramma; e il dramma, poesia
completa, unisce, come la vita, grottesco e sublime; non ci sono regole né
modelli da rispettare, e in particolare non c’è giustificazione (come per
Manzoni) per le unità drammatiche di tempo e di luogo.
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