mercoledì 1 luglio 2015

Dal romanticismo al decadentismo


Tra romanticismo e decadentismo

 

E. GIOANOLA, Il decadentismo,
ed. N. U. Studium 1983, pp. 29-35.

 

Il romanticismo aveva scoperto ciò che non è riducibile alla ragione, e l'aveva chiamato "sentimento", "spirito", "non-razionalità"; l'aveva riconosciuto non solo nell'Io, ma anche nella Natura, e quindi l'individuo (il poeta) si sentiva parte dell'universo, aspirava a raggiungere l'armonia con la Natura (a identificarsi in essa) superando con lo slancio del sentimento gli ostacoli frapposti dalla ragione (superando il reale in nome dell'ideale). Ci sono quindi delle connotazioni ottimistiche, e l'eroe-poeta combatte per dei valori positivi (patria, amore, libertà, religione), relativamente ai quali si rende inevitabile una interazione con la società.

Col decadentismo questa "non-razionalità" è più precisamente "inconscio" e suscita inquietudine. Dentro pulsa qualcosa, ma non è niente di nobile come il sentimento o l'Idea (sublimabili in valori umani e civili); sono mostri paurosi, istinto che sfugge ad ogni controllo morale e intellettuale: e ciò non si sublima (il titano romantico voleva pur sempre adeguare il reale all'ideale); si trasforma immediatamente in poesia, oppure lo si usa per una sistematica distruzione dei valori tradizionali (e di se stesso: vedi il protagonista delle Memorie del sottosuolo).

Solo era anche l'eroe romantico: ma lottava in positivo, e in caso di sconfitta scopriva comunque il valore del dolore e della sofferenza. L'eroe decadente è solo e senza valori: a lui non restano che un narcisismo-esibizionismo estetizzanti, volontà di potenza, sado-masochismo.

Puppo sintetizza: dalla ragione al sentimento (il romanticismo), e dal sentimento all'istinto (il decadentismo).

 

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